Home > Il 30 ottobre si ferma la scuola italiana
Il 30 ottobre si ferma la scuola italiana
di Fulvio Lo Cicero
ROMA – Fervono i preparativi per lo sciopero generale della scuola, cui aderisce praticamente tutto il mondo sindacale italiano ed anche il personale in servizio nelle sedi estere. Studenti, insegnanti, personale Ata, genitori aderiscono alla piattaforma unitaria, contro il modello di scuola predisposto dal Governo, con i pesanti tagli imposti dalla legge finanziaria e il progetto di stravolgere il modello di istruzione pubblica che, per quanto carente in molti punti, non ne esce certo migliorato dalla pesante diminuzione dei trasferimenti e dai risparmi finanziari.
I sindacati sottolineano che “per ragioni esclusivamente economiche si demolisce la nostra Costituzione”. La scuola, l’università e la ricerca sono “considerate dal governo un puro costo e le mistificazioni ideologiche della Gelmini servono solo a coprire i tagli di Tremonti”. In realtà, prosegue la piattaforma unitaria sindacale, il Governo vuole introdurre una modello aziendalistico di scuola pubblica, contro il quale sono già scesi in piazza migliaia di studenti e di docenti, avverso ai quali “giornalisti” come Renato Farina, sul feltriano “Libero”, propongono alle forze dell’ordine, con la rozzezza culturale che sempre li caratterizza, di “prenderli a calci nelle parti molli del corpo”.
Lo sciopero generale ha l’obiettivo “di unificare quel vasto movimento per costringere il governo a rivedere le proprie scelte e ad aprire il confronto, necessario per contribuire ad elevare la qualità dell’intero sistema della conoscenza”.
Ciò che appare tipico dei metodi autoritari messi in campo dal Governo Berlusconi è la scelta a favore di una “riforma” senza alcun metodo concertativo, senza l’apporto di quelle forze sociali che, ogni giorno, lavorano nel mondo della scuola, senza l’applicazione della democrazia delle relazioni fra le parti sociali. La scuola avrebbe bisogno di investimenti e non di tagli, soprattutto al Sud, dove maggiori sono i problemi anche di riqualificazione delle strutture edilizie, nei piccoli paesi di montagna, dove moltissimi istituti saranno semplicemente cancellati con un tratto di penna.
Particolarmente sentito, poi, è il ripristino delle 24 ore settimanali e del maestro unico nella scuola primaria (che la destra sta cercando di contrabbandare, con un mistificante eufemismo, in “maestro prevalente”), una decisione che, se attuata, inevitabilmente penalizzerà quei genitori che lavorano e che saranno costretti ad aumentare il proprio budget di spesa per l’assistenza ai figli più piccoli.
Nell’istruzione superiore è previsto una sforbiciata radicale ai numerosi indirizzi di studio, nell’istruzione tecnica e professionale, senza alcuna visione complessiva dei complessi rapporti fra qualificazione professionale e mercato del lavoro. L’unico obiettivo, per giunta ripetutamente dichiarato, è quello di coniugare razionalizzazione, sfoltimento delle cattedre e risparmi finanziari.
Lo sciopero di giovedì prossimo si propone di spingere l’Esecutivo ad aprire un tavolo di discussione, per contrastare una visione esclusivamente autoritaria – e per niente autorevole – delle innovazioni strutturali nel campo della conoscenza e dell’istruzione, un settore oramai considerato strategico per l’economia e le società del terzo millennio.
Il corteo partirà da piazza della Repubblica, a Roma, alle 9,30. Il percorso predisposto dagli organizzatori prevede le seguenti direttrici: Via V.E. Orlando, Largo di Santa Susanna, Via Barberini, Piazza Barberini, Via Sistina, Piazza Trinità dei Monti, Viale Trinità dei Monti, Via Gabriele D’Annunzio, Piazza del Popolo, dove si terrà il comizio conclusivo.