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Il Tibet nella morsa dell’imperialismo cinese
Publie le martedì 18 marzo 2008 par Open-Publishing2 commenti
Il Tibet nella morsa dell’imperialismo cinese
La rivolta del popolo tibetano contro l’occupazione cinese porta una volta di più agli occhi del mondo intero lo stato di soggezione di un territorio che da decenni subisce la presenza militare dell’esercito della Repubblica Popolare Cinese. Geograficamente strategico, dopo la scoperta e la conseguente depauperazione di giacimenti di materie prime essenziali per l’economia cinese, uranio in primis, che hanno ridotto il paese a discarica nucleare, da tempo subisce anche la pressione delle politiche demografiche di sinizzazione condotte dal regime di Pechino, secondo un classico schema di potere imperialista che la Cina ha imposto nell’area dell’estremo oriente fin dagli anni ’60 e che non si fa scrupolo della più feroce repressione.
Il Tibet si colloca così come area strategica nella zona di influenza cinese al pari della Birmania o del Darfur, dove gli interessi cinesi sono tutelati e difesi dai regimi locali tramite una sistematica opera di repressione dei movimenti di lotta. Da anni, del resto, sono evidenti le mire imperialiste cinesi sull’Africa.
Una grande disponibilità di liquidità finanziaria consente alla Cina di porsi come paese investitore in grado di giocare sugli scenari internazionali sostenendo progetti industriali in Sud Africa come in Venezuela, in Sudan come nell’Indocina, entrando in accordi di gestione dei corridoi delle materie prime dal Mar Caspio alle sue aree industriali del sud-est, ponendosi in quell’area come grande competitore al pari di Russia, USA e potenze locali come Iran ed India, come gendarme anti-islamico del Patto di Shanghai.
Ma il gigantesco surplus finanziario cinese è il frutto di decenni di accumulazione assicurata da quella seconda via dello "sviluppo parallelo" (i profitti dell’agricoltura investiti nella industrializzazione), seguita dai dirigenti cinesi tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, che è consistita nello sfruttamento dei lavoratori cinesi, e di determinazione, appropriazione e gestione del sovrappiù da parte dello Stato cinese che non ha disdegnato di usare e pratica ampiamente oggi la repressione aperta.
In realtà in Cina non vi è stata alcuna transizione al comunismo, non è andata al potere nessuna tecnoburocrazia, ma abbiamo assistito in 60 anni alla gestione capitalistica di stato da parte di un rigido centralismo burocratico che oggi gestisce la transizione al capitalismo nella forma più selvaggia, senza per questo effettuare il passaggio ad un assetto politico da democrazia occidentale.
La tragedia del Tibet e del suo popolo sono tutt’uno con la tragedia dei lavoratori cinesi, vittime del dominio statale della Repubblica Popolare Cinese, in nome... del popolo!
Per la liberazione del Tibet, per l’autodeterminazione del popolo tibetano, per l’autonomia dei lavoratori del Tibet e della Cina!
Segreteria Nazionale
Federazione dei Comunisti Anarchici
Messaggi
1. Il Tibet nella morsa dell’imperialismo cinese, 18 marzo 2008, 16:52, di mazzetta
sarebbe più utile e corretto notare che gli investimenti occidentali in Birmania superano quelli cinesi e che il petrolio del Sudan non finisce solo in Cina, ma anche in Occidente.
Metà delle concessioni è di paesi occidentali e la consociata di Petrochina che opera nel paese è compartecipata da BP.
Questo senza considerare che nel board di Petrochina siedono personaggi come l’italianissimo Bernabè, che per gli Stati Uniti il Sudan è "alleato fondamentale nella War on Terror" (Cia dixit) e che le stragi in Darfur sono scoppiate dopo un attacco militare al governo da parte di due movimenti sostenuti dal Ciad e attraverso questo dalla Francia. Non va dimenticato che anche Libia ed Egitto agiscono come fattori di destabilizzazione dell’area.
Non va dimenticato inoltre che stragi sono corso in Ciad, Repubblica Centrafricana e Somalia, tre paesi scossi da due guerre interne e da una invasione per mano della dittatura etiope...e che in questi tre paesi si sono già "prodotti" un altro paio di milioni di profughi, per lo più vessati dalle rispettive autorità di riferimento.
Mi sembra che più del pericolo dell’imperialismo cinese, esista quello di buttare il cervello all’ammasso dietro alla propaganda mainstream; ci sono 3 teatri di guerra che affogano nella tragedia gestiti direttamente dall’Occidente, che in quanto a sfruttare gli operai cinesi (e non) ha definito gli standard e ancora continua, visto che la recente proposta di dare qualche diritto e qualche protezione ai lavoratori cinesi ha scatenato la ribellione delle aziende occidentali che producono in Cina.
Unirsi alla creazione del "pericolo giallo" alternativo a quello "islamico", mi pare poco accorto; una cosa è sostenere le legittime rivendicazioni dei tibetani, un’altra è contribuire alla creazione di un nuovo "nemico" dell’occidente e porgerlo come strumento di dominio alle elite nostrane.
L’analisi proposta mi pare parziale e viziata da parecchi errori fattuali, non sarà bevendo la realtà parziale veicolata dal mainstream, che si faranno passi avanti nell’analisi e ancor meno nella lottaa
1. Il Tibet nella morsa dell’imperialismo cinese, 20 marzo 2008, 18:07
E’ il tuo commento ad essere parziale.
Il fatto che esistano delle precise responsabilità degli imperialismi europeo e statunitense su ciò che accade nelle aree devastate dalle guerre, non deve esimere dal mettere in luce la natura imperialista dell’aggressione del Tibet da parte del capitalismo di Stato cinese.
Lo sfruttamento da parte della Cina delle risorse energetiche tibetane, unitamente, in tal senso, alla necessaria repressione delle popolazioni locali, non è dissimile dal comportamento europeo e statunitense nelle altre aeree del mondo. Comportamenti che hanno l’unico intento di garantirsi, attraverso l’aspropriazione autoritaria di interi territori, le risorse energetiche necessarie al dominio del capitale, pubblico o privato che sia.
Non è denunciando solo l’imperialismo occidentale che si fa crescere la capacità di analisi della classe lavoratrice, altrimenti si rischia di cadere al servizio degli imperialismi in erba che si affacciano sullo scacchiere mondiale. E questo non è un bel servizio alla causa della liberazione del mondo dall’autorità dei poteri del capitale e degli stati.
zatarra