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Il lungo addio: dalla Serbia

Publie le venerdì 31 marzo 2006 par Open-Publishing

Il lungo addio
Jasmina Tesanovic, 17 marzo 2006

Il direttore del Museo della Rivoluzione disse che non avrebbero accolto il corpo di Slobo in quel luogo. Non c’era spazio, in quanto erano in corso due mostre.
Di fronte a ciò e con un piccolo aiuto del governo, membri del partito di Milosevic ottennero di entrare nel Museo di Storia della Jugoslavia ed esporvi il feretro. Il direttore rese pubblica una lettera di energica protesta, ma senza risultati. I seguaci di Slobo stavano già radunandosi e facendo la coda per presentare l’ultimo omaggio all’idolo.

Si potevano vedere anche alcune foto di Ratko Mladic a fianco di Milosevic. Vecchie frasi - ormai quasi dimenticate - dei terribili giorni di Milosevic, del tipo: Slobo amore mío, mio eroe, ci hai salvato.... Se qualcosa ha caratterizzato i suoi seguaci è il sentimentalismo e l’isteria, mai l’originalità nella retorica.
Invalidi di guerra degli anni ‘90, le guerre di Milosevic, protestano a loro volta davanti alla sede del governo. Nessuno vuole che le due manifestazioni si incontrino.

Non lo faranno. Milosevic è in periferia, dove si trovano le ambasciate e la zona residenziale, a solo uno centinaio di metri dal luogo dove è sepolto Tito. Milosevic viveva in questa zona, anche Djindjic e lo stesso Tito. Una volta che uno si sistema su queste colline così eleganti, non le abbandona più, né i politici al potere né quelli decaduti. Infrangere la legge sembra non abbia mai avuto conseguenze.
Si trasforma un museo in cappella. Il parlamento cessa le sue attività fino alla settimana prossima per il funerale... Un membro del governo si giustifica: cosa potevamo fare? piantare una tenda in mezzo alla strada? L’ambasciata americana lancia un messaggio di avvertimento: ricordiamo ai cittadini americani che manifestazioni inizialmente pacifiche possono diventare violente.
Ascoltando la conferenza stampa sui risultati sulla presenza di veleni nell’autopsia, provo un sentimento improvviso, come se fosse la mia vita (o la mia morte) ad essere in gioco. NESSUNA TRACCIA DI SOSTANZE TOSSICHE... geniale! Nessuna speculazione o inquietudine. Milosevic ormai non è più tra noi. Vale la pena aver lottato per questa vittoria. Certo, è evidente la difficoltà di maneggiare la figura di Milosevic, vivo o morto, che sembrano avere gli alleati occidentali. Passarono sopra i suoi misfatti mentre era vivo, anche se causa della morte di molti innocenti. Ora, i suoi problemi di salute lo hanno portato alla morte. Speriamo che questo non provochi la chiusura del tribunale e la caduta di governi.
Pare che la famiglia non sarà presente al funerale di domani. Mira, sua moglie, non ha mai conosciuto sua madre né sa dov’è sepolta. Fu assassinata durante la seconda guerra mondiale in quanto comunista convinta. Ora tutti potremo rendere visita al corpo di suo marito, tranne lei. Magari fosse il contrario, magari la sua storia d’amore non si fosse mai trasformata in una storia di potere.
Necrologi nei giornali. Le Brigate Rosse (truppe speciali responsabili dell’assassinio di Djindjic) gli dedicano un lungo addio. Anche un gruppo di cittadini: “Grazie per tutto quel che hai fatto per noi: guerre e miseria. Te ne sei andato ma mai ti dimenticheremo....”

18 marzo, l’ultimo giorno
Assassini di massa e fosse comuni

Mezzogiorno.
Nessun familiare. Stanno litigando tra loro. Sua figlia, l’unica che ancora vive in Serbia e Montenegro, e che non è sotto accusa, reclama che il padre sia sepolto in Montenegro, suo luogo di origine, non a Pozarevac in Serbia. Ma il famoso tiglio piantato da Slobo e Mira quarant’anni fa, si trova in quest’ultima località. Mira ha scritto delle poesie sulla città e l’albero, poesie di cattiva qualità ma sincere. Eravamo soliti leggere tra le righe nei tempi in cui tagliava le teste dei suoi nemici mentre leggeva e scriveva poesie.
La figlia minaccia di esumare il cadavere per seppellirlo in un’altra città.
Proprio ora, di fronte al parlamento federale, si sente ruggire un gruppo di manifestanti. Discorsi che distillano odio contro la democrazia, gli stranieri o le minoranze. Toni di disprezzo e di rabbia.

Alle tre, quando partono per la città dove sarà sepolto - il suo partito governa ancora lì ed è stato decretato un giorno di lutto, - noi Donne in Nero reclameremo la piazza, le strade... la città che ci appartiene. Porteremo palloncini...
Circa 80.000 persone in piazza. Arrivano autobus di sostenitori da tutto il paese organizzati dal partito, allo stesso modo in cui li si portò ai ponti come scudi contro le bombe della NATO.

E’ morto un uomo. Alcuni hanno avuto problemi di salute. L’unica delegazione che ha parlato è stata quella comunista russa. L’evento completo è trasmesso solo da una rete locale. Le reti straniere, come la BBC e la CNN, le attribuiscono più importanza che le nostre. Avvertono il mondo. Ora che è scomparso, temo la paura preventiva della NATO. Trovo più problemi a pubblicare lavori sui bravi ragazzi che su quelli cattivi. Non capisco la politica aggressiva degli USA, nella quale a volte riconosco il modello di quella di Milosevic.

Ramsay Clark ha parlato davanti al Parlamento di Belgrado, circondato da radicali e nazionalisti, e a fianco del feretro di Milosevic. Mi dispiace, non riesco a capire la necessità di questo gesto. Un altro oratore famoso è lo scrittore austriaco, Peter Handke. Per fortuna s’interruppe la trasmissione durante il suo intervento. Mi incantano i suoi libri, lasciamolo lì. Alle tre in punto, in Piazza della Repubblica, convocati mediante sms, cominciamo a riunirci spontaneamente, portando palloncini, entusiasti e contenti accompagnandoci con fischi. Mi chiede la TV Reuters cosa facciamo qui. Sì, stiamo celebrando il funerale di Slobo.

Siamo circa duemila, qualche politico, artisti. Alo stesso modo in cui quando Djindjic era vivo, cominciamo a camminare per la città gridando: Milosevic è finito.
Nella nostra manifestazione predomina la gente giovane. In quella del feretro di Milosevic, gente anziana e uomini. Liberiamo i palloncini dall’alto del Kalemegdan, il monumento all’eroe sconosciuto che si trova alla confluenza dei due grandi fiumi, la frontiera tra gli imperi d’Oriente e d’Occidente.

A Pozarevac, il funerale continua con marce militari e rose rosse lanciate davanti alla macchina che lo porta al giardino. Viene sepolto in un gardino, come un canarino, commenta una delle sue sostenitrici con tristezza.

E’ un’enorme festa macabra.

Un sacerdote ufficierà il servizio di questo ex presidente comunista e ateo. Questo prete si rese famoso durante le guerre per essere un eccellente oratore che incitava all’odio e al razzismo e che infiammava le masse contro le altre etnie. Tuttavia, abbandona presto il funerale. Si sono riunite solo cinquanta persone nel giardino, molti sono criminali di guerra processati all’Aya. L’evento è trasmesso su un video nel centro di questa piccola città.
Innanzitutto si legge una lettera di suo figlio: patetica, nazionalista, megalomane e pericolosa. In essa dice: papá ti voglio bene.
Sua moglie Mira ha inviato una lettera. Ricorda le date e le coincidenze di sempre, come se il suo amore e il suo potere fossero stati predestinati da Dio. Si identifica nel marito morto e chiama criminale il resto del mondo. In nome della sua divinità, insulta i suoi oppositori con un linguaggio volgare e di cattivo gusto
Con un forte accento russo, un generale gli dice addio: addio Slobodan soldato... certamente un eufemismo se consideriamo le sue gesta.
Però, sapete una cosa? A fine giornata devo dire che abbiamo vinto. Purtroppo, in Serbia, i funerali sono il miglior metro per misurare il potere. Tre anni fa, milioni di cittadini assistettero al funerale di Djindjic, oltre ad una numerosa presenza straniera. Niente pareva fuori luogo, a parte il fatto che Milosevic, allora in carcere, ancora si dava da fare per manovrare i fili del suo intreccio criminale e vendicarsi assassinando l’uomo che pose fine al suo regno di terrore. Milosevic non si macchiò mai personalmente le mani di sangue.

Durante il funerale cadde una forte pioggia, che ha avuto un effetto di pulizia su entrambe le parti. E non si tratta di pulizia etnica!

www.donneinnero.it