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Il cioccolato uccide

Publie le venerdì 6 febbraio 2004 par Open-Publishing

Alimentazione Ida Sconzo

IL CIOCCOLATO UCCIDE
di Ida Sconzo

Un giorno, forse non tanto lontano, sulle confezioni di snack e merendine troveremo la scritta, in neretto, a caratteri da necrologio "Il cioccolato uccide". Accadrà sicuramente, appena un componente dell’attuale Governo italiano, intraprenderà la sua campagna "tolleranza zero contro l’obesità", seguendo gli Stati Uniti nell’ultima moda di "politica diversiva".
L’idea del cioccolato che uccide è di una signora che sul forum del sito www.alfemminile.com, racconta una tremenda esperienza di vita accanto a un familiare alcolista. Sulle etichette di alcolici e superalcolici, sottolinea la donna, nessuno scrive "Può provocare alcolismo o cirrosi epatica".
Per comprendere le "profonde motivazioni" che hanno spinto Gianfranco Fini, a tirar fuori, dopo due lunghi anni di gestazione, la sua proposta di legge per le politiche antidroga, daremo un’occhiata alle cifre dei decessi provocati da fumo, alcool e droga e le confronteremo:

FUMO

Il fumo causa circa 53mila decessi l’anno, di questi circa 30mila sono causate da tumori ai polmoni. La sigaretta è responsabile di una morte per tumore su sette.
In Italia, ogni anno, otto mila persone muoiono a causa del fumo passivo. Più di 10mila decessi sono dovuti a malattie dell’apparato respiratorio, senza contare quelle provocate da infarti del miocardio e patologie cardio-vascolari.
Secondo recenti dati, oltre 15 milioni di italiani sono fumatori.
Il 12 per cento degli adolescenti fuma, in media, sette sigarette al giorno.

ALCOOL

L’assunzione eccessiva di alcool provoca, ogni anno, il decesso di circa 30 mila persone. Il 10% di tutti i ricoveri ospedalieri è correlato all’uso di alcool. Il 50 per cento degli incidenti stradali è riconducibile all’alcool. Una buona percentuale di alcolisti (4 milioni di forti bevitori e un milione e mezzo di alcolizzati in Italia) è costituita da casalinghe.
Il consumo di alcool è in aumento tra i giovani, soprattutto ragazze. Secondo l’Osservatorio OSSFAD, dell’Istituto Superiore di Sanità, il gruppo d’età più a rischio è quello tra i 14 e i 17 anni.
Le stime dicono che circa cinque mila maschi e 11 mila femmine, bevono più di mezzo litro di vino al giorno, mentre oltre 500 mila maschi e quasi 300 mila femmine consumano birra. L’alcool è la prima causa di morte tra i ragazzi europei. Ogni anni in Europa 59 mila decessi, tra i giovani, sono correlati all’alcool.

DROGA

In Italia, il numero dei decessi provocati dall’uso di droga, ha registrato nel 2002, un decremento del 60% rispetto all’anno precedente. Le vittime della droga sono state, nel 2002, 516 contro gli 822 del 2001.
Nessun decesso è stato correlato allo spinello.
Il fenomeno della diffusione dell’uso di droga non è facilmente quantificabile, ma si può considerare che, fra la popolazione italiana di età compresa tra i 15 e 1 44 anni, il 6% delle persone riferisce l’esperienza d’uso di cannabinoidi; l’1% di cocaina; lo 0,5% di oppiacei; lo 0,2% di ecstasy e allucinogeni e lo 0,1% di anfetamine.
Lo scorso anno 1.100 giovani (fino a 18 anni) hanno avuto "contatti" con i diversi Servizi della Giustizia Minorile, per uso di sostanze stupefacenti, il 74% è di nazionalità italiana. La principale sostanza d’abuso, tra i minori in carcere, è la cannabis (77,6%); seguono oppiacei e cocaina (7,8%). Più dell’80% dei giovani militari, che fanno uso di sostanze illegali, consuma cannabinoidi.

IL DDL FINI

Il ddl voluto da Gianfranco Fini abolisce la distinzione fra droghe leggere e droghe pesanti: spinelli uguale a eroina, ecstasy, cocaina. Punisce con sanzioni amministrative o penali, in base alla quantità di droga in possesso del trasgressore. Non ci sarà più (se il Parlamento lo tramuterà in legge) la "modica quantità" definita dalla legge del 1975, e la "dose minima giornaliera" stabilita dalla successiva legge del 1990. Con la mancata definizione di quantità e dose giornaliera, la differenza tra carcere e multe, sospensione di patente, passaporto, porto d’armi o permesso di soggiorno, dipenderà soltanto dalle famose "tabelle" che classificano soltanto in base alla quantità a prescindere dalla tipologia. Le tabelle non fanno riferimento alla "quantità di sostanza" ma alla quantità di "principio attivo".
Presto troveremo in vendita nelle farmacie il "kit del piccolo chimico drogato" un mini laboratorio con tanto di provette e bilancino, indispensabile per calcolare il peso molecolare del "principio attivo".
Tabelle e tetti hanno già scatenato polemiche: 500 milligrammi di cocaina non costeranno la galera, anche se la legge precedente fissa la dose minima a 150 milligrammi. Per quanto riguarda il principio attivo della cannabis, il tetraidrocannabinolo, viene tollerato fino a 250 milligrammi. Come farà lo studente a calcolare quanto tetraidrocannabiolo contiene uno spinello? "Rassicura" il Prefetto nazionale antidroga: "Le sanzioni penali scatteranno se si è in possesso di almeno 10 spinelli". In pratica cadrebbe anche la distinzione fra "uso e spaccio" di sostanze stupefacenti.
Superato il tetto stabilito dalle tabelle, potrebbe scattare il carcere da sei a vent’anni, con l’alternativa delle Comunità di recupero che diventeranno (forse) indipendenti dai Ser.T e potranno fare le diagnosi di tossicodipendenza.
Le statistiche relative al 2002 ci dicono che "si registra un lieve decremento dell’utenza nelle Comunità terapeutiche e un aumento nei Ser.T.
Se il ddl passerà, le comunità in crisi potrebbero ritrovarsi piene di poveri cristi che hanno "fumato" e prenotate, per gli anni a venire, come gli alberghi di Amalfi.
Certo cocaina e canna non sono proprio la stessa cosa ma, a quanto pare, le associazioni scientifiche che si occupano di questi problemi, non sono state interpellate.

LE REAZIONI

Marco Pannella, non ci sta e definendo il ddl Fini "una proposta degna di un paese totalitario" afferma: "In questo paese, da quarant’anni, si fuma hashish liberamente. Ormai c’è proprio una cultura della droga libera. Hanno fumato i nonni e ora fumano i padri e i figli. Per questo la proposta è dissennata e inutile. Cosa accadrà nelle aule di giustizia? Quante migliaia di italiani verranno processati ogni giorno?". I radicali dicono che l’atteggiamento del Governo è degno dei più integralisti "talebani" e si preparano a "operazioni di dissenso civile" e a presentare un referendum contro la "Legge" Fini. "Qualora questo ddl dovesse tramutarsi in legge e comparire sulla Gazzetta Ufficiale, entro il 15 giugno 2005 - ha dichiarato Marco Pannella - gli italiani saranno chiamati a esprimersi".
Le associazioni antiproibizioniste, nei loro interventi, fanno notare che le droghe sono generalmente classificate in funzione alla loro attitudine a generare dipendenza fisica e psichica e considerate quindi, pericolose se rispondono a questi due criteri.
"La cannabis - spiegano i giovani del C.S.O.A. Pinelli - è stata inserita in questo gruppo di sostanze, anche se ben lontana da produrre effetti paragonabili a quelli generati da eroina, alcool o tabacco. Gli effetti negativi della cannabis sono insignificanti rispetto all’intossicazione da alcool. Le statistiche sugli incidenti stradali attribuiscono circa 500 mila incidenti l’anno all’abuso di alcool e nessuno all’uso della canapa. L’esperienza antiproibizionista americana ci ha insegnato che proibire l’uso dell’alcool e della cannabis non ha fatto altro che alimentare il mercato nero e la mafia locale".
Franco Corleone, presidente di Forum Droghe, definisce il ddl Fini "una legge fascista sul serio"e dice: "I cardini della proposta Fini sono chiari nella loro rozza semplicità: drogarsi è un male, un disvalore verso cui lo Stato deve esercitare una tolleranza zero e siccome si deve stroncare alla radice un comportamento immorale, non si può accettare di convivere e praticare politiche di riduzione del danno. Da questi principi discende il no alla distinzione tra le diverse sostanze, la demonizzazione del metadone e l’esaltazione delle Comunità, in specie quelle autoritarie e chiuse, a spese del ruolo dei Ser.T.
La scelta di punire il consumo, perché non si riuscirebbe a colpire lo spaccio, è il tocco più assurdo, ma dalle conseguenze più drammatiche".
Nei confronti delle sanzioni penali Corleone avverte: "Già oggi, che sulla carta, la detenzione di stupefacenti per uso personale è depenalizzata, metà dei detenuti nelle carceri italiane è costituita da tossicodipendenti o condannati per reati correlati. É facile immaginare che cosa potrà succedere con una legge iperpunizionista e in controtendenza con le politiche europee, anche le più moderate".

I PRECEDENTI

Il ministro Sirchia ha più volte ribadito che troppi italiani fanno uso di droghe leggere e in effetti, secondo recenti stime, quattro milioni di italiani fumano spinelli, come altri 40 milioni di europei.
Eppure non sono tanto lontani i tempi in cui, un grande scienziato, noto in tutto il mondo per il suo contributo alla lotta contro i tumori, ministro della Sanità, affermava in pubblico: "Il proibizionismo ha fallito e le droghe leggere non hanno mai ucciso nessuno".
Sembra passato un secolo, ma, soltanto tre anni fa, Umberto Veronesi, intervenendo alla Conferenza Nazionale sulla Droga di Genova, affermava: "Il proibizionismo, com’è storicamente dimostrato, non paga. Non evita i danni per i quali è stato deciso e ne crea altri molto peggiori".
Per quanto riguarda le droghe leggere, il ministro Veronesi aveva confermato che in Italia si cominciava a sperimentare la cannabis ad uso terapeutico per i malati di tumore, definendola "sostanza di uso voluttuario". Riferendosi a ricerche epidemiologiche il ministro disse: "Le statistiche affermano che la mortalità, per droghe leggere, è pari a zero, che non danno assuefazione e non rappresentano il tanto temuto, ponte di passaggio, alle droghe pesanti, in particolare all’eroina.
Secondo il ministro il proibizionismo non ha dato frutti e anzi ha creato mali peggiori: criminalità, mercato nero e prostituzione.
Dati alla mano, il professor Veronesi aveva rilevato: "Il lento e costante calo delle morti per overdose, l’aumento dei malati in carico ai Ser.T, la diminuzione dei tossicodipendenti sieropositivi, di quelli affetti da epatite, l’innalzamento dell’età dei dipendenti da eroina, dimostrano che la tossicodipendenza è una malattia curabile".
Un altro dato - disse Veronesi - deve indurre alla riflessione: "Mentre il tabacco causa 80 mila morti l’anno, l’alcool 30 mila e l’eroina (direttamente o indirettamente) meno di mille, l’ecstasy ne provoca poche unità".
Quel 28 novembre del 2000, a Genova, si vissero attimi di tensione durante la conferenza stampa della Casa delle Libertà (quali libertà?), quando i ragazzi dei Centri Sociali irruppero nella sala al grido: "Gasparri fatti una canna", (forse ne ha fatte troppe, tanto da proporre la famosa legge sul sistema radiotelevisivo). Oggi, dopo tre anni è cambiato il soggetto, (Fini) ma l’invito resta sempre valido.
Il Governo di allora, al gran completo, affermò: "Basta con il carcere per i drogati". Pochi mesi dopo, Veronesi riaccese gli animi e le polemiche dichiarando che il 50% degli studenti, come il 50% degli insegnanti, si fa lo spinello. Il ministro disse che, la strada per combattere la diffusione della droga, sta nella capacità degli adulti di creare nei ragazzi interessi diversi, una scuola più vivace, in cui si faccia attività sportiva, artistica, musicale e teatrale.
Per capire il fenomeno, affermava Veronesi, è necessario fare opportune distinzioni fra le diverse droghe.
Riguardo allo spinello il professore disse: "Credo sia da 30 anni che i ragazzi lo fumano. Nelle scuole il 50 per cento se lo fa o se lo è fatto una, due o tre volte almeno. Bisogna difendersi dalla droga come dal fumo delle sigarette che rappresenta una vera catastrofe".
Gli insegnanti insorsero. Qualcuno capitolò, raccontando ai giornali la sua prima canna, mentre gli studenti esultavano e si dichiaravano contenti.
Maurizio Gasparri dichiarava: "Uomini come Veronesi rappresentano un pericolo per la salute pubblica ed è ora che cessino dalle attività politiche e da ogni tipo di attività", mentre Carlo Giovanardi, allora vice presidente della Camera, disse che il ministro della Sanità era ubriaco.
Dopo neanche un mese, Veronesi provoca l’ennesimo vespaio affermando - da medico, prima ancora che da politico - : "Lo spinello? Non lo vedo come un grandissimo guaio, dal punto di vista medico non è un gran disastro".

I PAESI BASSI

Nei Paesi Bassi, dopo vent’anni di legalizzazione, si registrano meno morti per droga e meno tossicodipendenti. Il numero dei consumatori di cannabis, nonostante la vendita legale, è molto basso rispetto ad altri paesi ed è simile a quello della Germania, anche se questa nazione ha utilizzato, fino a pochi anni fa, una politica repressiva.
La legalizzazione, decisa negli anni 70, non ha provocato un aumento nell’uso delle droghe leggere e soltanto una minima parte dei consumatori di droghe leggere è passata alle droghe pesanti.
Alcune stime dimostrano che il numero di tossicodipendenti nei Paesi Bassi (1,6 su mille abitanti) è relativamente contenuto, rispetto alle medie europee (2,7 su mille). La percentuale è notevolmente più bassa rispetto a Francia (2,5), Gran Bretagna (2,6), Italia (3), Spagna (3), Svizzera (5,3), Portogallo (4,5), Grecia (3,5).
Il numero di dipendenti da eroina, sotto i 21 anni, è relativamente basso, anche il numero dei decessi dovuti a overdose è molto contenuto. Un rapporto delle Nazioni Unite riferisce che nel 1991 morirono per droga nei Paesi Bassi 42 persone, in Belgio 82, in Danimarca 188, in Francia 411, in Germania 2.125, in Italia 1.382, in Inghilterra 307 e in Spagna 479.
Negli Stati Uniti, paese in cui vige una politica di feroce repressione, i morti per droga, nello stesso anno, furono 5.830.
Nei Paesi Bassi, anche la percentuale di tossicodipendenti malati di AIDS è relativamente bassa: per l’accessibilità agli organi di cura, i sistemi di cambio delle siringhe, le campagne d’informazione.

LA LEGA ITALIANA PER LA LOTTA CONTRO L’AIDS

Alla proposta di legge Fini, la LILA risponde:
"La persona deve essere al centro di qualsiasi politica in tema di sostanze stupefacenti.
Eliminare la distinzione tra droghe diverse, dai differenti effetti e conseguenze sulla salute, è un’operazione demagogica che non tiene conto delle evidenze scientifiche e delle realtà del fenomeno.
Criminalizzare il consumo è un’operazione pericolosa in quanto contraddice le evidenze delle scienze sociali e delle consolidate esperienze internazionali sulla proibizione come fattore di allontanamento dalla consapevole modifica dei comportamenti, di produzione di emarginazione sociale, di spinta alla microcriminalità, di attrazione dei consumatori nel circuito carcerario.
Ancorare la politica all’obiettivo unico dell’astinenza e dell’abbandono del consumo è un’operazione cieca: anni di politiche antiproibizioniste non sono serviti a sconfiggere la produzione e il traffico di sostanze, che anzi ha prosperato rendendo le sostanze "illegali" e nello stesso tempo liberamente reperibili sul mercato, gestito dalle associazioni criminali, nè hanno avuto l’effetto di eliminare il consumo, prevenire e contrastare la trasmissione dell’Hiv.
La nuova politica in tema di droga del governo non può che trovarci in disaccordo perché propone il peggio dell’arsenale proibizionista.
Le strategie di riduzione del danno, nate nella Gran Bretagna della Tatcher e fatte proprie anche dai conservatori spagnoli di Aznar, in Italia restano un tabù.
La salute non ha colore politico, ogni intervento in grado di tutelare una persona, salvarle la vita, eliminare il rischio che contragga malattie, deve essere valutato per i risultati che consegue, sapendo che la salute della singola persona è garanzia per la salute dell’intera collettività. Non tenere conto di questo, come fa la nuova politica del governo, produce solo danno, alle persone e alla collettività".

LE NARCOMAFIE

"Prosperato grazie al proibizionismo, il traffico di droga è tuttora l’attività più redditizia delle mafie (1000 miliardi di dollari l’anno, secondo le stime della Banca mondiale). Gli Stati occidentali hanno cercato di reprimerlo - salvo servirsene per scopi politici o militari - ma ne hanno anche favorito l’espansione con le zone franche della globalizzazione neoliberista".
Con questa frase, Umberto Santino, apre il suo "Speciale Droga" sul sito di "Narcomafie" (www.narcomafie.it), la rivista fondata e diretta da Don Luigi Ciotti. Lo Speciale di Santino ricostruisce il percorso, delle famiglie mafiose (siciliane e nordamericane) fin dalla fine degli anni 50, quando Cosa Nostra, entrò nel mondo dei narcotraffici internazionali.
Tutto cominciò con un summit tenuto a Palermo nell’ottobre del 1957, al quale parteciparono boss del calibro di Giuseppe Genco Russo, Joe Bonanno, Lucky Luciano. Le famiglie siciliane fornivano la droga alle consorelle americane che avrebbero avuto il monopolio in USA e Canada, fino agli anni 70, quando la direzione passa ai siciliani.
Scrive Umberto Santino: "... la lievitazione dell’arricchimento ha scatenato appetiti all’origine della conflittualità interna ed esterna, fino al delirio di onnipotenza criminale di Riina e soci, culminato con le stragi di Capaci e Via D’amelio, di Firenze e di Milano. Resta da vedere se queste stragi siano state soltanto il frutto di un delirio o di dinamiche più complesse innescate dai processi di transizione che hanno portato alla cosiddetta "seconda Repubblica".
"Se alla radice di questa stagione di sangue sta l’enorme arricchimento dovuto al traffico di droga, non è difficile individuare nel proibizionismo la causa e l’occasione più propizia per la scalata criminale della mafia e per la traduzione del suo agire in impresa che gestisce, in regime di monopolio o di oligopolio, l’offerta di un bene o servizio illegale con una domanda di massa".
Per ulteriori approfondimenti, rimandiamo i lettori al sito già citato o alla rivista "Narcomafie". Leggendo gli approfonditi articoli sui rapporti "mafia-droga", "droga-politica", e ovviamente, "mafia-politica", si comprende chiaramente il motivo per il quale don Ciotti deve essere protetto da una scorta.

L’alternativa al ddl Fini

Contro il ddl Fini esiste già una proposta alternativa, firmata da decine di deputati, per la depenalizzazione completa del consumo di droga, misure alternative al carcere per i detenuti tossicodipendenti e politiche di riduzione del danno.