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Il governo brasiliano resiste, asilo politico per Cesare Battisti

Publie le martedì 3 febbraio 2009 par Open-Publishing

Il governo brasiliano resiste, asilo politico per Cesare Battisti che a breve uscirà dal carcere

di Angela Nocioni

Cesare Battisti uscirà a breve dal carcere. Improbabile un ripensamento del governo brasiliano, che ha deciso di concedergli l’asilo politico. E’ ancora possibile che la situazione si ribalti? Tecnicamente sì. Il tribunale supremo brasiliano potrebbe contraddire la scelta del ministro della giustizia, che ha accolto la richiesta di asilo, e mettersi così in netto contrasto con il governo. Si aprirebbe una crisi istitituzionale. Molto grave, inedita e costruita su un caso, visto dal punto di vista brasiliano, assolutamente marginale. Difficile che accada.

In Brasile, a parte gli attivissimi amici di Battisti (che lo difendono) e la stampa ostile a Lula (che lo attacca) nessuno si accalora per questa vicenda.

Non è comprensibile, per il senso comune brasiliano, che qualcuno dopo tanto tempo possa essere rispedito in galera al suo Paese per fatti di sangue compiuti trent’anni fa. Ma non perché qui si abbia un interesse particolare a chiudere, o a tenere aperta, la questione dei nostri anni di piombo: non frega niente a nessuno in Brasile, a parte la comunità dei rifugiati e un esiguo numero di intellettuali, dei nostri anni di piombo.

Semplicemente, per il senso comune brasiliano, non risulta ovvio perché un tizio qualsiasi, che sta qui, libero e apparentemente innocuo, debba essere spedito all’ergastolo a casa sua. Nessuno ha voglia di imbastire grandi discussioni sul caso, l’argomento non fa breccia, quindi è politicamente poco spendibile. Perché gli avversari di Lula dovrebbero rompersi l’osso del collo su questo?

Per legge, oltrettutto, la concessione dell’asilo estingue il processo per l’estradizione. Quindi l’opposizione a Lula può sì contestare, e non le mancano argomenti tecnici, la decisione del ministro Genro. Ma le risulta complicato fare di questo caso un cavallo di battaglia. La gente non la seguirebbe.

Il caso monta solo sui giornali. Nella maggioranza contrari al governo. Quindi, per chi legge, sai che novità. E anche lì non può durare in eterno.

Altra possibilità: potrebbe teoricamente accadere che il presidente Lula cambi opinione, contraddicendo il senso esplicito della lettera a Giorgio Napolitano in cui ha appoggiato la scelta del suo ministro.
Lula, improvvisamente preoccupato dei titoli sui giornali, potrebbe lavarsi le mani del caso Battisti facendo ricadere sul tribunale la decisione finale. Ma perché dovrebbe? Non ha alcun interesse né personale né politico a rispedire Battisti in Italia. Potrebbe convincerlo la piega polemica degli editoriali di O globo o de la Folha de Sao Paulo? E perché mai? Gli fanno la guerra da sempre e nonostante ciò conta su un gradimento personale che sondaggi di tutte le tendenze registrano oltre il 70%. Difficile che il fenomeno del lulismo si afflosci sulle personali vicende di un signore della provincia di Latina che preparava la rivoluzione insieme ai proletari armati per il comunismo in Italia negli anni 70 ed è finito arrestato in un chioschetto della spiaggia di Copacabana.

Quindi è probabile che Lula, con tutte le cortesie diplomatiche del caso, si mantenga irremovibile.

Tra l’altro la performance dell’Italia per riavere indietro Battisti peggiore non poteva essere. Perché il governo brasiliano dovrebbe cambiare idea? Perché la Russa dice che si incatena in piazza Navona? Perché dal comune di Milano chiedono di boicottare i tipici prodotti brasiliani? O perché Roma ritira l’ambasciatore nel giorno in cui un procuratore brasiliano dà un parere tecnico giuridico sulla questione? In Brasile esiste la separazione dei poteri.

Il giudiziario non dipende dall’esecutivo. Il Brasile è una democrazia. Oltre ad essere una potenza continentale. Ben più influente, su scala globale, dell’Italia (e non da ieri). Perché il governo Lula, indipendentemente dalle ragioni tecnicamente facilmente contestabili che lo hanno spinto ad accettare la richiesta di asilo di un signore condannato in contumacia a quattro omicidi dei quali si professa innocente, dovrebbe fare marcia indietro?

Molte cose si possono rimproverare a Cesare Battisti, ma non di non sapersi scegliere un avvocato. Se la sua, lacunosa, argomentazione per ottenere la richiesta di asilo è stata accolta, l’ex militante dei Pac lo deve essenzialmente all’abilità relazionalpolitica, oltre che tecnica, del suo legale, Luis Eduardo Greenhalgh. E’ stato lui a salvarlo dalla galera italiana. Greenhalg trent’anni fa difendeva i sindacalisti che militavano contro la dittatura militare. Molti di loro oggi fanno parte dle governo. Conosce bene Lula, ha aiutato, uno per uno, i principali dirigenti del partito dei lavoratori (il pt, il partito del presidente) ed è soprattutto amico di Tarso Genro, il ministro della giustizia che ha firmato la richiesta di asilo.

Da bravo avvocato e buon conoscitore delle pieghe interne del potere nel pt, ha mescolato alla difesa tecnica mosse tattiche tutte politiche. Una regia perfetta in cui vecchi amici hanno parlato con conoscenti influenti, telefonate hanno suggerito lettere, argomenti tecnicamente fragili hanno acquisito robustezza politica. Greenhalg negli ultimi mesi ha ideato la trama della soap opera meglio pensata di tutto il Brasile. Se Battisti esce, la prossima settimana, lo deve solo a lui.