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"Il manifesto" in crisi: Rischio chiusura

Publie le giovedì 22 giugno 2006 par Open-Publishing

Il quotidiano «il manifesto» rischia di chiudere e giovedì 22 giugno è uscito in edicola con una prima pagina con un solo titolo che è un grido d’allarme: «Tomacelli, abbiamo un problema». A fianco l’editoriale dei direttori Mariuccia Ciotta e Gabriele Polo che spiega le ragioni politico-editoriale della crisi del giornale. Sempre sulla prima una vignetta di Vauro; a pagina 3 un’analisi sul perché i conti non tornano e un articolo sulla discussione interna al giornale su come provare a rilanciare un’impresa cooperativa unica, libera e anomala nel panorama dell’informazione. Insomma un numero monografico sulla nuova crisi dello storico giornale.

«Le crisi finanziarie hanno scandito la nostra esistenza: le abbiamo sempre superate con il nostro lavoro e con l’aiuto del nostro mondo. Ora siamo al punto - scrivono i direttori - che trentacinque anni possono precipitare in un pomeriggio d’estate. Perché la libertà costa, soprattutto a chi la pratica, e arriva il momento che quei costi si materializzano in scadenze non più rinviabili. Per evitare il precipizio abbiamo bisogno di aiuto, perché questa crisi è più grave delle altre e mette a repentaglio la stessa esistenza del giornale. Non è un grido d’allarme, è una semplice notizia: nelle pagine interne ne illustriamo i termini. Perciò da oggi inizia un referendum sul futuro di questo giornale: le schede elettorali stanno nel portafoglio di tante e tanti».

Il direttore editoriale Francesco Paternò chiede: «Salviamo il mostro». «Siamo un mostro. Da salvare, perché‚ se muore non si riproduce più. Perché‚ proprio adesso rischiamo di chiudere, perché‚ abbiamo difficoltà a pagarci gli stipendi da febbraio: è una storia singolare da giornale libero e di mercato, un’anomalia mondiale. E che vuole risanarsi per ripartire, più o meno la stessa missione - fatte le dovute proporzioni - del ministro Tommaso Padoa Schioppa», aggiunge Paternò spiegando che «l’attuale pericolosissima crisi nasce da lontano. Su un fatturato di 17,5 milioni di euro e 121 dipendenti, il contributo della legge per l’editoria alla nostra cooperativa vale il 25% mentre quello da incassi pubblicitari il 9,6% contro circa il 50% degli altri giornali. Il resto delle entrate sono da vendite da edicola e dalle poche promozioni che siamo in grado di fare - perché‚ le promozioni necessitano di investimenti importanti - e comunque tutte rigorosamente in utile.

Dai libri ai cd, dove il manifesto ha affermato in poco più di dieci anni un vero marchio di qualità. Nonostante abbiamo ridotto gli oneri degli interessi passivi dal 10 al 5% fin dagli inizi del millennio, il peso del debito ci sta stritolando. Pure a fronte di un risanamento patrimoniale cominciato nel 2001 - continua Paternò - che ha portato a una secca riduzione del debito oneroso e a fronte di bilanci che, tra alti e bassi, non producono più da anni voragini nel conto economico e indicano anzi un certo equilibrio di gestione. Il 2005 abbiamo chiuso con una buona media di 29.000 copie vendute, a causa però di eventi eccezionali come la vicenda del sequestro della nostra Giuliana e la morte di Nicola Calipari. O ancora la scomparsa di Giovanni Paolo II. Quel che ci sta spingendo sull’orlo del baratro è però il peso del debito».

http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=57474