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Il PCL: quale prospettiva?

Publie le lunedì 10 luglio 2006 par Open-Publishing

di Saverio De Marco

Parto subito dal nocciolo della questione: è ancora opportuno per compagni che si considerano marxisti e rivoluzionari stare in Rifondazione comunista? Rifondazione è un partito che si è avviato a diventare forza di governo e che sta subendo sin d’ora le prime pressioni volte a far approvare le politiche antisociali del governo Prodi, annunciate subito dal ministro Padoa Schioppa nelle sue prime dichiarazioni all’indomani dell’insediamento del governo di maggioranza. Rifondazione è un partito che complessivamente ha perso militanza e presenza politica attiva nel territorio; la sua maggioranza dirigente è composta da una massa composta da funzionari e burocrati che stanno ormai da tempo recidendo il contatto con le realtà lavorative e di potenziale conflitto sociale. Su questo siamo tutti d’accordo.

Su questo nulla mi divide dai compagni che hanno scelto di uscire dal partito e di dar vita ad un nuovo soggetto politico. Ma siamo davvero sicuri che i compagni di cui parlo abbiano fatto la scelta migliore? Secondo me no. La mia critica investe sia la differenza di punti di vista politici sul problema e sia le modalità (che io ritengo ambigue e sconclusionate ) che hanno condotto alla formazione del PCL. La decisione di uscire dal partito mi è sembrata sbagliata. Rifondazione rappresenta oggi ancora un partito di massa che potenzialmente è in grado di attirare giovani tra le sue file. Vi sono stati momenti, da ciò che posso ricordare dalle mie esperienze di militanza, in cui il Prc ha avuto questa funzione catalizzatrice, che però non ha sfruttato per la sua incapacità ed esplicita non volontà di farsi forza egemone nei movimenti(l’esempio lampante è l’intervento nel movimento no-global).

Il Prc non è andato male alle elezioni, anzi, si può dire che è andato bene se si esclude il fatto che alla Camera il risultato non è stato brillante. Rifondazione è un partito che resta conosciuto con sedi e circoli sparse in tutta Italia, ha iscritti e militanti nei luoghi di lavoro,in comitati e nei collettivi di scuole e università; ha un apparato ed un’organizzazione che gli permettono di incidere nella realtà politica italiana. Per tutti questi motivi Rifondazione rappresenta ancora e può rappresentare in futuro una terreno d’intervento importante per i comunisti. Quale deve essere(e per i compagni del PCL “doveva”) il nostro compito nella fase attuale? Beh io penso quello di fare un lavoro politico autonomo e indipendente, nei limiti del possibile, per radicarci come marxisti e come rivoluzionari nei luoghi di lavoro e nelle realtà territoriali, intercettando le aspirazioni di quelle persone, e parlo soprattutto di giovani “che vogliono fare qualcosa”,che simpatizzano per il PRC e per la sinistra e che cercano un’alternativa allo stato di cose presenti. Un’alternativa che può essere data a sinistra all’interno stesso del partito da quei compagni che lottano sinceramente per il comunismo e che pertanto sono fortemente critici sulle svolte opportuniste di Bertinotti e “compagni”.

Il problema è quello di conquistarci quell’autorevolezza politica e morale che permetta ai veri comunisti di presentarsi come alternativa politica alla dirigenza di Bertinotti, che tanti lavoratori e studenti cominceranno a criticare d’ora in avanti per la sua linea politica opportunista.Io penso che questo lavoro( sicuramente difficile e complesso, per carità) non è stato tentato dai compagni che hanno deciso di uscire. Si è fatta una lotta tutta interna al partito, a volte anche isterica e limitata alla denuncia e alle critiche fini a se stesse a Bertinotti e “compagni”. Bisognava uscire “fuori”, impostare la battaglia dell’opposizione a Bertinotti su un piano alternativo, che è quello della militanza attiva nella società. Ci si è , secondo la mia impressione, concentrati sulle questioni interne spendendo tempo ed energie preziose che potevano essere investite diversamente.

A un lavoratore o uno studente non gli interessa della questione se Bertinotti possa essere ancora considerato “compagno” o meno, o degli screzi di questa o quella corrente. A un militante o potenzialmente tale, bisogna dare entusiasmo, bisogna coinvolgere gli altri sulle questioni decisive che interessano tutti: precarietà, ambiente, questioni internazionali, riscoperta e attualità del marxismo, antifascismo ecc.. Ho parlato prima di critiche alle modalità d’uscita dal PRC...La prima cosa che non capisco è perché questa scelta sia stata attuata ora. Quello della scissione è un fantasma che si è aggirato da un bel po’ d’anni all’interno della sinistra del Prc: ho spesso sentito dire “usciremo dal partito”, ma poi vedevo che tutti rimanevano...Quello che voglio dire è che rifondazione non è un partito rivoluzionario adesso e non lo era nemmeno in passato ed è stato da sempre caratterizzato da svolte e controsvolte opportunistiche, se non proprio aberranti.

L’appoggio al centrosinistra c’era stato già nel 96, anche se c’era l’importante differenza dell’accordo organico sul programma di governo, e poi quasi sempre a livello locale con le giunte di centrosinistra. E’ stata poi preparata l’uscita in maniera improvvisata, tra indecisioni e atti azzardati, senza l’anticipazione di un dibattito interno che coinvolgesse il numero maggiore dei militanti più propensi all’uscita (che ribadisco è comunque sbagliata) o comunque fortemente critici sulla deriva governista del PRC. Il PCL nasce in qualche modo “dall’alto” , incapace di allargarsi, come era negli intenti iniziali, a varie realtà politiche di lotta più “di base”. Anche alcuni compagni che volevano uscire o sono usciti, sono critici sul modo in cui è stato costituito il PCL e sulle continue divisioni, per motivi che io ancora non riesco bene a decifrare, tra progettisti di quest’area e progettisti di quell’altra area, progettisti disposti subito ad uscire e progettisti “critici”(Veruggio).

A me sembra, e non se la prendano i compagni, che questo fantomatico PCL non sia altro che Progetto comunista- Ferrando diventato partito. Non mi sembra cioè che si possa parlare di “movimento costitutivo”. Se si fa un movimento costitutivo di un partito, non si può mettere sui manifesti relativi alla sua prima assemblea “conclude Marco Ferrando”. Se si tratta di un movimento costitutivo, è da intendersi che il segretario debba ancora essere scelto, che si debba discutere sul nome del partito e sul programma e i quattro punti per aderire al partito vengono decisi da tutti quando il partito è già fatto. E poi un’altra cosa vorrei dire: non si può costituire un partito sulla base degli “appelli”. E io non farei mai appello a parlamentari che hanno votato la fiducia ad un governo di centrosinistra e poi criticano il rifinanziamento della missione in Afganistan.

Dobbiamo semmai, (o meglio “dovreste”...valga come consiglio) rivolgerci ai lavoratori, ad una base sociale che è quella che vi manca ed è quella essenziale per costruire un nuovo partito. Ecco l’altro errore: aver costituito un partito di ex militanti e funzionari di Rifondazione senza una reale base di massa. Adesso non siete più una corrente di sinistra all’interno del partito, per cui il rischio che voi correte è di diventare l’ennesimo partitino che nessuno conosce, magari anche con qualche migliaio di iscritti, che si ricorda però per le incursioni mediatiche del suo leader nella campagna elettorale del 2006... un partito cioè tagliato fuori dai margini della partecipazione politica, senza quei mezzi che un partito di massa come il PRC che, ribadisco con tutti i suoi enormi limiti e contraddizioni, può fornire a dei gruppi di rivoluzionari che vogliano crescere e radicarsi all’interno del movimento operaio e delle sue organizzazioni di massa.

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