Home > Il fallimento del Doha Round
Il Doha Round era nato dopo l’11 settembre per liberalizzare il commercio mondiale e combattere gli stati che Bush decretava “canaglia”, alla luce della grande affermazione dell’imperialismo americano.
Dopo 5 anni di tentativi, il Doha Round chiude per fallimento. Il 1° tassello del neoliberismo mondiale imposto da Bush è fallito. Doveva rappresentare l’imposizione sul mercato del modo americano di fare economia e di fare finanza. In un certo senso la Costituzione Europea e la Banca Europea sono le figlie di questo sistema e dovrebbero fallire con esso.
Il Doha Round doveva essere uno dei mezzi con cui gli USA confermavano la loro egemonia sul mondo, la vittoria della speculazione finanziaria a scapito dei diritti dei più deboli. E ora chiude, mentre il deficit americano diventa gigantesco e il dollaro sempre più fragile, con un’onda di fallimenti e di nuove povertà che sconvolge il paese che voleva essere il più forte del mondo.
Perché di fronte a questo fallimento, non dovremmo riconoscere che la strada neoliberista imboccata dall’UE è fallimentare anch’essa? Perché dovremmo essere costretti anche noi a un vicolo cieco?
Le grandi multinazionali hanno creato un mercato condizionato fortemente dalla deregulation delle Banche e della Borsa e aiutato enormemente dai grandi organismi internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario e l’Organizzazione Mondiale del Commercio (la Banca Europea fa parte di quest’ordine mondiale).
Il neoliberismo era, con l’alibi della democrazia e del libero mercato e la scusa del terrorismo, il dominio sul mondo della grande oligarchia finanziaria internazionale, principalmente europea e statunitense che, ovunque abbia le sue sedi, si riconosce solo come la patria del capitale e della speculazione finanziaria. Lo stesso iter della globalizzazione ha concentrato sempre più il capitale mondiale in sempre meno mani che intendono controllare tutte le risorse planetarie, in totale rinnegamento sia della sostenibilità del pianeta che dei diritti dei popoli.
Inizialmente il Doha Round era un club di pochi paesi industrializzati dominati da USA e UE (Gatt), ma le cose si sono complicate con l’arrivo di nuove potenze, Cina Brasile, India, unioni sudamericane… A un certo punto le imposizioni dei paesi occidentali ricchi hanno trovato una resistenza sempre più aspra, anche perché la cosiddetta globalizzazione non ha affatto migliorato le condizioni dei paesi più poveri aumentando miseria, dipendenza e guerra e impedendo di fatto le loro esportazioni. Il Doha Round, così, ha cominciato a collezionare una serie di insuccessi (Cancan, Hong Kong…) fino al completo fallimento di oggi..
La debolezza del dollaro e il fallimento della politica estera degli USA ha fatto fallire un sistema che voleva basarsi proprio sul dollaro e che colpiva come stato canaglia qualunque paese tentasse di sottrarsi al predominio americano, bloccandolo con la guerra o con le imposizioni commerciali e i dazi. Proprio i grandi fondi di investimento hanno diversificato gli investimenti in merci, metalli e titoli energetici, per sfiducia nel dollaro. La finanza infine si è arrotolata su stessa suicidandosi con gli stessi strumenti fuori controllo con cui aveva varcato ogni limite di sostenibilità. I subprime, come la crisi dei mutui o il fallimento delle grandi banche americane, sono la conferma dell’implosione di un sistema corrotto che ha fondato sull’anarchia e sulla megalomania la sua stessa sopravvivenza.
Oggi non fallisce solo il Doha Round ma tutta la vecchia economia e la vecchia finanza.
Gli Usa hanno predicato al limite dell’ipocrisia di un mercato libero assolutamente inesistente, che loro stessi hanno incatenato con l’imposizione di sovvenzioni interne e di dazi ai paesi emergenti e con una economia portata con le armi.
Un vero libero mercato imporrebbe il divieto di sovvenzionare con soldi pubblici i produttori interni, ma gli Stati uniti hanno sempre sostenuto la propria agricoltura con sovvenzioni imponenti, i soli i produttori texani di cotone hanno avuto in 4 anni 15 miliardi di dollari e hanno potuto vendere a prezzi concorrenziali distruggendo i produttori di cotone sub-sahariani. E là dove sono state concessioni all’export, sono state condizionate a massicce importazioni di merci americane.
Oggi questi ricatti sono stati respinti.
La ricchezza degli USA si è costruita sulla miseria dei paesi del mondo. Il fallimento del Doha Round è il fallimento degli Stati uniti.
Il fallimento del Doha Round si aggiunge a quello di Seattle e segna anche il fallimento del WTO, la potente organizzazione del commercio che sta stritolando il mondo nella morsa del neoliberismo.
Ma sempre più paesi sfuggono ai suoi ordini e stipulano accordi bilaterali o si uniscono (come i paesi sudamericani produttori di gas) in accordi scelti da loro stessi contro le strategie USA.
Oggi gli USA stanno sfiorando la bancarotta, non sono più la maggiore potenza del mondo, altri paesi, come la Cina o l’India o le unioni sudamericane si fanno avanti con i loro diritti. E l’economia globale, il mercato del mondo, non può essere più solo ciò che gli USA impongono.
Al Doha Round è stato chiesto agli USA di aprire le frontiere doganali e incentivare l’import/export dei paesi in via di sviluppo. Bush ha rifiutato ma nessuno ha ceduto, in particolare l’India che vuol difendere i suoi prodotti agricoli, e il Doha Round ha chiuso i battenti.
La realtà è che il libero mercato mondiale non era un’utopia ma una balla che serviva solo a favorire gli interessi dei paesi militarmente più forti. La verità è che ogni paese occidentale sarebbe stroncato dall’arrivo di merci africane o cinesi a prezzi ridicoli e un vero mercato libero non lo vorrebbe mai.
Oggi le cose vanno molto male per l’impero di Bush. Il Pil americano è sceso dal 5,6 al 2,5 e si profila una pesante recessione che potrebbe essere il più grande crack economico dell’economia mondiale. Se poi la Cina mettesse fuori l’enorme massa i dollari americani che detiene, del grande imperialismo americano non resterebbe tanto da raccoglierlo in un cucchiaino.
E’ ovvio che la liberalizzazione degli scambi commerciali darebbe un potere enorme alla Cina che produce a costi bassissimi e che cresce del 12% tanto da poter mettere fuori gioco il mercato del mondo. L’America è un paese sempre più dipendente dalla Cina: la Cina possiede riserve valutarie in dollari pari a 925 miliardi, e il deficit commerciale statunitense verso la Cina sta arrivando a 220 miliardi. Lo scenario è apocalittico.
La vecchia economia cinese “comunista” è diventata la più grande economia “capitalista” del mondo e là si dirigeranno gli investimenti dei grandi fondi di investimento, disertando l’America.
Ma il sistema della finanza mondiale è interconnesso, se crolla uno, crolla anche l’altro. Se crolla il sistema americano le conseguenze non sono prevedibili.
Stiamo assistendo a gigantesche manovre su uno scenario internazionale di grande potenza che potrebbero cambiare il peso di quelli che sono ora i burattinai del mondo..
E’ ora di interpretare l’Apocalisse in modo nuovo.
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