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Il caos infinito dei socialisti francesi. Aubry "vince", Ségolène non ci sta
Publie le domenica 23 novembre 2008 par Open-PublishingIl caos infinito dei socialisti francesi. Aubry "vince", Ségolène non ci sta
di Daniele Zaccaria
Quarantadue schede di differenza su 150mila voti, 50,02% contro 49.98%: la linea d’ombra che separa vincitori e sconfitti stavolta è sottile come un’ostia, ma tagliente come la lama di un rasoio. E rischia di spappolare quel che resta dell’esangue partito socialista francese. E pensare che, dopo l’inglorioso fiasco del Congresso di Reims, il ballottaggio tra Martine Aubry e Ségolène Royal doveva essere l’ultimo atto di uno psicodramma che si protrae da mesi, doveva in sostanza restituire una leadership chiara a un partito devastato dalla guerra senza quartiere tra correnti e sottocorrenti. Doveva, ma non è andata così. Anzi, si è verificato il peggiore degli scenari possibili, quello che alla vigilia un po’ tutti i militanti temevano come la peste.
Formalmente Aubry è la nuova segretaria del Ps, di fatto il duello rusticano con l’odiata Ségolène andrà ancora avanti ancora per giorni. Almeno fino a martedì pomeriggio, quando il Consiglio nazionale dovrà ratificare l’esito del voto, sempre ammesso che riuscirà a farlo. Anche perché Royal non ha affatto accettato i verdetti del ballottaggio; al contrario ha dununciato a gran voce frodi, imbrogli e irregolarità di ogni tipo, evocando per l’ennesima volta il «complotto» degli apparati riuniti contro la sua persona e chiede che i militanti ritornino dritti dritti alle urne per rivotare. Inevitabile, persino stucchevole il riferimento alle presidenziali americane del 2000 in Florida, quando per decretare il vincitore tra George W. Bush ci volle più di un mese di conteggi e riconteggi.
Manco a dirlo, Aubry la pensa in tutt’altro modo, rivendicando la legittimità della sua vittoria: «E’ vero, ho prevalso per un pugno di voti, ma il risultato è incontestabile, non esiste alcun motivo plausibile per tornare al voto. Adesso ci vogliono dei comportamenti responsabili per salvare il nostro partito», ha dichiarato a caldo la prima cittadina di Lille. Il problema è che nell’entourage di Ségolène, la parola «responsabilità» provoca veri e propri attacchi di bile, e nessuno sembra minimamente disposto a riconoscere la nuova segretaria. Per avere solo una vaga idea del clima fratricida che aleggia a rue Solferino, bastano le furenti affermazioni di Manuel Valls uno dei principali collaboratori di Ségolène: «Non ci faremo scippare la vittoria e useremo ogni mezzo a nostra disposizione, politico, giuridico e giudiziario. Invito tutti i nostri militanti a una rivolta per annullare una votazione irregolare».
In particolare, vengono contestate le cifre delle federazioni del Nord pas de Calais e della Seine Marittime, la prima è un feudo di Aubry, la seconda un bastione di Laurent Fabius, personaggio caduto in disgrazia tra i militanti ma ancora capace di esercitare grande influenza sui capataz socialisti: «Ci sembra molto strano che Royal sia cresciuta in tutto il paese tranne che in questi due dipartimenti», spiega la giovane deputata Aurelie Filippetti, mentre Julien Dray, un altro agguerrito colonnello di Ségolène, punta l’indice sui «gravi ritardi» con cui le federazioni incriminate hanno consegnato i verbali del ballottaggio: «Di fronte alle evidenti irregolarità i 42 voti di differenza scompaiono, si deve rivotare». Reazione dura, a tratti scomposta, quella dei "royalisti", eppure non sprovvista di logica. E i fatti sembrano confermare i dubbi sull’affermazione di Aubry. Ad esempio il segretario della federazione della Moselle Jean-Marc Todeschini spiegava ieri sera che 12 voti per Ségolène, sono stati attribuiti «per errore» ad Aubry. Se così fosse, lo scarto tra le due aspiranti segretarie sarebbe di appena 18 preferenze. Insomma un autentico pasticcio, che oltre ad alimentare il fiume dei veleni socialisti, evoca lo spettro più temuto dai militanti socialisti: la scissione.