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Regia: Sean Penn
Soggetto e sceneggiatura: Sean Penn dall’opera di Jon Krakauer ‘‘Nelle terre estreme’’
Direttore della fotografia: Eric Gautier
Montaggio: Jay Cassidy
Interpreti principali: Emile Hirsch, William Hurt, Marcia Gay Harden, Jena Malone, Brian Dierker, Vince Vaughn, Catherine Keener
Musica originale: Michael Brook
Produzione: Linson Films
Origine: Usa, 2007
Durata: 148’
L’America che non ama Hollywood racconta un’altra America. Lo fa con uno dei suoi figli del set più talentuosi e ribelli Sean Penn che torna dopo sei anni a dirigere e con la giovane promessa, Emile Hirsch, anima e corpo di un’interpretazione che tocca il cuore: l’avventura coerente e coraggiosa di Christopher McCandless che lo ha impegnato ai limiti della tenuta psico-fisica anche per i suoi freschi 22 anni. E’ un’America minoritaria ma presente, l’America di chi non ce la fa a vivere di famiglia, sorrisi ipocriti, aspettative, carriera, business, consumismo, omologazione e allora fugge dentro la natura selvaggia. Come Chris all’inizio degli anni Novanta dopo una brillante laurea: si lascia alle spalle tutto, dà i risparmi in beneficenza e parte per quegli spazi fuori dal mondo che il mondo globalizzato ancora consente d’avere. In una on the road diventata una ricerca di sé che passa per l’accettazione della solitudine. In una sfida ai limiti umani che sono fisici ma più spesso psicologici.
E’ una ricerca nel profondo su chi si è e cosa si vuole dalla vita, e se l’esistenza stessa sia libera dai vincoli della ragione. L’impresa più folle e pericolosa: venire giù in kayak dalla rapide d’un fiume tumultuoso acquista un senso anche se mette a repentaglio la vita, perché in fondo morire non è una limitazione ma solo la conclusione del viaggio. E Chris che per la nuova vita, segnata naturalmente da tappe e passaggi, diventa un superviandante, un esploratore delle proprie emozioni - rivolte a tutto anche alla migliore mela del mondo mangiata al cospetto di montagne mozzafiato – si trova a misurare ed elevare i propri limiti in imprese da uomo libero. Sia quando si offre di mietere cereali nel profondo Sud o risfiorare in sembianze da homeless la società civilizzata, ma soprattutto quando vive per mesi come l’uomo ha vissuto per millenni: raccogliendo radici e cacciando. Un ritorno alle origini che offre nuovamente la misura della conquista, della sopravvivenza che nei momenti più duri fa apprezzare la bellezza della cooperazione vera, spassionata, costruttiva perché ‘‘la felicità è un senso di benessere da condividere’’.
Chris la trova fra i sognatori superstiti delle comunità hippies che si godono la marginalità immersi nella natura, fra chi si concede valori semplici e assapora il gusto d’un tramonto e un bagno in mare fuori dal ghetto del turismo all inclusive. Si possono riconvertire i ritmi e le finalità dell’esistenza, può farlo anche il vecchio pensionato che lavora il cuoio che potrebbe essere per Chris il padre che non ha avuto. E il ragazzo per lui quel figlio che ha drammaticamente perso. I due dopo un iniziale reciproco fiutarsi scoprono l’empatia, vivono accanto e quando Chris preannuncia ch’è giunto il momento di partire per l’Alaska, la separazione è un lutto. Parziale però. Perché nel viaggio della vita tutti devono riprendere a marciare, rilanciarsi a ogni età anche con le rughe sul viso. E se succede di perdere chili e forze come accade a Chris che, nel suo pullman-rifugio ai piedi dei monti innevati, attende gradualmente la morte, non è una perdita. Testimonia che vivere è inseguire un sogno e realizzarlo, se in mezzo alla natura selvaggia ancora più prestigioso. Grazie a immagini e una colonna sonora che calzano a pennello la pellicola onora degnamente la memoria di McCandless, che se non ha cambiato l’America le ha indicato altri valori per cui vivere e morire.
Enrico Campofreda, 24 ottobre 2007