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INDY e VAG61

Publie le giovedì 14 ottobre 2004 par Open-Publishing

de Leopoldo BRUNO

La notizia relativa al sequestro dei server di Indymedia nel Regno Unito, ad opera dell’FBI, mi ha lasciato lì, fermo. Senza che riuscissi ­ sul momento - a individuarne una ragione immediata. L’unica immagine che mi è venuta in mente è stata quella di quando il nostro Pres del Cons si rende artefice di una delle sue famose uscite. Si tratta in tali casi di affermazioni senza un’apparente motivazione oltre che quella logica e semplice di portare il suo discorso avanti poniamo ad esempio a 100 metri di distanza; poi ritorna indietro di 50, così da far tirare un sospiro di sollievo alla casta politica attiva in Italia. Certo, ci si dimentica che a quel punto il Premier si è guadagnato i suoi 50 metri, ma tant’è.

Provavo quindi ad andare al di là della necessaria analisi ­ che farà chi è del mestiere ­ di valutare la correttezza di comportamento del provider di Indy. Cioè se Rackspace ha tutelato gli interessi del suo cliente e fino a che punto.

Dopo un paio di giorni, la chiave di lettura ­ nei miei limiti ­ l’ho individuata nella precarietà. Sì, la vecchia e moderna precarietà di tutti i giorni che ci accompagna nelle espressioni della vita come singoli, individui.

Parto dalla supposizione che ci siano siti di comunicazione che trasmettono altre informazioni rispetto a Indy, più radicali e, magari, di fiancheggiamento. Colpire Indymedia vuol dire così inserire questa costante di precarietà anche nell’attuale informazione alternativa alla guerra. Indymedia nell’ambito del pubblico del movimento rappresenta un mezzo di comunicazione di massa. Certo alternativo rispetto ai canali mainstream, ma anche ­ a mio avviso - distante dall’essere di supporto a chi in questi mesi si pone fisicamente in resistente conflitto rispetto all’espressioni del capitalismo neoliberista.

Se questa è la situazione, ognuno di noi può legittimamente chiedersi ed, eventualmente, chiudersi dentro se stesso. E’ proprio necessario che scriva questa e-mail? Magari è più opportuno che faccia altro; alla mia esigenza di informarmi ed esprimere il mio “libero” pensiero ci penserò domani.

Da semplice fruitore, posso prevedere che la precarietà con il suo ricordo accompagnerà Indy nei prossimi mesi. A questo punto è possibile partire dal riconoscere tale danno. Far ripartire rapporti di gestione collettiva ancora più stretti. Fra gli attivisti stessi. Fra gruppi e gruppi, sulla base di una rinnovata interpersonalità e professionalità. Partire - come ci ricorda il libro "Media Activism" a cura di Matteo Pasquinelli - dal ricordo della nascita di Indymedia Italia a Bologna nel giugno 2000, quale primo mass media italiano via Internet, che inaugura la sua attività seguendo la settimana di eventi del meeting contro l’Ocse.
E così oggi “approfittarne”.
Rilanciare, allo scopo di far ancor più avvicinare Indymedia a quello che è l’ideale di network internazionale che lavora per un mondo migliore.

In questi stessi giorni è stato inaugurato VAG61 con sede in via Paolo Fabbri 110 a Bologna. “Uno spazio aperto alla città per l’informazione e la comunicazione indipendente”. Venerdì e sabato, 8 e 9 ottobre durante le prime due serate, con le sale piene, sono stati prodotti: inaugurazione del centro di documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso ­ Carlo Giuliani”; presentazione dei libri “Settantasette” a cura di Sergio Bianchi e “Linguaggi di guerra” del prof. Federico Montanari; dibattiti sulle “stagioni del cambiamento” dal 1977 a Genova 2001 e su “l’orrore come pane quotidiano, la guerra dei media”; inaugurazione delle mostre fotografiche sul 1977 e su Genova; proiezione di filmati a cura di Indymedia sulla guerra in Cecenia e sulle nuove forme di comunicazione espressiva da parte delle giovani generazioni arabe.

I primi suoni e passi di VAG61, in un contesto come quello odierno, rappresentano - a mio avviso - un’importante positività. Un punto di riferimento nel quale già da oggi sono attive delle conosciute realtà cittadine di informazione e comunicazione; che si può quindi candidare, con il contributo di tutti, quale risorsa aggiuntiva e prossimo polo di livello nazionale.