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IT’S A FREE WORLD

Publie le venerdì 14 settembre 2007 par Open-Publishing

Regia: Kean Loach
Soggetto e sceneggiatura: Paul Laverty
Direttore della fotografia: Nigel Willoughby
Interpreti principali: Juliet Ellis, Leslaw Zurek, Kierston Wareing
Produzione: Sixteen Films
Origine: Gb, Ita, Ger, Spa, 2007
Durata: 96’

In un mondo libero può succederti di fare come Angie - bella trentatreenne con figlio a carico - colonna d’un’agenzia interinale londinese che si sbatte per procurare lavoratori immigrati a giorni o anche a sole ore. Come il mercato richiede. E’ la copiosa manodopera dell’Est liberata dalla caduta del Muro e da anni preda del turbocapitalismo occidentale. Ma ci sono anche maghrebini e africani, iraniani, indiani, pakistani, cingalesi disperati di decine e decine di Paesi che accettano di tutto pur di fuggire dalla miseria d’origine. In un mondo libero può accadere che pur brava e grintosa Angie venga messa alla porta dall’Agenzia perché si rifiuta di farsi palpeggiare da un boss o da un cliente che conta. Lei ruggente come una leonessa minaccia ma deve ingoiare il boccone amaro del licenziamento. Non si dà per vinta e ne prepara per altri.

In un mondo libero dove torna la vecchia legge dell’homo homini lupus Angie che conosce i meccanismi del collocamento del lavoro immigrato decide di mettersi in proprio con Rose, procurando in nero forza lavoro ad aziende che in alcuni casi possono non pagare. In quel mondo libero dove Angie prova a fare il pescecane fra gli squali e deve correre dalle cinque del mattino alle nove di sera accade che non riesca a trascorrere il tempo necessario col figliolo, che reagisce all’abbandono del padre e all’assenza materna con una dose d’aggressività verso i compagni. Ad Angie accade che i genitori non approvino le sue scelte e i suoi metodi di vita e quando suo padre la vede all’opera di caporalato scuote la testa dicendo “Non pensavo si potesse tornare a quello”.

Questo vuole chi mena le leggi del libero mercato e chi come Angie ritiene che sia giusto adeguarsi e tentare la sorte in un mondo che torna indietro a far mancare non solo le tutele ai più deboli ma a bidonarli. Anche Angie imbocca la strada del sopruso incastrata dalla catena delle truffe. Le riceve, venendo pagata con assegni scoperti, e le propina perché non può né vuole saldare gli operai con altri soldi provenienti dagli affitti di posti letto. In questo sistema che incardina l’esistenza sulla sopraffazione accadono reazioni inconsulte individuali, come il lavoratore non pagato che incrociando Angie la pesta. E può succedere di peggio, le vendette di chi subisce possono ricadere sui propri cari: Angie viene aggredita in casa da uomini mascherati che le minacciano il sequestro del figlio.

Questo mondo libero è duro come gli occhi di chi lo incarna dice un giovane polacco che per un periodo s’accompagna ad Angie scambiando con lei sesso e calore, aiutandola nei momenti più duri di contestazione degl’immigrati bidonati. In questo mondo libero si può fare un po’ di carità come Angie fa a una famiglia iraniana ma non si può rinunciare a sfruttare i bisogni di migliaia di altri diseredati perché la legge del business lo impone. Ed Angie la sposa completamente indurendo il suo cuore che neanche Rose riconosce più. In un mondo libero si resta soli alla rincorsa del denaro e quando anche l’incolumità è a rischio si cerca riparo in un angolo di mondo dove non si è conosciuti, dove carenza di leggi e controlli consentono di fare il proprio comodo. Così Angie vola a Kiev a organizzare il nuovo traffico di disperati.

E’ l’ultimo grido indignato del compagno Loach, un’indignazione socio-economica rivolta al sistema mentre si guarda con pietas a quelli come Angie, aguzzini e vittime del sogno dell’arricchimento che ne prosciuga l’esistenza.

Enrico Campofreda, 13 settembre 2007