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Il PRC non esiste più?
di Giuseppe Prestipino
Caro Valentino, ho sempre stimato come esemplare la prosa di Rina Gagliardi. Dopo il suo addio al Prc e a Liberazione, mi pare che quell’esemplarità sia un poco in declino. Non perde, però, un piccolo difetto la bravissima giornalista: l’indulgere a un proprio «culto della personalità», anche se ora (su il manifesto dell’8 aprile 2009) oggetto di plauso senza riserve non è tanto Bertinotti quanto Giordano. Sia assolta per quel peccato veniale.
E’ più difficile sorvolare su queste parole: «Ora che il Prc non c’è più». Significa che il Prc c’era fin che Bertinotti e poi Giordano ne erano segretari? Il «culto della personalità» sopravvive quando la Persona non modella più la sua creatura, ma la creatura muore se non è più modellata dalla Persona? Si lascino da parte le piccole facezie di pessimo gusto e si pensi a una più seria «epistemologia»: che prescrive di far la prova del budino mangiandolo. La prova dell’esistenza di un partito, se non si vuol cercarla nel «sociale» la si può cercare nelle non sempre amabili competizioni elettorali.
Si potrebbe attendere la prossima tornata per le europee. Immagino una risposta di Rina: non dico che non c’è più quel partito; dico che ora, dopo la fine della parola «comunismo», non «rifonda» più e quindi «sprofonda» nella deriva «neo-identitaria e neo-ideologica». Una contro-replica indiretta è su un’altra pagina dello stesso manifesto, ove Burgio e Grassi scrivono: la destra vince se fa rivivere le ideologie delle sue vecchie narrazioni, mentre la sinistra perde se vuol distruggere tutta la propria storia.