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Il dopo-Chianciano: uno o due Prc? Ferrero invoca l’unità. Vendola no

Publie le martedì 29 luglio 2008 par Open-Publishing

Nessuna scissione, ma convivenza forzata. Il nodo delle alleanze col Pd e il caso Calabria. Alle europee con quale simbolo?

Il dopo-Chianciano: uno o due Prc? Ferrero invoca l’unità. Vendola no

Chianciano Terme, delegati al VII congresso del Prc Flavia Fasano

di Angela Mauro

Chianciano, il giorno dopo. Quello che sorge a fatica dopo un congresso così lacerante. Rifondazione comunista elegge il quarto segretario della sua storia. Dopo Sergio Garavini, Fausto Bertinotti, Franco Giordano, arriva Paolo Ferrero con la "mission" più difficile che sia mai capitata da quando è nato il Prc, diciassette anni orsono.

Dalle terme il partito torna a casa spaccato a metà. Al termine di un percorso congressuale tortuosissimo, angustiato dall’amarezza per la debacle elettorale, bombardato dalla battaglia interna a suon di ricorsi e annullamenti di voti, l’ex ministro viene eletto con 142 sì, 134 no, quattro schede bianche, un astenuto. Eletto sulla base di un documento politico, frutto dell’intesa raggiunta tra quattro minoranze diverse e approvato dal congresso con 342 preferenze contro i restanti 304 voti espressi per il documento della mozione 2, quella capeggiata da Nichi Vendola. Di fatto, l’approvazione del documento politico, nella mattinata di domenica, è stato il segnale di fine corsa: per Vendola, che ha subito ritirato la sua candidatura alla segreteria per incompatibilità con il testo voluto dalla maggioranza del partito; per il congresso stesso, avviato verso l’ufficializzazione della candidatura di Ferrero e la sua incoronazione.

L’indomani si presenta difficile, non solo per la maggioranza risicata e variegata che ora governa il partito, ma anche per la scelta dei vendoliani di fare "l’aventino" interno, respingendo al mittente le proposte di gestione unitaria e fondando una nuova "maxi-corrente": l’area di "Rifondazione per la sinistra". E nel giro di 24 ore, sono già arrivati al pettine nodi grossi, come quello sulle alleanze con il Pd a livello locale. Il caso Calabria è lì che bussa alla porta e scava la prima crepa tra la maggioranza nazionale ferreriana e quella regionale vendoliana.
"Rewind", torniamo all’ultima giornata congressuale.

A Chianciano i giochi erano chiarissimi già nella nottata di sabato. Saltato il dialogo tra la mozione 2 e l’area Essere Comunisti della mozione 1, ricompattatasi con il resto dei ferreriani, Vendola e i suoi si erano arresi ad una realtà che li consegnava alla sconfitta. «Non mi riconosco in una "costituente comunista". Se domani viene approvato quel documento, mi ritiro dalla corsa», diceva Vendola, chiacchierando nella hall del suo hotel a Chianciano la notte di sabato. Così è successo, al termine di un appello nominale per il voto chiesto dalla mozione 1: delegato per delegato sul palco a dichiarare la propria preferenza. Clima teso. Vendola convoca una conferenza stampa e le parole sono pesanti. «Si è formata una maggioranza precaria, il cui collante è l’ambiguità», dice il governatore pugliese, annunciando la nascita della nuova area interna «che terrà la sua prima manifestazione a settembre» e che oggi svolge la sua prima assemblea a Roma, alla sede della federazione in via Squarcialupo. Il pensiero va alle settimane passate, ai «1.500 voti annullati» nei congressi di circolo, è il conto dei vendoliani.

E giù con le accuse: «Ci tacciano di leaderismo e plebiscitarismo perchè abbiamo candidato Vendola - osserva Gennaro Migliore - Ma loro hanno giocato a nascondino sul loro candidato segretario, pur sapendo fin dall’inizio chi sarebbe stato...». Rincara Vendola: «Il leaderismo, quello vero che riscontriamo nella storia dei dittatori, nasce dall’apologia della base, dal basismo». E l’ex segretario Giordano si toglie i sassolini dalle scarpe: «La candidatura di Paolo alla segreteria significa che non c’è condivisione collettiva della sconfitta elettorale: dopo il 14 aprile, io mi sono dimesso da segretario e non farò mai più il dirigente. Vorrei lo facesse anche l’ex ministro». La chicca più amara per Vendola? «Le accuse dei compagni del nord a quelli del sud - spiega - Venissero a vedere cosa vuol dire dare battaglia a mafia e criminalità al sud. La cultura leghista è penetrata anche nel nostro partito...». Fratture geografiche (il nord sostanzialmente governato da Ferrero, il sud di Vendola) che si sommano alle altre.

Il resto della giornata di domenica è dei ferreriani. I vendoliani abbandonano la sala del Palamontepaschi prima della proclamazione del nuovo segretario. I sostenitori di Ferrero intonano "Bella ciao" e "Bandiera rossa". Pugni alzati per il nuovo leader. «Io ho ammesso di aver sbagliato, dopo la sconfitta elettorale», si difende l’ex ministro. «C’è una cosa peggiore di sbagliare: perseverare nell’errore». Dunque, per Ferrero Rifondazione cambia. «A sinistra - dice il neoeletto segretario - per un’opposizione non di propaganda, ricostruita dal basso, in autonomia dal Pd». E il tema delle alleanze crea subito scompiglio. E’ convocato per oggi in Calabria il comitato politico regionale che dovrà decidere se rientrare o meno nella giunta Loiero, dopo le dimissioni dell’assessore al Lavoro Nino De Gaetano decise un anno fa in conseguenza delle indagini della magistratura su diversi consiglieri comunali.

L’orientamento del segretario regionale Pino Scarpelli, vendoliano, è di rientrare. «Con Loiero abbiamo svolto un percorso politico sui contenuti, in particolare sulla sanità, che ci consente di farlo», spiega. Ma la nuova maggioranza nazionale emersa a Chianciano è compatta nel dire no. «Non vedo cosa sia cambiato nel giro di pochi mesi per tornare in giunta», dice Maurizio Acerbo. E’ da vedersi se si verificheranno altri "casi Calabria" in giro per l’Italia (seppur con motivazioni alla base diverse dalla questione morale che macchia l’amministrazione Loiero). A sentire Claudio Grassi, leader di Essere Comunisti: «Sulla Calabria non è il caso di tornare in giunta. In generale, nei territori si fanno gli accordi con le altre forze politiche se ci sono le condizioni». Spiega Ferrero: «E’ falso che romperemo tutte le giunte locali. Non l’ho mai pensato, mai detto, non è scritto nel documento di Chianciano. Valuteremo caso per caso». Dice Claudio Bellotti di Falce e martello (mozione 4): «Finora c’è stata una linea generalizzata, decisa a Roma, si davano per scontate le alleanze locali. Secondo me, va cambiata radicalmente, dando facoltà ai territori di decidere a partire dai contenuti».

Forse ancor più delicato delle alleanze con il Pd, è il tema delle europee del 2009. Fosco Giannini della mozione 3 è netto. «Non abbiamo deciso di appoggiare Ferrero per delle prebende - spiega l’esponente dell’Ernesto - lo abbiamo fatto perchè è stato accolto un punto sostanziale della nostra proposta politica: la riaggregazione delle forze comuniste e anticapitaliste». Diliberto sotto il simbolo di Rifondazione? «Se c’è la volontà politica, si può arrivare anche a un simbolo composito - è la risposta di Giannini - ma io non penso solo al Pdci, penso anche a Ferrando, a Sinistra Critica e tutte le forze comuniste che potrebbero formarsi da qui alle europee». Grassi non la vede allo stesso modo. «Simbolo composito? Non vorrei che dalla Sinistra Arcobaleno passassimo all’Arcobaleno dei comunisti - dice - Il documento approvato è chiaro: simbolo del Prc, le nostre liste aperte a comunisti, esponenti di movimento...». Identico il tono di Bellotti: «Simbolo e liste nostri. Non c’è storia».

Di scissioni non se ne parla, in nessuna delle aree del partito. Ma fino alle europee di strada ce n’è. I vendoliani non fanno mistero della loro intenzione di dar fiato subito ad una costituente della sinistra (che potrebbe anche significare corsie separate alle urne) e lanciano un appello a «nuove iscrizioni» per irrobustire la loro area. Anzi, all’indomani della sconfitta di Chianciano, si consolano con la condizione di «maggiore libertà» nel partito: vincere con una maggioranza risicata, è il ragionamento di "Rifondazione per la sinistra", avrebbe significato avere le mani legate sulla linea politica, così invece si è svincolati. I ferreriani invocano l’unità del partito. Giovanni Russo Spena parla di «offensiva unitaria in autunno», la nuova maggioranza infatti ha già indetto un «nuovo 20 ottobre», in ricordo della manifestazione dell’anno scorso sulle "delusioni" del governo Prodi.

E ancora. L’ex presidente dei senatori del Prc insiste sulla «segreteria unitaria: se ci sarà un rifiuto, la riuniremo con una "sedia vuota"». Per Grassi, si tratta di «sviluppare un’iniziativa sulla base del documento approvato e discutere con i compagni della 2 i modi per tenere unito il Prc». Passi ne sono stati compiuti, continua Grassi, «il presidente del collegio di garanzia è del secondo documento, il tesoriere resta alla 2». Da parte loro, i vendoliani non confermano di aver formalmente accettato la proposta sulla tesoreria, ma sono netti sul rifiuto a entrare negli organismi dirigenti. «La segreteria deve operare per applicare la linea politica, è giusto che ci entri chi quella linea l’ha votata», spiega Migliore. Di segreteria e assegnazione degli incarichi si discuterà solo a settembre e c’è da scommettere che le vacanze non cambieranno l’attuale clima di convivenza forzata.