Home > Il dopo-Urbani
Dopo l’approvazione del decreto che prevede un forte inasprimento delle 
sanzioni per chi scarica film da Internet, sempre piu’ utenti stanno 
iniziando a utilizzare software che crittografano i dati scambiati nei 
circuiti peer to peer. Intanto negli Usa l’Fbi mette il proprio logo su 
Cd e Dvd...
[ZEUS News - www.zeusnews.it - News, 18-03-2004]
a doccia fredda per i detrattori dell’italico bollino Siae. Ma va nella 
direzione verso la quale si è orientato anche Consiglio dei ministri 
con l’approvazione il 12 marzo del decreto Urbani, che prevede un forte 
inasprimento delle sanzioni per chi scarica film da Internet.
  Negli USA il Federal Bureau of Investigation (la mitica FBI) ha dato 
la disponibilità ad apporre su CD e DVD il proprio logo. Lo scopo di 
questa decisone sta nel sensibilizzare il grande pubblico contro la 
duplicazione abusiva di materiale protetto da copyright.
  Il motivo è di carattere pratico: ogni anno sempre più risorse 
dell’ente investigativo sono spese a combattere questo fenomeno, senza 
però grandi risultati. Eppure negli Stati Uniti la duplicazione abusiva 
di materiale protetto da diritto d’autore avendone un profitto fa 
rischiare grosso: fino a 5 anni di carcere e una cospicua sanzione 
amministrativa.
  Tanto per fare un esempio costituire un associazione segreta (tipo la 
P2) nel nostro paese è punito con lo stesso tipo di pena. Invece 
duplicare materiale protetto da diritto d’autore a fini di profitto 
comporta "solo" 3 anni di carcere. La situazione ricorda molto le gride 
di manzoniana memoria: pene severissime in realtà mai applicate.
  In America invece sta accadendo un finimondo. Purtroppo un esempio è 
dato dal caso di Adelita Schule. Adelita non è un pericoloso hacker od 
una trafficante internazionale di musica e film. Adelita è una ragazza 
madre che vive insieme al figlio di 5 anni in un alloggio di case 
popolari, sopravvive con un sussidio concesso dal governo e sta 
cercando di terminare gli studi.
  Adelita è molto povera: tutto quello che possiede sono 180 dollari. 
Eppure è stata citata in giudizio dalla RIAA (Recording Industry 
Association of America) per aver scaricato musica condivisa in rete da 
altri utenti con programmi per il file sharing.
  La notizia, rimbalzata su Internet grazie all’avvocato d’ufficio che 
difende gratuitamente la stessa Schule, è stata data dal sito 
Downhillbattle che ha anche organizzato una sottoscrizione in favore 
della ragazza.
  Quello di Adelita non è, purtroppo, un caso isolato. Negli USA decine 
di famiglie sono già andate letteralmente in bancarotta di fronte alle 
cause legali che le associazioni dei produttori multimediali hanno 
scatenato sotto il cappello del Digital Millennium Copyright Act per 
aver usato programmi di file sharing.
  Per questo motivo è nata l’ultima generazione di client per il P2P, 
come Mute. La novità di questo programma è che cifra i dati scambiati 
con algoritmi "forti" come Blowfish o RSA. Così facendo diventa 
praticamente impossibile per un terzo incomodo vedere che cosa due 
utenti si stanno scambiando.
  Inoltre è anche estremamente difficile risalire a chi è collegato: 
vengono adottate infatti tecniche di mascheramento dell’indirizzo IP. I 
pacchetti girano attraverso una serie di nodi civetta in modo da 
occultare il mittente e l’identificazione degli utenti avviene 
attraverso un numero casuale.
  Per minimizzare i ritardi che si vengono inevitabilmente a creare con 
questo meccanismo il programma usa un calcolo probabilistico per 
determinare l’instradamento più rapido tra due nodi. E’ per queste 
ragioni che Mute sta guadagnando rapidamente popolarità.
  Cosa ci riserva il futuro del P2P? Difficile da dire, ma quello che è 
certo è che ne vedremo delle belle i prossimi mesi.




