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Il TAV, la gente della Val di Susa e le vicende piemontesi sono paradigmatiche per una riflessione

Publie le martedì 20 dicembre 2005 par Open-Publishing

di Franco Trapani

Il TAV, la gente della Val di Susa e le vicende piemontesi sono paradigmatiche per una riflessione sul Potere degli eletti, talora correttamente esercitato nei limiti della funzione istituzionale, spesso con un troppo alto concetto di se, eccezionalmente governante in preda a "megalomania". Megalomania, cioè seria patologia mentale, detta anche delirio d’onnipotenza, per intenderci esattamente quella che ebbero Nerone, Catilina e Hitler ecc. ecc. sino ai nostri giorni, e che da noi, nell’Ottocento, richiedeva la camicia di forza e non i body guard, il trattamento manicomiale e non palazzo Chigi.

C’è il buon motivo della somiglianza, mutatis mutandis, della situazione del turismo la’ come da noi, in Abruzzo. Non sussiste invece alcun possibile paragone tra i due popoli, a causa di storie assai diverse (da loro l’antica affermazione dei valori germanici dei Franchi, da noi la succubanza verso il Potere temporale di santa madre Chiesa. E ciò nel bene e nel male, è ovvio).

Che gli errori dei politi siano merce esclusiva per addetti ai lavori, criticabili seriamente solo da altri politici, lo dimostrano le condanne dei comuni mortali che hanno osato ledere la majestas del potente di turno. All’uomo della strada solo la sterile polemica e l’innocua invettiva.

L’occasione, però, è troppo allettante per non accettare quel rischio, anche se la molla che mi determina non è il qualunquismo: conosco bene quanto, in quest’Abruzzo dei Parchi, Enrico Paolini sta elaborando sul turismo e gli auguro di portare a buon fine i suoi sforzi, anche se avrà bisogno di sostegni culturali forti quando dovrà scegliere se dar forza all’ecoturismo colto e rispettoso o ai luna park che molti, anche suoi attuali compagni di viaggio, ci vanno proponendo da anni al solo scopo di "cassa, subito " ripetuto sino alla nausea.

I problemi di filosofia politica non li affronto neanche (richiedono un sapere che non possiedo). Mi limito però a segnalare che spessissime volte il dramma di singoli cittadini o di comunità che avvertono disagi e sopportano sacrifici viene troppo, ma troppo superficialmente tacitato da ragioni estranee a ciò che i nasi sentono, gli occhi vedono e le famiglie quotidianamente vivono.

Un esempio locale per tutti, lo scandaloso comportamento di alcune aziende di prodotti del settore viti-vinicolo in Caldari d’Ortona a Mare e paraggi, del quale anche Il Piccolo di Chieti ha parlato. Esso procede imperterrito non solo ad ammorbare ambiente, agricoltura e turismo (triade unica per noi inscindibile), ma si fa a tratti minaccioso sui concittadini, arrivando con strafottenza al ricatto occupazionale e all’offesa, oltre che alla malavitosa sottovalutazione del disagio cui costringe da anni tutta la sua comunità. Finanche altre aziende del posto mugugnano e si vorrebbero sottrarre a questo giogo, non fosse altro perché la loro immagine si regge su ambienti salubri e "incontaminati" e non su fossi, campagne, orti, civili abitazioni, torrenti, fiumi, mare ed aria inquinati.

Affrontiamo invece il discorso della cultura politica dei nostri rappresentanti e domandiamoci se essa è sempre così compiuta, come ci si dovrebbe aspettare.
Negli anni ’50, era finita da poco la guerra, le Alpi furono oggetto di "moderni" interessi politici e di notevoli investimenti turistici, presto limitati alla creazione quasi esclusiva di piste da scii da discesa, che stravolsero interi comprensori e favorirono la corsa all’abbandono della montagna, da sempre curata da saggi montanari e valligiani.

Negli anni ’60, visti i danni sulle Alpi, interessi e investimenti si spostano sull’Appennino e, sull’onda di una consenziente società consumistica, si attaccano le nostre montagne.

Sulle Alpi il malcontento di pochi diventa movimento popolare con peso sociale sempre meglio orientato e diffuso, vedi la grande opera del secondo Reinhold Messner, della Provincia di Trento e del movimento ambientalista che, dati alla mano, dimostrano il fallimento e il gravissimo impatto di quel modello, relativamente alle risorse investite.

Nell’Appennino, e specialmente in Abruzzo, iniziano le lotte ambientaliste contro le Regioni, sorde quando non rozze, che si traducono in uno spasmodico impegno di pochi uomini della cultura e dell’ambiente appoggiati, con non adeguata convinzione, da sparute minoranze.

Il tempo passa e, pur permanendo differenze e ritardi, ci si ricrede sul fatto che il settore secondario dello sviluppo possa arrivare a garantire la crescita. E’ la grande stagione della critica ai finanziamenti a pioggia, alle cattedrali nel deserto, dello sviluppo sostenibile, e dell’APE: parole d’ordine più che azioni, slogan più che convinzioni. Tanto, in molti casi, tutto prosegue come prima e il consumismo sfrenato dell’uomo si scarica sempre sull’ambiente.

Le popolazioni, che evidentemente hanno tesaurizzato molte nozioni ecologiste ed ambientaliste (non senza gravissimi fenomeni di rimozione collettiva e di vera e propria retro marcia, specie verso gli illusionismi più suggestivi e accattivanti), hanno maturato una nuova sensibilità e non sono più le docili folle d’un tempo. Anche in Italia la gente capisce che le buone ragioni e l’unione fanno la forze e qua e la’ s’assiste alla nascita, finalmente, di signorno colti e motivati, a volte un po’ più incazzati, talora meno, ma sempre decisi a difendersi.

Le nozioni essenziali, nonostante l’anticulturalismo dei mezzi di comunicazioni, si sono fatta strada per altre vie ed il rispetto per l’ambiente e per la salute è passato nelle collettività, talora veicolato da insospettabili cavalli di Troia. Le industrie agro-alimentari, per esempio, che si giocano fette di mercato con l’immagine di località salubri, quelle di articoli sportivi, non ne parliamo nemmeno, e il settore turistico che non ne può prescindere affatto. La nostra regione si presta assai bene a questo tipo di pubblicità e importanti fotografi e registi sono venuti e vengono da noi per girare spot e film. Ci sono poi, nelle pieghe di palinsesti TV alienanti, alcune programmazioni di pregio che diffondono la nozione del bello nelle località italiane e straniere (non quelle che spingono turisti sul primo aereo, ma anche quelle, quando parlano le foto e i filmati) e le riviste internazionali, nazionali e d’Abruzzo.

Se proprio vogliamo introdurre in questo lavoro generico e soggettivo, alcuni elementi di diversità tra due ambiti geo-sociali e culturali italiani, chiedendo prima di tutto di non essere presi per razzisti, potremmo tentare alcuni superficialissime e sommarie schematizzazioni.

Nel Sud sono ancora vere e proprie elite, variamente politicizzate, a correre in aiuto agli ambienti naturali e agli abitanti, presto o tardi e bene o male, seguiti dalle masse (le rivolte contro le discariche pericolose in Campania e le dimostrazioni contro il terzo traforo del Gran Sasso e contro l’inqualificabile gestione del laboratorio dell’INFN sono due fenomeni nuovi ed originali).

Nel Nord, a parte le vergogna nazionale della Lega e della Liga (masse neo-borghesi benestanti e razziste caratterizzate innanzi tutto da diffusa ignoranza, e quindi da enorme presunzione e potenziale violenza), la gran parte della popolazione ha fatto propri molti più principi del vivere civile e dell’ecologia. Quei cittadini si muovono nella loro società con maggiore coscienza, più disinvoltamente, ed hanno, in genere, un miglior rapporto fiduciario con i loro rappresentanti amministrativi. Una fiducia certamente maggiore di quella che il popolo meridionale nutre verso qualsiasi istituzione, incluse le mafie, pur sopportandole o ignorandole tutte, con buona pace del coraggio civile e del senso della dignità personale.

I politici, invece, considerandoli come unica lobby, il che non è poi tanto sbagliato, sono molto più tenacemente attaccati alle loro regole e ai loro riti, oltre che alle ideologie.

In un’epoca in cui la scienza ci dimostra con sempre maggior esattezza che lo sconvolgimento ecologico del pianeta non potrebbe che risentire beneficamente della diminuzione delle sostanze nocive prodotte dall’uomo, essi continuano a proporre una crescita dei beni materiali basata sugli aumenti dei consumi individuali e collettivi.

Essi sono i primi, agendo in nome del comune interesse ad automantenersi, a rifiutare ogni suggerimento della ragione scientifica, spesso fidandosi di pseudoscienziati di dubbio valore e prezzolati: i Potenti hanno sempre avuto corti di tecnici, spesso solo servitori e adulatori. Poniamo il caso di quel luminare dell’arte medica che sostiene che le cellule del suo Signore sono tanto sane e tanto forti che questi ha la complessione del quarantenne e che, come ha vinto il cancro (sarà forse l’unico?), potrà diventare ultracentenario; o di quello che va assomigliando un ponte in cemento armato d’oggi alle piramidi di tremila anni fa’: inizia parlando con la mitezza del saggio, ma subito si scompone e trasportato dalla foga profetizza che l’inutile viadotto di Messina servirà a richiamare almeno una volta nella vita ogni italiano e, chissà, anche gli stranieri! Conosciamo altri ponti, ma nessuno ci pare visitato come la tomba del profeta alla Mecca.

Più spesso sono utilizzati dai suicidi.

Ma i nostri princeps sono così, sia nel caso che si tratti dei neo conservatori di Bush, sia nel caso dei Democratici degli USA, che tanto poco si differenziano dai primi, sia infine, e con una stridente contraddizione di termini, dai gruppi dei Verdi europei. Certo, tra gli estremi c’è un’intera gamma di posizioni intermedie e, dovendosi scegliere, conviene preferire i meno dannosi e i meno aggressivi. Proprio a partire da adesso che, come dice E. Sanguineti, massimo poeta italiano la borghesia, opulenta, egoista e violenta, al potere nel cuore dell’impero e in molti altri stati vassalli, sta chiaramente dimostrando di non essere all’altezza del compito di governare al quale è stata chiamata, prima che i nazi-fascismi non vengano richiamati a dare una mano d’ordine.

ASBESTO (O AMIANTO)

Invischiati, quindi, in regole che credono universali, i politici non accettano che le loro decisioni vengano contraddette e, nel controbattere le argomentazioni della società civile, tirano fuori tutta una serie di vecchi discorsi, ormai invalidati dai fatti, fornendo l’ennesima recita del solito copione alla cui base c’è l’apodittica affermazione del Potere, esclusivo ed intangibile, quasi che gli fosse stato ridato direttamente da Dio. Insomma un residuo d’assolutismo che è proprio anacronistico per noi ma vitale per loro, costituiti in nuovo Strapotere. Anacronistico ed esclusivo quando oggi, anche per un militar soldato sono ammessi, e senza punizione, l’ammutinamento o la non obbedienza ad un superiore non più sano di mente. Ed il caso è calzante a pennello. Non vogliono assolutamente capire le motivazioni del buon senso e, per limitarci al TAV, sopravvalutano i consigli dei loro tecnici come fossero verità eterne anche sa cultura scientifica è lontana dalle verità eterne per definizione e per metodo. Grazie all’inventore del metodo sperimentale, un certo Galilei.

Da un pezzo vanno sostenendo che se non si fanno quei lunghissimi trafori, proprio li e non altrove, l’Italia resterebbe fuori dallo sviluppo europeo, ma non ne spiegano le ragioni e che loro hanno sudato sette camice per far passare il TAV a Sud delle Alpi.
Noi non vediamo una tragedia epocale se la stessa ferrovia passasse a Nord delle Alpi, in termini di lunghezza solo pochi chilometri in più. Ma è proprio vero che Austria, Svizzera e Francia si sono così addolorate a fare traforare le Alpi nei versanti italiani? Proprio loro, quelle nazioni che stanno giocandosi l’immagine di un ambiente pulito ed un turismo sano, senza asbesto e senza uranio?

Scusate, ma non ci crediamo e non ci crederemo mai.

L’asbesto o amianto o amianto di serpentino è un minerale a forma di fibre che si trova frammisto alle rocce. Il suo nome vuol dire inestinguibile o incorruttibile, cioè che non si distrugge neanche con il calore che polverizza la roccia che lo contiene. Le fibre sono leggerissime, non rigide come la roccia dove si nasconde, e con caratteristiche assai interessanti per chi costruisce manufatti al contempo coibenti, leggeri e di poco ingombro. Infatti lo conosciamo meglio come Eternit, perché una ditta, mescolando asbesto e cemento produsse per anni coperture ondulate per tettoie, vasche, tubi, pannelli isolanti ecc.

Lo stesso asbesto (o amianto) è stato messo, come isolante termico, nelle intercapedini di aerei, scafi navali e carrozze ferroviarie e finanche nell’edilizia e nei tessuti ignifughi. L’uso proseguì per anni, finché non si dimostrò che le fibre d’asbesto (o amianto) sono responsabili dirette di alcuni tipi di tumori maligni. Moltissimi operai delle cave e dell’industria morirono prima che la scienza dimostrasse la correlazione di causa ed effetto e che fosse riconosciuta per legge come malattie professionale. Il tumore più tipico causato dall’asbesto (o amianto) è il mesotelioma pleurico, ma esiste anche la forma polmonare, tiroidea, ecc. di questa malattia mortale.

Il meccanismo con cui le fibre provocano il tumore è noto: le fibrille d’asbesto sono così piccole e leggere che vengono facilmente inalate quando la roccia che le contiene (o il manufatto d’eternit) si rompe o si sfalda. Le fibre, come se fossero piccolissimi e flessibili aghi arrivano sino alle ultime diramazioni delle vie respiratorie e si fermano sulla pleura dove provocano un processo infiammatorio reattivo che le ingloba, ma non ne neutralizza l’effetto. Col tempo si arriverà al tumore, cioè è questione di tempo, ma il tumore arriverà., e questa latenza è lunghissima, anche di alcuni decenni.

Non c’è cura né chirurgica né medica, né chemioterapica che possa portare la guarigione.

Per paradosso, se l’ammalato venisse arso vivo se ne brucerebbe l’organismo intero ed il tumore maligno, ma le fibre d’asbesto, resistenti al calore, resterebbero sempre integre e capaci di provocare altri tumori maligni in altri soggetti. Lo stesso capita quando il materiale con asbesto (o amianto) viene bruciato in forni a temperature più basse Š per risparmiare sui costi: le fibre escono dai camini, vanno nell’aria e vengono trasportate con i venti.

Tutto questo bagaglio scientifico è stato conquistato dalla ricerca della medicina del lavoro, sulla spinta delle grandi lotte operaie e di uno sterminato numero di morti.
Le stesse leggi che bandirono l’asbesto (o amianto) impongono alle aziende che lo trattano, al fine di eliminarlo dall’ambiente, alto grado di cautela ed il pagamento di speciali assicurazioni per coprire l’alto rischio tumore degli operatori, nonostante i moderni scafandri a isolamento totale, gli auto respiratori, il doverlo lavorare solo se incapsulato in vernici o bare di cemento speciali, ed il doverlo fare in ambienti nei quali la pressione dell’aria sia più bassa di quella atmosferica (in modo che le fibre non possano sfuggire all’esterno).

Infatti se le fibre si trovano all’aria e vengono trasportate dai venti, possono arrivare nei centri abitati anche molto lontani, essere respirati dalle persone e dare, prima o poi, il mesotelioma.

A fronte di tanta vecchia cautela teorica, la pratica ci porta a scoprire ogni giorno treni ed altri vettori isolati con asbesto (o amianto), tetti di amianto (o asbesto) messi in opera da decenni, quindi consunti, e che certamente rilasciano nell’ambiente le letali fibrille, discariche a cielo aperto con depositi di amianto (o asbesto) malamente interrati o in bella vista, ignote, però, alle autorità cieche, mute e sorde. Tanto che, quando qualche cittadino riesce a bucare l’indifferenza di questo muro di gomma, la risposta è sempre la stessa tiritera che l’asbesto (o amianto) finché resta lì e non si tocca è innocuo Š anche se le intemperie continuano a liberare fibre, anche se viene allegramente trasportato da un posto all’altro, anche se la gente continua a maneggiarlo.

Questa cinica indifferenza di certi amministratori pubblici e di certi tecnici, fa da preciso pendant al cinismo e all’indifferenza del Potere.

Essendo tutto quanto minuziosamente e pedantemente scritto, ben noto, gli abitanti della Val di Susa non vogliono, e mi pare cosa buona e saggia, che le gallerie, anche quello del "balletto nero" (come il color del lutto) dei nuovi saggi d’impatto ambientale vengano proseguiti oltre. Quei nuovi studi arriveranno a negare con una leggina ad hoc , ci scommetto, ciò che sulle carte geologiche è scritto da moltissimi decenni e forse secoli. Infatti basti notare che i nuovi accertamenti sono ordinati e pagati da quelli che già sostengono che il TAV dev’essere fatto.

Pensateci bene e rispondiamoci da soli. E’ mai possibile scavare delle enormi e lunghissime gallerie mantenendo all’interno una pressione atmosferica più bassa di quella esterna? E’ mai possibile trasportare milioni di camion di roccia e terra murandone in apposite bare assolutamente impermeabili il contenuto, perché sennò le fibre, finalmente libere, riprendono a svolazzar per l’aria della valle? Sapete cosa ci viene detto? Che lo smarino, la roccia di scarto, andrebbe stoccato presso un laghetto un po’ lontanuccio della stessa Val di Susa. E come sarà trasportato se si vuole rispettare la sicurezza dei viaggi? E se l’asbesto (o amianto) oltre a svolazzare per l’aria si fa una nuotatina per i laghetti ed i torrenti alpini?

Non scherziamo con la pelle della gente, anche se di questi tempi lo stato di necessità porterà certamente gruppi di sani e baldanzosi giovanottoni nostri figli, ad accettare a cuor leggero quei lavori, così come andarono a far parte delle "missioni di pace" in Iraq: per qualche promessa alla Berlusconi (è il modo di dire, ormai per antonomasia, che vuol dire "promesse da non mantenute") e per quattro soldi o scesero, per non più ritornare, nelle miniere di Marcinelle.

URANIO

Per capire, di questo elemento chimico, solo la parte che interessa gli abitanti della Val di Susa, noi che faticosamente scriviamo e dovrebbe, ripetiamo dovrebbe, interessare anche il Potere dobbiamo fare una breve premessa per spiegare, in modo figurato, cos’è l’energia che l’Uranio emette spontaneamente, cioè senza che sia necessario innescarlo come si fa, accendendoli, per avere calore legna, carbone, gas-olio ecc. Immaginiamo la luce solare quando scattiamo una fotografia.

L’immagine da riprendere riceve la luce solare e la riflette intorno, quindi anche sull’obiettivo della nostra macchina (o sul suo supporto digitale) che si impressionano e ci permettono di ottenere la foto stampata o visionabile su un monitor. La luce solare, cioè, è un tipo di energia, composta da singole radiazioni o raggi che vengono dal Sole e permettono ogni forma di vita sulla Terra.

L’energia è buona ed innocua, potremmo allora concludere noi, che siamo abbastanza lontani dal sole. Ma è sufficiente una buona lente di ingrandimento per vedere che quell’energia luminosa, concentrata in un punto ristretto è in grado di cuocere, bruciare e incendiare.

Esistono tanti altri tipi di energia e di radiazioni o raggi: quelle ondulatorie come la luce, le onde elettromagnetiche e sonore e l’energia elettrica; e le radiazioni corpuscolari tipo i raggi _, _ e _ ,le radiazioni cosmiche, quelle solari e quelle dell’uranio che si chiamano radioattive o ionizzanti. Queste sono emesse spontaneamente, senza bisogno di innesco e per periodo di tempo molto lunghi.
Ci si accorse di queste proprietà camminando con una lastra fotografica chiusa nella sua scatola. Quando la lastra fu sviluppata si notò che era stata impressionata da una miriade di punti bianchi e, ben presto, si capì che la sorgente di quelle radiazioni veniva da alcune rocce.

Studiate le rocce, e concentrando dagli immensi cumuli di terriccio di scarto estratto dalle miniere di carbone, solo quei pochi grammi di minerale che impressionava la lastra chiusa nella macchina, si riuscì ad isolare il primo elemento radioattivo ed i chimici che vi lavorarono lo battezzarono Uranio perché in quel periodo si era scoperto Urano, l’ultimo pianeta del sistema solare. I chimici scopritori dell’uranio e i loro parenti, tra cui Marie Curie, morirono per malattie strane per quei tempi (invece adesso ­ visti i grandi ed incommensurabili miglioramenti che il Potere ci ha regalato in questi ultimi due secoli ­ linfomi, leucemie e tumori maligni sono ai vertici delle cause di morte) ed accusarono, prima della morte inguaribili ustioni, specie alle mani.

Infatti l’uranio poco concentrato delle rocce non arriva a dare lesioni evidenti alla cute delle mani, anche se è sempre radioattivo e potenzialmente è in grado di alterare gli aminoacidi del DNA delle singole cellule. Modificato in tal modo il suo patrimonio genetico quella cellula cambia natura e diventa altra cosa rispetto alla linea dalla quale deriva. Molto frequentemente la cellula irradiata si riproduce in modo caotico e sovversivo. Così dentro un tessuto sano ne comincia a crescere un altro, nuovo ed estraneo, che noi chiamiamo tumore o neoplasia o cancro ecc. Molti di noi ricordano la parata di animali anomali per forma e dimensione che si scoprirono dopo le esplosioni atomiche sperimentali.

Naturalmente le lesioni sono più facili a comparire se l’esposizione all’uranio radioattivo è concentrata, come avvenuto ai morti di Hiroshima e Nagasaki raggiunti dall’onda di calore e dalle radiazioni proprio sotto il punto d’esplosione: quei corpi sono stati completamente bruciati, lasciando sui marmi solo l’impronta, o vaporizzati all’istante. Lo stesso fungo atomico è misura della potenza distruttiva liberata dalla energia dell’uranio nella reazione a catena.

La domanda è una sola: i nostri statisti, uomini la cui saggezza è riconosciuta urbi et orbi hanno già deciso che, per migliorare di un pelo le condizioni della nostra economia, un certo numero di figli di questa patria amorevole e materna, dovrà essere condannata a morte o scappar via dalla Valle.

Né più ne meno come decidevano, nell’Italietta post risorgimentale altri illuminati e sapienti statisti e i loro incapaci generali e duci: fare dei loro figli carne da cannone.
Ritornando alla premessa e parlando dell’Abruzzo dobbiamo notare che i nostri illuminatissimi politici dovrebbero stare molto attenti a scegliere tra l’uovo oggi e la gallina domani. Vogliamo dire che non si può continuare con le dichiarazioni di programmi di sviluppo, anche turistico, centrato tra crescita ad ogni costo e turismo di massa, come si fece nelle Valli alpine tanti anni fa’. Quei modelli sono scoppiati con ogni evidenza sull’arco alpino e la gente, tanto italiana così come austriaca, svizzera o francese, prima di giocarsi tutto il proprio patrimonio per inseguire un sogno che in pochi anni si rivelerà illusorio, vuole almeno assicurarsi per se e per i propri cari una sicura permanenza a casa.

E’ questa prudenza amorevole e questa cura che vorremmo veder crescere nei nostri politici, prima che si diano a lanciare ipotesi fantastiche che, per prima cosa, annullano il patrimonio dell’intera regione.

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