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Il Mediterraneo delle falsità

Publie le mercoledì 16 luglio 2008 par Open-Publishing

Il Mediterraneo delle falsità

di Anna Maria Merlo

Per Nicolas Sarkozy è stata una «giornata storica». In effetti, il presidente francese è riuscito domenica a far sedere attorno a uno stesso tavolo, per quattro ore, i dirigenti di 44 paesi (oltre a quelli di Onu, Ue e varie organizzazioni regionali), i 27 europei e i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Con una trovata diplomatica, è stato scelto l’ordine alfabetico, uno a destra e uno a sinistra e così via, con l’eccellente risultato di aver evitato ai paesi arabi che non riconoscono Israele di essere seduti troppo vicini dal premier Olmert (incastrato tra Berlusconi e il greco Caramanlis).

È tutto. La «storicità» della giornata sta nell’esistenza stessa di questo incontro. Non nei risultati, che per il momento restano nel vago, a parte sei progetti che non disturbano nessuno, a cominciare dal disinquinamento del Mediterraneo. L’intenzione iniziale di Sarkozy era di creare una nuova struttura, con la partecipazione dei soli paesi che si affacciano sul Mediterraneo, per ridare alla Francia un ruolo diplomatico di primo piano. La Germania e i nordici hanno puntato i piedi (perché non avevano nessuna intenzione di pagare per una struttura che sarebbe sfuggita al loro controllo), e tutta la Ue vi ha partecipato.

Dal sud, due defezioni: Gheddafi, che alla fine non ha mandato neppure un osservatore e, più sorprendente, il re del Marocco, che all’ultimo momento si è fatto sostituire da suo fratello. Dettaglio emblematico: Mohammed VI non è venuto a Parigi perché irritato dal fatto che Sarkozy non è riuscito a imporre all’Algeria e alla Tunisia che la sede del futuro segretariato dell’Unione per il Mediterraneo sia a Rabat (così, potrebbe essere scelta Bruxelles, anche se la Spagna insiste per continuare con Barcellona, che ha dato il nome al processo, iniziato nel ’95 e di cui, suo malgrado, Sarkozy ha dovuto accettare la continuità).

Ieri mattina, il ministro degli esteri francese, Bernard Kouchner, ha ammesso che il testo della dichiarazione del summit di Parigi, deve essere «ancora un po’ corretto», a causa di una discordia tra Israele e i palestinesi attorno al concetto di stato-nazione, stato nazionale e democratico. Il testo, così, si limita a far riferimento a dichiarazioni precedenti (Lisbona 2007, Annapolis) per evitare chiarimenti, ha detto Kouchner, sul «ritorno dei rifugiati, stato ebraico o non ebraico, stato palestinese». Per non parlare delle affermazioni contraddittorie del siriano Bachar al-Assad che sabato sera aveva accennato alla possibilità di un’apertura incrociata di un’ambasciata siriana a Beirut e di una rappresentanza libanese a Damasco, ma domenica, è stato molto più evasivo.

La lettura della dichiarazione lascia un’impressione di profonda falsità. I riferimenti alla «democrazia» si sprecano, come quelli al benessere sociale delle popolazioni (con chiari riferimenti al capitale privato). L’esercizio di realpolitik mostra la corda: il testo prende a modello quelli che hanno fondato l’Unione europea, ignorando l’evidenza di una maggioranza di paesi del sud del Mediterraneo che non conoscono la democrazia. Stessa ambiguità sulle armi: il testo si dichiara a favore di un Medioriente senza «armi di distruzione di massa, nucleari, chimiche, biologiche», ignorando la realtà.

Il summit non è riuscito a mettersi d’accordo neppure sui tempi della presidenza (due anni non rinnovabili, per il presidente egiziano Mubarak - presidente della zona sud - anche se poi c’è disaccordo sull’ordine di successione, ma per Sarkozy - mentre i tedeschi vorrebbero solo sei mesi - nel rispetto della rotazione delle presidenze dell’Unione europea).

su Il Manifesto del 15/07/2008