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Il declino dell’uomo "privato" - Videosorveglianza ed altri controlli
Publie le sabato 14 luglio 2007 par Open-Publishing1 commento
Il garante per la privacy, Francesco Pizzetti, nella sua relazione al Parlamento, ha lanciato l’allarme. Stiamo perdendo la privacy. Anzi, come ammonisce da molto tempo Stefano Rodotà, l’abbiamo già perduta. I nostri dati personali, ormai, vengono raccolti e schedati da chiunque. Banche, agenzie, associazioni, provider. A ogni transazione bancaria, a ogni passaggio autostradale con il telepass, a ogni acquisto fato con una carta di credito o un bancomat. Siamo rilevati e rilevabili. Rin/tracciabili. Per non parlare dei cellulari. Che tutti possiedono. E usano - senza soluzione di continuità. Dovunque. A casa, per strada, sul lavoro, a scuola, a tavola, in Chiesa, al cinema, in autobus, in auto. Tutti impegnati a parlare da soli. O meglio: con persone lontane, fisicamente. Ma vicine a noi, dal punto di vista comunicativo. Impegnati, sempre più spesso, a trasmettere sms, con linguaggio sincopato.
La rete dei cellulari: rende tutti "tracciabili". Ciascuno di noi, insomma, può essere rintracciato e seguito, un passo dopo l’altro, attraverso i cellulari, da cui non sappiamo più staccarci. Tanto che si stanno sperimentando metodi per ricostruire, in tempo reale i flussi del traffico e i movimenti delle persone nelle città sfruttando il segnale dei cellulari. E che dire della rete? Google dispone dei percorsi internautici di ciascuno di noi. Che conserva e talora usa. Ancora, Google maps permette di scrutare, attraverso il satellite, scene di vita quotidiana fuori porta. Per ora solo in alcune città USA, Ma si sa: le tecnologie viaggiano rapide. Non ci metteranno molto a superare l’oceano. Ad arrivare fino a noi. Così potremmo essere osservati, per strada, in auto, alla finestra... Cellulari e rete, insieme: permettono perversioni senza limite. Il cellulare, mostro polifunzionale, usato per registrare e riprendere scene di vita quotidiana. Anche le più indiscrete e le più turpi. Possono essere trasferite e diffuse sulla rete. Accessibili a chiunque.
Ci stiamo trasformando, a grande velocità, in una società spiata e spiona. Dove diventa "possibile" essere ascoltati e osservati senza saperlo. Ma anche il contrario: osservare e ascoltare senza che gli altri lo sappiano. A livello "alto", d’altronde, avviene già. Molti dei maggiori scandali degli ultimi anni/mesi nascono da "intercettazioni". Non sempre legali. Visto che ad effettuarle erano servizi segreti e agenzie di security, al servizio di grande imprese private. Che utilizzavano gli archivi di gestori della telefonia mobile. Da Calciopoli all’Unipol a Bancopoli, a Vallettopoli. Comunicazioni "private" intercettate e rilanciate sui media. Certo: il bersaglio non è la "gente comune", ma l’ambiente della politica, della finanza, dell’impresa, dello spettacolo. Però, grandi scandali e grandi intercettazioni rammentano che, a maggior ragione, anche i più piccoli possano essere ascoltati e osservati. Ciascuno di noi. Il fatto è che tutto ciò pare non preoccuparci più di tanto. Che stiamo abituando al declino dello spazio privato. L’indagine Demos-coop, pubblicata domenica scorsa sulla Repubblica, rivela che il 22% degli italiani è disposto a farsi controllare la posta e le email; il 35% a consentire il monitoraggio sul proprio conto bancario. In nome della sicurezza.
Ma, soprattutto, quasi 9 italiani su 10 chiedono che "venga aumentata la sorveglianza con telecamere di strade e luoghi pubblici". D’altra parte, le strade e i luoghi pubblici, ormai, stanno diventando un deserto popolato da una "folla solitaria" di individui, ciascuno dei quali sconosciuto agli altri. Non-luoghi insicuri. Per cui, non potendo disporre di poliziotti armati a ogni angolo e a ogni metro di strada, "in nome della sicurezza", chiediamo di essere sorvegliati dovunque. Come ha scritto Eric Heilmann, ormai siamo giunti a una "banalizzazione" della videosorveglianza. Per cui le telecamere spuntano dovunque. Visibili a tutti noi. Ma non ci inquietano. Appaiono come elettrodomestici. Attrezzi e utensili che punteggiano la nostra vita quotidiana. Elementi "naturali" dell’ambiente, di cui non ci accorgiamo. Di cui non negoziamo le condizioni d’uso. Anche "quando" e "se" gli obiettivi monitorati e sorvegliati siamo proprio noi.
Questa banalizzazione delle tecniche e delle tecnologie di controllo pervasivo. Questa abitudine a essere spiati senza saperlo; a osservare senza essere visti. Questo clima di sospetto "normalizzato". Tutto ciò suggerisce un paradosso. In piena era di trionfo del privato e dell’individuo, il nostro privato e la nostra sfera individuale stanno svanendo. Perché siamo sempre in pubblico; siamo sempre pubblico. Ascoltatori e ascoltati. Osservatori e osservati. Spioni e spiati. Allo stesso tempo. In qualsiasi punto della città, in qualsiasi ora del giorno.
Anche adesso, mentre rifinisco questa "bussola" fuori dal mio studio, seduto a un tavolino lungo il Corso, complice la bella giornata. Alzo lo sguardo e sorrido. Perché sono in onda.
(13 luglio 2007)
http://www.repubblica.it/2007/02/rubriche/bussole/uomo-privato/uomo-privato.html?ref=hprub
Messaggi
1. Il declino dell’uomo "privato" - Videosorveglianza ed altri controlli, 14 luglio 2007, 19:04
PROTEZIONE PRIVACY: E’ L’ITALIA IL PAESE DEI BALOCCHI !
L’allarme lanciato dal presidente dell’Autorità per la Privacy, Francesco Pizzetti in occasione della relazione annuale al Parlamento, sul «fenomeno della penetrabilità delle grandi banche dati da parte di chi agisce illegalmente, senza incontrare barriere adeguate, che è esploso con modalità e dimensioni preoccupanti»,che rappresenta “un’ emergenza nella protezione dei dati che ha assunto una dimensione pari ad altre nostre emergenze nazionali, quali quella ambientale, quella energetica, quella infrastrutturale, che tanto negativamente incidono anche sull’immagine del Paese”, è certamente condivisibile.
E senza dubbio condivisibile l’assunto di principio del presidente secondo cui l’appropriazione illegittima dei dati, secondo Pizzetti, «rende meno giusta la giustizia, meno libera la democrazia, meno competitiva l’attività economica e finanziaria, meno credibile tutta la società». Da parte sua l’Autorità continuerà nel suo compito di «tutelare e difendere il cittadino, i suoi diritti, la sua libertà, la sua necessità di vivere e di operare senza essere continuamente controllato e schedato».
Tuttavia la sua relazione appare carente nel non richiedere con forza, integrazioni legislative che prevedano, per la violazione delle banche dati, la sanzione della cessazione dell’attività commerciale, anche mediante revoca di tutte le autorizzazioni amministrative.
In realtà il rispetto dei dati personali e delle banche dati su fatti rilevanti riguardanti la vita delle persone, non appare ancora in concreto vissuto come un diritto inviolabile, che meriterebbe apposita collocazione in alveo costituzionale.
Purtroppo le lobbies delle utilities pubbliche e private, delle aziende telefoniche,elettriche, bancarie, assicurative, detentrici delle banche dati più grandi, molto forti in Parlamento ed in grado di sensibilizzare oltremodo i suoi componenti, non favorisce l’attuazione di norme assolutamente inderogabili dovendosi registrare anzi, una sempre maggiore recrudescenza delle violazioni a danno dei consumatori, che nella stragrande maggioranza dei casi,restano impunite.
Elio Lannutti (Adusbef) - Rosario Trefiletti (Federconsumatori)