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Il Professore minaccia i rifondaroli con le elezioni anticipate

Publie le domenica 23 luglio 2006 par Open-Publishing

A rischio l’asse Prodi-Bertinotti boicottato dai disubbidienti

di Ruggiero Capone

Non sarà un fine settimana facile per Romano Prodi e, per quanto il leader dell’Unione ostenti sicurezza nelle interviste, emerge che teme di poter inciampare sul rifinanziamento alla missione afgana, e per colpa dei disubbidienti. Questi ultimi sono stati super coccolati da Prodi che, in nome dell’accodo con Bertinotti, ha elargito loro poltrone di governo che nessun esecutivo (anche di sinistra) avrebbe mai concesso. Infatti non è un mistero che se s’infrangesse il governo Prodi cadrebbe anche l’asse con Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani.

E siccome D’Alema manovrerebbe per non tornare alla urne, ne deriverebbe un probabile governo Rutelli. Quindi un esecutivo che si reggerebbe su un robusto asse Ds-Margherita in accordo con i moderati, con l’Udeur, An, Fi, Udc, Psi e Dc, e con appoggio esterno della Lega. Con questo nuovo scenario Bertinotti e compagni tornerebbero a fare opposizione, e l’unica minaccia che potrebbero reiterare sarebbe il trascinare sovente i disubbidienti in piazza.

Intanto il giorno della verità s’avvicina, e se ieri i disubbidienti erano 15 tra Camera e Senato oggi sono già una ventina. “Il dissenso di alcuni parlamentari di Rifondazione Comunista e dei Ds sul voto per il rifinanziamento delle missioni italiane all’estero è legittimo e previsto dalla Costituzione: non vedrei nulla di scandaloso se il provvedimento passasse anche con i voti del centrodestra”, esclama il senatore della Quercia, Cesare Salvi, commentando la decisione di alcuni esponenti del centrosinistra che hanno annunciato il loro voto favorevole al provvedimento solo nel caso in cui il governo ponga la fiducia.

E’ evidente che tra i Ds si stia facendo l’idea di rompere l’asse Prodi-Bertinotti, ed usando la loro stessa arma, cioè l’estremismo pacifista che allontana la sinistra disubbidiente dalla politica reale. “Anche se il governo dovesse chiedere la fiducia, non voterò questo disegno di legge così com’è”, esclama Mauro Bulgarelli (senatore dei Verdi). E Bulgarelli, non pago di come sta sabotando la sua maggioranza, ha auspicato l’abolizione delle servitù militari in Sardegna, che secondo lui “agevolano le portaerei occidentali che promuovono le guerre in Afghanistan, Iraq ed in tutto il Medioriente”.

E non finisce qui, Bulgarelli ha esclamato: “chiederò a Prodi di collegare la questione delle servitù militari al rifinanziamento della missione in Afghanistan: il problema è che, come dice il mio amico Gino Strada, in questo momento il governo sta mettendo la fiducia sulla guerra”. Ed intanto i disubbidienti hanno indetto a Genova (loro piazza congeniale) le giornate di lotta pacifista, chiaramente anti-occidentali e filoterroristiche. “Ripartire da Genova per il ritiro dall’Afghanistan”, è l’iniziativa che si tiene oggi a Genova: nasce, come si legge nell’appello sottoscritto da intellettuali e politici dell’ultrasinitra, sindacalisti e rappresentanti del movimento pacifista, dalla “necessità di costruire un percorso collettivo con un obiettivo semplice e preciso: il ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan”. Il capoluogo ligure è il luogo prescelto per l’incontro perché, proprio in questi giorni, “cinque anni fa il movimento dei movimenti lanciò la sua sfida contro la guerra senza se e senza ma” (Agnolotto pensiero).

L’appello in vista dell’assemblea è stato naturalmente sottoscritto da Vittorio Agnoletto, Mario Agostinelli, Marco Bersani, Antonio Bruno, Donatella Della Porta, Josè Luiz Del Roio, Tommaso Fattori, Haidi Giuliani, Don Andrea Gallo, Alessandra Mecozzi, Emilio Molinari, Andrea Morniroli, Tonino Perna, Riccardo Petrella, padre Giuseppe Pirola. E con loro s’incontreranno tutti i disubbidienti d’Italia. Prodi preferisce non pensarci, ed attendere pedalando sulla sua nuova bicicletta l’esito della votazione al Senato.

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