Home > Il D’Alailema
Ormai di questi tempi per chi si occupa di politica la noia è diventata la principale forma di autodistruzione indotta dalla società. Va così tutto bene che non si riesce a trovare proprio nulla di cui parlare. A parte Travaglio, che ogni giorno infanga qualcuno con le sue menzogne da bolscevico terrorista, tutti giustamente tacciono. Ma all’improvviso, come un raggio di sole, ecco spuntare il Profeta illuminato.
Secondo lui il bilancio del primo anno di governo è ottimo, il problema sarebbe il “chiacchiericcio”, che distoglie la gente dai grandi successi dell’Unione ed alimenta una forte disaffezione nei confronti della politica in generale. Una sfiducia popolare che, secondo il baffetto santo, sfiorerebbe quella degli anni ’90, il terribile periodo di Tangentopoli.
Povero D’Alailema, lui che è sempre stato fedele al motto gandhiano “"Sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel mondo", lui che ci ha servito per anni, senza tregua, instancabilmente. Lui che andrà in pensione con qualche centinaia di migliaia di euro di liquidazione (a meno che non voglia destinare il suo Tfr ad un fondo pensione complementare). Lui che ha seminato amore…raccoglie indifferenza. Vergogna!
Filosofo mancato, Massimino ha iniziato la sua carriera da militante nel 1963 alla Federazione Giovanile Comunista Italiana, di cui è diventato segretario nel 1975. Nel 1987, quando era Direttore dell’Unità, venne eletto per la prima volta deputato e da lì, senza dover ricordare pedantemente i suoi infiniti successi, ce lo troviamo ancora oggi in mezzo agli occhi. “Baffetto di ferro” non molla mai.
Da primo Presidente del Consiglio “ex comunista” fece appena in tempo a sostenere l’intervento NATO in Kosovo, perché nel giro di un anno e mezzo cadde ben due volte, coincidenza vuole proprio dopo essersi dichiarato vincitore certo ad elezioni regionali dalle quali, invece, ricevette un bel calcio in bocca, con la storica vittoria del Duce-Storace. Ma lui non ha mollato (la poltrona) ed è migrato al Parlamento europeo, dal quale è rientrato per riaggrapparsi al treno dell’Armata Brancaleone.
Nel 1993, durante il processo “Mani Pulite”, il Profeta apostrofava il pool come “il Soviet di Milano”, avendo appena ricevuto –dicono i maligni- un graziosissimo avviso di garanzia per le famose “tangenti rosse”. Fu accusato di aver preso dal mafioso Francesco Cavallari, nel 1985, 20 milioni di lire, ma lui tacque stoicamente e, caduto in prescrizione il reato, con nobiltà d’animo cavalleresca ammise che era tutto vero. Peccato che ormai era troppo tardi.
Il 5 marzo 1993 il governo di Giuliano Amato approvò il decreto Conso, con cui il parlamento cercava una soluzione politica a Tangentopoli. Il decreto fu contestato da gran parte della popolazione e non fu firmato dal presidente Scalfaro. Baffetto plaudì pubblicamente. Secondo Amato, invece, il Pds sostenne in privato e criticò in pubblico il provvedimento. Massimo D’Alema, all’epoca segretario, inveì: «Amato è un bugiardo e un poveraccio. È uno che deve fare di tutto per restare lì dov’è, sulla poltrona».
Nel 1995, sistemata la tegola di Tangentopoli, proprio quando le accuse nei suoi confronti cadevano per scadenza dei termini processuali, il Profeta Martire venne coinvolto in “Affittopoli”. Fu “Il Giornale” a scoprire che, mentre le famiglie povere vivevano sotto i ponti, alcune di quelle ricche vivevano in case popolari di lusso a prezzi agevolati. La famiglia D’Alema, bisognosa ma orgogliosa, fu costretta ad abbandonare la cara dimora.
Ora, senza colpo ferire, Baffetto è ancora con noi, ben ancorato al potere e, da dirigente navigato, solca i mari delle difficoltà con una superbia ed un distacco ineccepibili, così come con la sua “Ikarus II”, la nuova barca a vela, affronta le affascinanti tumultuosità delle acque dell’intero pianeta. Lui, il vecchio savio della politica nostrana, colui il quale riesce ancora a preoccuparsi della disaffezione della gente alla politica. Povero D’Alema, è proprio vero che l’ingenuità è la virtù dei puri…
Io che sono una iena maledetta, allora, proverò a supporre i motivi del disgusto popolare per la classe dirigenziale, scavando senza pietà nelle ferite aperte del Santo D’Alailema. Senza andare ad offendere un’Armata Brancaleone di cui ho già ampiamente stra-parlato (male), mi concentrerò sadicamente sulla sua persona. Solo su di lui, la vittima sacrificale di questa riflessione da “Soviet romano”.
Esimio Dott. D’Alema, prima di tutto suppongo che la gente non ami il trasformismo, la tipica virtù camaleontica di politici come Lei, che pur di rimanere al potere è disposto a traghettare il vecchio Pci fin dentro il nuovo Pd (Partito Democristiano), abiurando il dogma berlingueriano per quello demitesco-andreottiano. Una mossa che la “vecchia guardia” non avrà di certo gradito…Lei che pensa?
In secondo luogo credo che la gente sia stufa di politicanti da quattro soldi che, invece di aggiustare il paese, aggiustano la propria vita, magari vivendo in case lussuose, andando in barca, producendo quel chiacchiericcio sterile che Lei stesso indica come uno dei deterrenti ad un approccio positivo nei confronti della politica italiana. Lei si sente di far parte del suddetto gruppo di privilegiati nullafacenti?
Terzo, immagino che la gente possa affezionarsi alla politica, quindi ai politici, nella misura in cui essa ricambi il supposto amore. Personalmente vedo giovani sull’orlo di una crisi di nervi da precariato, famiglie in mano alle banche, anziani in braccio alla morte con pensioni da sceicchi ed anziani moribondi con pensioni da schiavi, la popolazione tutta soggetta ad un’ignoranza ed una disinformazione desolante, leggi ad personam fatte per salvare i mafiosi del paese ed un sistema giudiziario che annaspa per decenni in diatribe da azzeccagarbugli, un’economia italiota allo sbando che si aggrappa a crescite dello 0,00000000000001% per imboccare i farlocchi, la violenza verbale della Chiesa -a cui leccate i piedi- divenire il fondamento dottrinario di questo governo sempre più ceppalonico. Ma Lei non era comunista, Dott. D’Alailema?
Allora, visto lo stato attuale delle cose -che umilmente ho cercato di illustrarLe- abbia il coraggio di ravvedersi, di ammettere di aver fallito, girare i tacchi ed andarsene in barca per tutta la vita che Le resta. Tanto con i soldi che Le abbiamo dato dovrebbe farcela, no? Abbia il coraggio, prima di diventare non solo obsoleto e noioso, bensì -ancor peggio- ridicolo, di ritirarsi a vita privata.
Vedrà che la gente lo apprezzerà. Vedrà che un barlume di speranza nella politica si affaccerà nelle nostre menti come per miracolo. Vedrà che pacche sulle spalle al Bar di Porto Cervo: “Bravo Massimino, hai fatto bene, goditi la vita”. Lo faccia per noi italiani, Santo D’Alailema, si tolga di mezzo, dia il buon esempio, solchi i mari di tutto il mondo senza paura, faccia l’Ulisse a spese degli italiani. Più di così, più di pagargliele le vacanze, che dobbiamo fare, cazzarLe la gomena?
Messaggi
1. Il D’Alailema, 21 maggio 2007, 22:53
no non credo che sia giusto lasciarli quei privileggi di pensioni e di vitalizzi sia a lui che a tutti i parlamentari dobbiamo farceli restituire
cominciamo a parlarne in tutti i blog
restituite la refurtiva