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IL TIBET - Il LAMAISMO – LA STORIA

Publie le giovedì 10 aprile 2008 par Open-Publishing
9 commenti

Prima parte

Storia - Buddhismo e religione Bon – Le predizioni- L’invasione cinese - Il Dalai Lama

Buddha nasce nel VI secolo a. C (la tradizione parla del 570) in una regione dell’India del nord, che ora e’ del Nepal, e predica il suo pensiero peregrinando nell’India settentrionale, nella pianura del Gange, ma il Buddhismo non si diffonde in India, dove resta prevalente l’Induismo, e verso il 1200 viene allontanato prepotentemente dall’invasione islamica. Prende altre vie in Asia e soprattutto entra nel Tibet dove si unisce a una preesistente religione a carattere magico sciamanico.

Intorno al 760 d.C. il Tibet aveva avuto un grande re che domo’ l’aristocrazia la quale appoggiava la religione BON e protesse invece il Buddhismo. La storia del Tibet mostra continui attacchi cinesi e mongoli. I Cinesi sono sempre stati i nemici secolari dei Tibetani e hanno sempre cercato di assimilarli. I re successivi si dilaniarono in guerre di religione, proteggendo il Buddhismo contro i nobili e la religione Bon; in questa guerra civile la monarchia tibetana si dissolse lentamente mentre crebbe il peso dell’elemento religioso-monastico, finche’ verso il 1000 il riformatore indiano Atisa, con la protezione del re, diffuse il Buddhismo in tutto il paese e un po’ per volta la societa’ tibetana prese un carattere teocratico, mentre aumentava l’importanza dei grandi monasteri spesso in lotta tra loro, con abati sempre piu’ potenti. I Cinesi continuarono i loro attentati contro il paese, che divenne per un certo tempo protettorato mongolo.

Alla fine il Buddhismo da sistema filosofico divenne chiesa ufficiale, con un governo insieme spirituale e temporale, una TEOCRAZIA, la piu’ grande del mondo, in cui i lama piu’ alti gestivano anche il potere temporale oltre a quello spirituale.

Lontano da tutto il mondo e in perfetto isolamento, il Tibet elaboro’ una straordinaria forma politica, affidando il governo locale agli abati dei grandi monasteri e quello centrale al Dalai Lama nella capitale Lhasa.
Il Buddhismo nasce con l’intenzione di alleviare il dolore umano e parla costantemente del dolore, il Lamaismo o Buddhismo tibetano si presenta come una religione piu’ serena.

In un’Asia dilaniata da continue guerre i Tibetani hanno avuto per mille anni un governo pacifico, praticando la non violenza.

La loro guida e’ il DALAI LAMA = ‘Oceano di saggezza’ o ‘Gemma splendente’, considerato il Buddha vivente, incarnazione umana del Buddha della compassione, poiche’ si crede che il Buddha ritorni sulla terra, finche’ ci sara’ vita umana, per aver cura di tutte le cose viventi, amarle e averne compassione.

“Finche’ una cosa vivente avra’ respiro, li’, in compassione, apparira’ il Buddha.”

“Possa io essere una porta, una nave, una barca /
per coloro che vogliono attraversare l’acqua”

“Liberero’ coloro che non sono liberati/
affranchero’ coloro che non sono affrancati/
e portero’ gli esseri viventi nel Nirvana”

Si pensa che il Buddha rinasca ogni volta in un bambino che viene individuato in base a caratteristiche astrologiche e a certi segni sul corpo, egli sara’ in grado di riconoscere come suoi alcuni oggetti che furono del Dalai Lama precedente. Viene cercato seguendo le visioni che i Lama ricevono, focalizzando la loro attenzione superiore nelle limpide acque dei laghetti di montagna. Ogni volta che un capo spirituale muore, comincia la ricerca del successore e dopo qualche tempo si trova il nuovo bambino in cui il Lama si e’ incarnato, il bambino viene portato a Lhasa ed educato per il suo ruolo.

Nel 1933 e’ morto il 13° Dalai Lama, e 4 anni dopo e’ stato trovato il nuovo bambino, il Dalai Lama attuale, Tenzin Gyatso, 14° incarnazione del Buddha della Compassione.

Ci sono molte storie su questo bambino che nacque senza piangere, disse di essere il capo supremo, voleva stare seduto a capotavola e avere piu’ importanza del padre, chiedeva sempre di essere portato a Lhasa e seppe riconoscere tra altri oggetti mostrati dai monaci il rosario, la tazza, il tamburello e gli occhiali del defunto Dalai Lama. Due anni dopo il suo ritrovamento, il bambino venne separato dai genitori e portato a Lhasa per essere addestrato ai suoi nuovi compiti.

Il 13° Dalai Lama un anno prima della sua morte aveva scritto:
“Puo’ accadere che qui nel Tibet la religione e il governo vengano attaccati, che i monasteri vengano saccheggiati e distrutti, che i monaci e le monache siano uccisi o cacciati via, diventeremo come schiavi per i nostri conquistatori, umiliati, indifesi, vilipesi, mendicanti. I giorni e le notti passeranno lentamente con grande sofferenza e terrore”.
Era una terribile profezia e purtroppo si verifico’ di li’ a poco; mentre ancora il 14° successore era molto giovane e non era stato ancora insediato come Dalai Lama, nel 1949 Mao Tze Tung sali’ al potere in Cina e impose al Tibet dure condizioni, il Tibet rifiuto’ ma i Cinesi lo invasero proclamando che l’esercito di liberazione popolare andava a liberare i propri fratelli tibetani e riportava il paese alla madrepatria, si disse che la popolazione tibetana accettava con estrema gioia questa liberazione ma non fu cosi’. I cinesi erano e rimasero totalmente stranieri alla cultura ufficiale, due mondi che non potevano essere piu’ opposti.

Il Tibet era un paese pacifico, con un piccolo popolo formato da monaci o pastori, senza un valido esercito, era un paese inerme, dedito alla religione, non praticava la guerra, non era armato e non pote’ respingere l’esercito cinese. Mando’ i suoi rappresentanti agli altri paesi asiatici ma non vennero ricevuti, chiese all’Occidente, all’Inghilterra, all’America, all’India che la sua indipendenza fosse preservata ma nessuno oso’ contrastare la Cina. Propose all’ONU di prendere atto di questa violazione ma l’ONU se ne lavo’ le mani. L’invasione di questo piccolo popolo pacifico (oggi sono 6 milioni di abitanti) avvenne nell’indifferenza totale del mondo. Il Dalai Lama aveva allora 15 anni.

Per 9 anni cerco’ vie diplomatiche, incontro’ Mao Tse Tung e Chu En Lai, chiese aiuto alle potenze mondiali, mendico’ a tutti i governi. Invece di avere aiuto, vide nel 1954 che l’India firmava un accordo con la Cina con cui si asteneva dal ridiscutere l’occupazione militare del Tibet.

La Cina intanto prese a modificare il paese con i massacri. In modo brutale pose fine ad una delle culture piu’ importanti e singolari del mondo.
Il braccio di ferro tra lo stato piu’ popoloso del mondo e un territorio immenso, inaccessibile e quasi spopolato come il Tibet (un paese grande 2,5 milioni di km che come estensione e’ pari a un quarto della Cina), durava da secoli. Per molto tempo il Tibet aveva mantenuto la sua autonomia sia politica che religiosa, ma i Cinesi posero fine a tutto questo in modo vergognoso e incontrastato. Essi imprigionarono, torturarono e uccisero centinaia di migliaia di Tibetani, stroncando la loro civilta’ e distruggendo la loro cultura.

Arrivarono coi carri armati a Lhasa e cominciarono i bombardamenti, si temette che lo stesso Dalai Lama potesse essere ucciso. I consiglieri e lo stesso popolo tibetano lo scongiurarono di mettersi in salvo, il giovane non voleva lasciare il suo paese, ma l’indovino di corte, in trance, parlo’ con la voce dell’ultimo Dalai Lama morto, e il responso fu :”Dove non si puo’ attraversare un grande fiume, non c’e’ guado, non c’e’ bassofondo, dove la sola speranza e’ una barca, ma non c’e’ barca, io porro’ una barca. La ‘Gemma che esaudisce i desideri’ splendera’ dall’Occidente”.

Il responso diceva che il Dalai Lama doveva fuggire. I Cinesi dichiararono che avrebbero bombardato Lasha e avrebbero preso misure severissime per impedire la fuga. Di nuovo si interrogo’ l’indovino, che in stato di trance scrisse: “Vada, stanotte, vada”, suggerendo di passare travestiti vicino al campo cinese. Cosi’, il 17 marzo del 1950, a 24 anni il Dalai Lama, dopo una rivolta popolare contro i Cinesi tragicamente fallita, segui’ i consigli dell’oracolo e prese la via dell’esilio, per continuare la sua lotta all’estero. Di notte, travestito da soldato, con un manipolo dei suoi, fuggi’, intraprendendo un viaggio penosissimo che duro’ sette mesi, a piedi, attraverso montagne altissime e neve, per erti sentieri, fino al confine dell’India, dove il povero gruppo stremato ebbe accoglienza.

Il governo tibetano fu cosi’ trasferito all’estero. Lo stato piu’ ateo del mondo aveva conquistato lo stato piu’ religioso del mondo, nell’indifferenza degli altri paesi.

Alcuni monaci avevano tentato di resistere con le armi ma furono trucidati e cosi’ fu per quella parte di popolazione che tento’ di resistere. L’invasione fu terribile e brutale. Monaci e monache furono scherniti, costretti a fornicare per le strade, i bambini furono armati e obbligati a sparare ai propri genitori, seimila monasteri che erano universita’ di sapienza e possedevano tesori artistici e culturali inestimabili furono rasi al suolo dai bombardamenti, un milione di Tibetani uccisi, migliaia incarcerati e torturati, gli antichissimi testi che attestavano una delle culture piu’ importanti del mondo furono bruciati o servirono ai soldati Cinesi per riparare i piedi dal freddo. Comincio’ dalla Cina l’esodo forzato di famiglie cinesi, 40.000 contadini vennero spostati dalla Cina e mandati una delle zone piu’ inospitali e meno agricole del mondo.

Il Dalai Lama costitui’ un governo in esilio, nel Buthan, uno staterello himalayano, presso il Tibet, e da allora non ha mai smesso di girare il mondo per chiedere aiuto per il suo popolo ma ogni volta che entra in un paese la Cina minaccia di interrompere i suoi legami commerciali con quel paese e i governi la ascoltano e chiudono le porte. E’ avvenuto anche con Prodi e Berlusconi, e’ avvenuto anche con papa Raztinger.

L’ONU per il momento non ha preso nessuna risoluzione per contrastare la Cina ma la causa tibetana sta facendo sempre nuovi proseliti e l’occasione delle Olimpiadi del 2008 in Cina ha dato nuova visibilita’ ai profughi e alla loro causa.

Al Dalai Lama e’ stato permesso di accogliere gli esuli nel Buthan, dove egli ha tentato come ha potuto di salvare quello che restava della sua cultura, istituendo scuole dove si riprendono le danze, la musica, il canto, la lingua, gli insegnamenti sacri del Tibet. I principali Lama e centomila Tibetani vivono dunque ora nel Buthan, ma molti hanno preso la via dell’Occidente e hanno fatto cosi’ conoscere la loro cultura agli altri paesi. Come aveva detto l’oracolo “La gemma che esaudisce i desideri risplendera’ in Occidente”.
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continua su Masada n. 668

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Messaggi

  • brava viviana, un tale concentrato di bugie, propaganda e fanatismo che daranno anche a te la medaglia del congresso come cittadino esemplare. facci sapere quando vai a washingston e se c’e la diretta tv!

    specialmente bella quella del ’paese pacifico che pratica la nonviolenza’, seeeeeeee, schiavizzare la popolazione e’ di una nonviolenza unica, guarda

    mavedidannafff........!!!!!!!!!!!

    • detto che il tono di chi ti ha risposto in malo modo NON MI PIACE! Devo anche dire, cara Viviana, che la sacrosanta solidarietà a chi viene represso NON può però riscrivere quello che è effettivamente stata la teocrazia tibetana che tanto pacifica e democratica non è certo stata. Detto ciò, il governo cine se è criminale da tanto di quel tempo che solo i fanatici che ne guardano solo la bandiera rossa non riescono a vedere... MA il "caro vecchio tibet" che si ama narrare... bé... è stato ben altra cosa... un sacco MENO PITTORESCA... Luigi F.

    • A parte il vostro groppuscolo e a parte il governo cinese invasore, non esiste persona al mondo che neghi le violenze fatte al popolo tibetano e quando si parla di violenze non ci si riferisce a quelle che secondo questo groppuscolo sono state fatte dai monaci ma a quella che sono venute dal governo cinese. Mi pare che sia stato il governo cinese a fare un milione e 200.000 morti, torture, carcerazioni, lager, distruzione di ogni tipo di diritti e anche della lingua e della cultura. Per cui chi fa fantascienza non sono certo io. E’ il parere dell’intero mondo contro tre gatti che tentano di difendere in ogni modo il governo cinese che nessuno, salvo qualche folle, potrebbe dichiarare amici dei diritti umani. Ma sembra che qui ci siano proprio alcuni di questi rappresentanti di una veritaà alternativa che negano i fatti storici per nutrire verità di fantasia, non diversamente da come fanno certi neonazisti quando elogiano il nazismo e negano l’olocausto.
      Indubbiamente il sistema tibetano era una teocrazia, e le condizioni di vita dei monaci erano diverse da quella dei contadini perché dediti ad altre funzioni, ma in Tibet nessuno godeva di agi o lussi e chiunque, anche il contadino, poteva, se voleva, farsi monaco. I monaci non costituivano una casta chiusa e non risulta che abbiano mai rovinato la vita di chi monaco non era. Parlare di democrazia in un sistema siffatto era del tutto privo di senso, essendo il sistema basato su principi profondamente diversi da quelli che dominano negli stati moderni e dove tutto si regge sul kahrma e la teoria della reincarnazione. Fare dei paragoni in tale senso sarebbe una totale assurdità, come parlare di democrazia presso gli aborigeni australiani o un sistema maia o tolteco. Quello che balza agli occhi è che 60 anni dopo la conquista cinese, le condizioni dei tibetani sono così terribili che le rivolte continuano e continuano, la supposta libertà e democrazia che, secondo questi fanatici, il governo cinese avrebbe portato viene semplicemente annientata dai fatti.

      Copio da Wikipedia:
      Fino al 1950 il Tibet era uno stato sovrano indipendente governato dal Dalai Lama. Poi l’Esercito di liberazione popolare, guidato da Mao, invase il Tibet, adducendo, come motivazione il fatto che il Tibet, secoli prima, era stato conquistato dai Mongoli e appartenevano allo stesso impero.
      Nel 1956 il Governo cinese costituì il Comitato Preparatorio per la Regione Autonoma del Tibet. Tenzin Gyatso presiedeva il comitato, ma si rese conto che gli altri appartenenti erano dipendenti dalle decisioni del governo centrale.
      Nel 1957 scoppiò una rivolta nel Tibet orientale che si estese a Lhasa nel 1959. L’Esercito di liberazione popolare schiacciò la rivolta e costrinse il Dalai Lama alla fuga.
      Il 1° settembre 1965 nacque ufficialmente la Regione Autonoma del Tibet (TAR). Il governatore doveva essere di etnia tibetana, controllato dal locale segretario del Partito Comunista Cinese, generalmente un cinese di etnia Han.
      La Cina governò con la forza e la repressione. Con la Rivoluzione Culturale vennero uccisi circa 1,2 milioni di tibetani, 6.254 monasteri distrutti, circa 100.000 tibetani nei campi di lavoro e deforestazione indiscriminata.
      Nel 1976, dopo la morte di Mao, visto il clima di rivolta sempre nell’aria, i Cinesi si resero conto che non potevano continuare a governare la Regione Autonoma del Tibet allo stesso modo. Hua Guofeng successore di Mao, invitò il Dalai Lama a tornare in Tibet ma questi rifiutò.
      Deng Xiaoping sostuì Hua Guofeng ed inviò in Tibet una commissione per valutare la situazione. Venne stabilito un piano per migliorare le condizioni di vita dei tibetani riducendo per due anni le tasse, consentendo un minimo di iniziativa privata e facendo riaprire il Jakong e il Palazzo del Potala. Nei primi anni 80 vennero diminuiti leggermente i divieti relativi all’osservanza della religione e vennero riaperti alcuni monasteri. Questo era per riaprire il colloquio con il Governo tibetano in esilio in modo che il Dalai Lama fosse più vicino all’influenza cinese e che andasse in Cina dove avrebbe potuto ricoprire qualche incarico da funzionario. Egli rifiutò e nel 1983 i colloqui furono interrotti e l’invito al Dalai Lama fu ritirato.
      Da allora ci sono state sporadiche rivolte (per lo più non armate) per l’autonomia del Tibet contro il Governo cinese, condotte principalmente da monaci e monache. Il Governo cinese, oltre a reprimere con la forza queste proteste, cerca di favorire l’immigrazione di cinesi di etnia Han nella Regione Autonoma del Tibet, anche grazie alla Ferrovia del Qingzang che porterà in Tibet 40 milioni di non tibetani (contro circa 6,5 milioni di tibetani). Il turismo è stato incrementato, ma le guide turistiche cinesi vengono favorite rispetto a quelle native alle quali è impedito di svolgere la professione.
      A tutt’oggi Tenzin Gyatso non richiede più l’indipendenza e la sovranità del Tibet, ma solo una vera autonomia della Regione Autonoma del Tibet e il rispetto dei diritti umani dei tibetani.

      viviana

    • Chi nega le violenze della dominazione cinese in Tibet è veramente isolato nel mondo.
      Copio:
      In Tibet ci sono 500.000 soldati della Repubblica Popolare.
      Il massiccio afflusso di immigrati cinesi sta minacciando la sopravvivenza dell’identità tibetana e ha ridotto la popolazione autoctona a una minoranza all’interno del proprio paese. Mentre prosegue la pratica della sterilizzazione e degli aborti forzati delle donne tibetane, la sistematica politica di discriminazione attuata dalle autorità cinesi ha emarginato la popolazione tibetana in tutti i settori, da quello scolastico a quello religioso e lavorativo.
      Lo sviluppo economico in atto in Tibet arreca benefici quasi esclusivamente ai coloni cinesi e non ai Tibetani.
      Nel 1959, 1961 e 1965, le Nazioni Unite approvarono 3 risoluzioni a favore del Tibet in cui si esprimeva preoccupazione circa la violazione dei diritti umani e si chiedeva "la cessazione di tutto ciò che priva il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani e delle libertà, incluso il diritto all’autodeterminazione". A partire dal 1986, numerose risoluzioni del Congresso degli Stati Uniti, del Parlamento Europeo e di molti parlamenti nazionali hanno deplorato la situazione esistente in Tibet e all’interno della stessa Cina ed esortato il governo cinese al rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche. Malgrado gli incessanti appelli della comunita internazionale:
      il diritto del popolo tibetano alla libertà di parola è sistematicamente violato.
      Miglialia di tibetani sono tuttora imprigionati, torturati e condannati senza processo. Le condizioni carcerarie sono disumane.
      Le donne tibetane sono costrette a subire involontariamente la sterilizzazione e l’aborto.
      I tibetani sono perseguitati per il loro credo religioso.
      Monaci e monache sono costretti a sottostare a sessioni di rieducazione patriottica, a denunciare il Dalai Lama e a dichiarare obbedienza al Partito comunista.

      Io francamente non capisco nemmeno cosa vogliono dimostrare questi tre gatti forse di Lotta Continua. Volete dimostrare che la Cina rapppresenta la realizzazione sana e giusta dei principi del comunismo? Sarebbero per primi i cinesi a dirvi che non è così. Volete negare il diritto di un popolo alla propria lingua, alla propria scelta di governo, alla propria identità culturale? Ma vi rendete conto almeno di ciò che state chiedendo?

      viviana

    • Se il Dalai Lama fose il mostro che dite non avrebbe mai ricevuto il premio Nobel per la pace.
      Copio dal referente italiano per i diritti umani in Tibet:
      "Da tutte le parti del mondo i tibetani in esilio cominciano a fare sentire in modo deciso la loro protesta per il Tibet, invaso dalla Cina da più di quarant’ anni e violentemente tenuto sotto il dominio autoritario della Repubblica Popolare.
      La mancanza di parola, pensiero e azione, la violazione di questi ed altri diritti umani non sono le azioni più gravi che il governo cinese permette in Tibet: i terribili lager tipici dei governi totalitari massacrano la vita di molti tibetani colpevoli di niente, magari aver cantato una lode al Dalai Lama. Gli abusi di potere vanno dalle forme più primitive di genocidio al terrorismo psicologico più sottile e alla propaganda martellante. Il popolo e la sua cultura specifica rischiano di scomparire. "

      viviana

    • Oh bella, senti un po’ te, ma se questo è un gruppuscolo di tre gatti folli come dici te, ma si può sapere perchè ci stai tanto? Guarda che Internet è molto grande, proprio qua devi venire a sfracellare i maroni alla gente con le tue prediche da fanatica?

      Oh ma che palle questa qui!!!!!

    • L’impressione è che quando si dice sinistra e in particolare estrema sinistra, le posizioni siano le più variegate, per non dire poi di chi interviene nei commenti di bellaciao, le cui opinioni spaziano dai teodem più assatanti all’anarchia e che spesso di principi e di ideali di sinistra non hanno nulla.

      In mezzo c’è di tutto. Io faccio parte della sinistra no global, che rifiuta la lotta armata (che comunque mi pare sia poco più che una velleità di chiacchiere ormai da tempo) e che non è necessariamente marxista e tesa a costituire una presunta dittatura del proletariato (vedi poi come storicamente queste siano finite in dittatture di nomenclature dirette da singoli dittatori) ma lotta invece per una democrazia allargata dal basso che dia più oteri alla base popolare nel senso di una socialdemocrazia svedese o svizzera, o ancora di più nel senso di Port Alegre, che è proprio il rovesciamento della piramide gerarchica che nasce e si stabilizza nei paesi comunisti (vedi cosa è diventata la Russia con Putin).

      Può essere che nella sinistra arcobaleno ci siano posizioni molto diverse, dall’ambientalismo dei Verdi a Rifondazione a Comunisti italiani. Alla sinistra fanno parte poi le posizioni di Turigliatto, che stimo come persona come stimo Flavia d’Angelo. E infine ci sono gruppi che si definiscono di sinistra ma che non entrano nell’arco dei partiti ufficiali e parlamentari. E probabilmente il rifiuto di difendere i diritti di un popolo solo perché questi diritti vanno contro lo strapotere cinese offendono chi ha un’idea edulcorata di cosa sia diventato e di cosa sia sempre stato il comunismo in Cina.

      Personalmente ritengo che la Cina sia tutt’altro che una buona esemplificazione di attuazione del marxismo o del leninismo, e che non sia altro che un governo dittatoriale che rinnega i diritti del suo stesso popolo e che oggi ha associato a un potere totalitario un arricchimento (relativo a pochi) di impianto prettamente capitalista, unendo la tragedia di un neoliberismo schiavistico alla tragedia di un popolo in cui i più semplici diritti di autotela (vedi divieto di associazioni sindacali o di parola o di internet) si uniscono in un amalgama terrificante.

      Ma si vede che chi nega la violazione di diritti e libertà in Cina preferisce credere a costruzioni ideologiche di fantasia che sono continuamente negate dai fatti.

      Ora le Olimpiadi hanno drammaticamente posto in primo piano un paese enorme con contraddizioni gigantesche e a poco a poco ne spremo di più.

      Posso solo sperare che l’esame di coscienza che può nascerne sia fruttifero non solo nei riguardi dei diritti violati dei tibetani ma di quello degli altri popoli che vivono in condizioni simili in altre parti del mondo

      Il dramma tibetano dura da 60 anni e finora gli interventi internazionali sono stati deboli e inefficiente, ora solo la reazione dell’opinione pubblica mondiale può spingere le autoritò cinesi a una svolta che dia non solo tibetani ma anche ai cinesi quei diritti che finora sono stati negati..

      La lotta verso la libertà è molto lunga e ci sono pochi paesi al mondo che possono dirsi nella giustizia. Per cui la lotta di ogni popolo che presenta le sue giuste rivendicazioni deve essere la nostra lotta. Ma se cominciamo a negare la realtà della storia e dei fatti e gli abomini che vengono costantemente commessi, i tempi della libertà e dei diritti rallenteranno e il corso dell’evoluzione mondiale prenderà strade recessive e pericolose, da noi come altrove

      viviana

    • dialogo tra sordi. non se ne esce. peccato. nulla di nuovo sotto al sole

    • se ne esce, se ne esce...
      bastano due NUMERI: nel 1950 i tibetani erano UN MILIONE (ed erano SCHIAVI, proprietà privata del dalailama); oggi sono oltre DUE MILIONI E MEZZO, (e parlano in tibetano, professano la religione tibetana, lo Stato paga i loro libri in tibetano, l’assistenza sanitaria, e la regione ha il più alto tasso di sviluppo economico dell’intera Repubblica Popolare Cinese; possono inoltre, a differenza del resto dei Cinesi, avere tutti i figli che vogliono, non vigendo in Tibet la limitazione di un figlio a persona).