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Il PREMIER DI TUTTE LE INGIURIE E L’INDIGNAZIONE DI CIAMPi
Publie le domenica 27 febbraio 2005 par Open-PublishingQuando appare in pubblico,per parlare del disastro Italia che il suo governo ha provocato,Berlusconi è uno tsunami d’ingiurie,diffamazione,fango.Proposte per rimediare al suo malgoverno non ne fà.
Oltre che sulle Istituzioni,sull’opposizione,sulla libertà d’informazione,sull’Unità,sullla magistratura,sui sindacati,l’Ingiuria fatta persona,ovvero Presidente del Consiglio getta la sua melma anche sul GARANTE DELLA COSTITUZIONE,sul Presidente della Repubblica Ciampi.
L’Italia sta correndo un grave pericolo.Berlusconi aspira con tutte le sue forze a diventare Presidente della Repubblica.
Sta devastando lo Stato italiano,si è fatto approvare le leggi più pericolose.Usa il monopolio dell’informazione affinchè l’opinione pubblica nulla sappia dei danni che ha portato al Paese e al suo assetto democratico.
Adesso la legge Salvapreviti gli è indispensabile per farsi prescrivere l’ultimo suo crimine:126 miliardi rubati allo Stato italiano.
Con la complicità di tutti i media questo piano potrebbe riuscirgli.
Il Presidente della Repubblica è capo della magistratura e delle forze armate.
Adesso un pregiudicato e un membro della P2,associazione eversiva dello Stato,che diventa Presidente della Repubblica italiana è un pericolo di dimensioni inimmaginabili per l’Italia .
Ecco l’indignazione di Ciampi in un articolo dell’Unità:
Ciampi indignato con Berlusconi: altro che suggestioni
di Vincenzo Vasile
Ha fatto passare esattamente ventiquattro ore, prima di sancire con un comunicato - di sette righe - il più acuto conflitto istituzionale del suo settennato. Nel frattempo niente contatti con palazzo Chigi. Ma stavolta non c’è stato né bisogno, né voglia di coinvolgere messaggeri o intermediari. Si è semplicemente fatto sapere che Ciampi pretendeva a tambur battente una smentita, una puntualizzazione, una retromarcia. Che non è arrivata, aggiungendo sottovalutazione e sgarberie a una misura già colma. Alla fine, domenica mattina attorno alle 11, il presidente ha dettato all’ufficio stampa una nota di settantasei parole che certifica la più drastica delle rotture. Alla stessa ora in cui, il giorno prima, Berlusconi gli aveva lanciato contro il più irrispettoso degli attacchi, intimandogli di non ascoltare «le sirene della sinistra» in fatto di promulgazione delle leggi.
Ciampi fa rispondere i suoi uffici, con un comunicato che ha un incipit falsamente impersonale («Hanno destato sorpresa...»), e invece prosegue con parole di fuoco, che a leggerle evocano persino il tono della voce, teso e perentorio, di quando il presidente è furibondo. Sì, perché «hanno destato sorpresa è scritto - le parole attribuite al presidente del Consiglio dei Ministri onorevole Silvio Berlusconi in materia di promulgazione delle leggi». Quelle parole in verità non sono state «attribuite» al presidente del Consiglio, ma da questi pronunciate davanti alle telecamere, e ascoltate da milioni di persone nei tg dell’ora di punta di sabato. E sono parole che abbassano il ruolo di suprema garanzia costituzionale di Ciampi al rango di una farraginosa pastoia burocratica, che allunga la gestazione delle leggi, e «rende difficile modernizzare il Paese».
Parole che rivelano tutto il fastidio per vincoli e controlli costituzionali, tutto il disprezzo per le regole e per chi le fa applicare. Sicché lo staff più ristretto di Ciampi si è messo al lavoro per affidare ai telegiornali di domenica in replica due frasi semplici e nette, il più possibile: «È a tutti ben noto che in questa come in altre materie, non è costume del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi dare ascolto a suggestioni, suggerimenti o critiche gratuite da qualsiasi fonte provengano. Tutti i provvedimenti legislativi rinviati dal Capo dello Stato al Parlamento sono stati sempre accompagnati da messaggi debitamente, convintamente, dettagliatamente motivati».
Debitamente, convintamente, dettagliatamente. I tre avverbi sono stati scelti non per caso. Il loro uso vuol richiamare con forza il carattere sostanziale e primario dei poteri costituzionali che Ciampi rivendica, e che Berlusconi vorrebbe calpestare. Basterebbe uno studente di liceo per ricordare che nel redigere gli articoli 74 e 87 i Padri Costituenti stettero molto attenti, semmai, a limitare avendo nella mente l’esperienza monarchica e fascista i poteri del presidente nel processo di formazione delle leggi: eppure al presidente nel testo costituzionale del 1948 spetta, per l’appunto, la promulgazione delle leggi, cioè l’atto formale che consente alle norme di diventare operative, e quell’atto figura al quinto punto di un elenco delle dodici principali prerogative del capo dello Stato contenuto nell’articolo 87 della Carta costituzionale; e prima della promulgazione, sulla base dell’articolo 74 il Presidente può rinviare la legge alle Camere con un messaggio in cui ne spiega le ragioni (che possono essere di legittimità, ma anche di opportunità costituzionale).
I costituzionalisti parlano di un «potere di veto sospensivo»: se le Camere riapprovano la legge, infatti, il presidente è tenuto a promulgarla (tranne, secondo alcuni, nell’ipotesi che l’avallo del capo dello Stato all’operato del Parlamento non configuri un attentato alla Costituzione nel caso di un provvedimento dalle caratteristiche eversive).
È accaduto già sei volte durante il settennato di Ciampi, che questi abbia chiesto al Parlamento una nuova deliberazione su leggi già approvate. Ma Berlusconi non ci ha fatto il callo, ed è evidente che non gli interessa il dibattito giuridico, e che ha idee piuttosto confuse sulla Costituzione. Gli brucia soprattutto lo stop imposto da Ciampi alla «legge Gasparri» (15 dicembre 2003) e alle norme sull’ordinamento della giustizia (16 dicembre 2004), anche perché il perseguimento di una tale linea di condotta rigorosa prelude prevedibilmente a un nuovo no alle norme sulle prescrizioni, cioè alla «salva-Previti». E Ciampi rivendicando di aver «debitamente» finora agito in nome della Costituzione non lascia molte speranze a chi ha agitato in queste ore imprecisate correzioni alla legge «ex-Cirielli».
Il comunicato avrebbe potuto anche essere più lungo e articolato. S’è deciso di non scendere in polemica con le esternazioni del presidente che riguardano lo stato dell’economia, la politica economica, e i viaggi in India e in Cina dello stesso Ciampi. Anche se si fa notare che in quelle due “missioni” il presidente era accompagnato da uno stuolo di ministri. E che i suoi viaggi all’estero sono normalmente concordati con il governo. L’offensiva contro Ciampi non deriva, dunque, da uno scatto di nervi. Si vuol delegittimare, sfiancare il presidente proprio nel momento in cui questi fa sapere di aver intenzione di rimanere fino all’ultimo, di completare il suo mandato senza farsi da parte, senza consentire con dimissioni anticipate a Berlusconi di farsi eleggere al Quirinale sulla base dei rapporti di forza a lui favorevoli dell’attuale Parlamento.
Sul Colle comincia, così, a farsi strada, dopo un lungo periodo di sostanziale sottovalutazione, qualcosa di più di un semplice sospetto sulle intenzioni di Berlusconi. E la nota di palazzo Chigi, anch’essa anonimamente e specularmente attribuita allo staff, non solo è arrivata fuori tempo massimo, ma non risponde alle questioni di merito. Né gli esponenti della maggioranza che si sono profusi ieri sera in apprezzamenti per Ciampi e nella difesa d’ufficio di Berlusconi mostrano di accorgersi di una palese contraddizione: se il presidente del Consiglio per davvero polemizzava con «personaggi della sinistra», è forse per un abbaglio che il Quirinale ha sentito il bisogno di reclamare il rispetto della Costituzione, a cominciare dalle proprie prerogative? Anche il cerchiobottismo rischia di perdere spazi di manovra in una fase tempestosa dei rapporti tra i vertici istituzionali.
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=41122




