Home > Il grande scambio. L’economia secondo Prodi
di Rosa Mordenti
È significativamente intitolato «Più mercato per l’Italia, no allo Stato proprietario», l’articolo di Romano Prodi che appare in prima pagina sul Corriere della sera di martedì 7 marzo. Berlusconi usò le poltrone bianche di Porta a Porta, il leader dell’Unione ha scelto invece le più sobrie colonne del quotidiano milanese, per spiegare agli italiani «i provvedimenti e le iniziative che, una volta al governo, metteremo in atto per fare riemergere il Paese dalla situazione in cui si dibatte». Alcuni di essi, scrive il leader, «sono già noti», qui ci si concentrerà «sulle misure necessarie a innescare l’effetto combinato di ripresa economica e risanamento delle finanze pubbliche».
Eccola, l’economia di Prodi: «in primo luogo» c’è «la riduzione dei contributi sul lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale», e c’è quello che il leader chiama il «grande scambio»: «Trasformeremo l’ingente massa di trsferimenti [circa due punti del Pil] che a vario titolo vengono erogati in favore delle imprese, in un’equivalente riduzione di oneri ficali e contributivi». Due punti del Pil non sono pochi, ma per Prodi questo è solo «il punto di partenza» di un percorso che porterà lo stato «al ruolo che gli compete in una economia moderna e aperta, quello del regolatore e non del proprietario». E quindi, premesso che non basta «recitare la giaculatori delle liberalizzazioni e delle provatizzazioni», Prodi scrive che «non è soltanto adottando la forma di Spa che si trasformano le municipalizzate in vere imprese, se esse rimangono interamente all’interno di mercati non contendibili e non affrontano la concorrenza a viso aperto».
Ancora, il leader spiega che il suo governo dovrà «bloccare la deriva degli aumenti indiscriminati e ingiustificati del prezzo al consumo». Come? Solo un accenno rapidissimo ai controlli contro le speculazioni, perché ci penseranno «le politiche in favore del mercato». Per esempio, «perché non studiare con i comuni, che ne hanno la responsabilità di regolamentazione, una decisa liberalizzazione del comparto dei servizi?».
Quello apparso questa mattina sul Corriere è davvero un manifesto poco digeribile, che continua con il peana dello «sviluppo delle infrastrutture», utili, come sempre, per la competitività. Proprio come dice Berlusconi, la differenza è che «ci muoveremo in una logica di sitema e non di singole opere».
L’articolo si conclude con l’invocazione di una «grande politica» che sappia tenere insieme «finanza, impresa e lavoro». È uno slogan vecchio, che significa da sempre la stessa cosa, le prime due avranno sempre la meglio. D’altronde, chiosa l’ex presidente della Commissione europea, «è il momento delle decisioni coraggiose forti e tempestive». Anche questa, non l’avete già sentita?