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Il modello Alitalia fa scuola: demolire Cgil e contratto
Publie le venerdì 17 ottobre 2008 par Open-Publishing2 commenti
Il modello Alitalia fa scuola: demolire Cgil e contratto
di Salvatore Cannavò
Sono preoccupati i lavoratori e le lavoratrici dell’Alitalia. Preoccupati per quello che leggono sui giornali, per quello che ottimamente ha mandato in onda Milena Gabanelli con la sua trasmissione domenicale, Report , ma soprattutto per quello che vedono quotidianamente in azienda. Il lavoro del commissario straordinario Fantozzi dovrebbe giungere al termine a breve e i vertici di Cai dovrebbero prendere le redini della "nuova" azienda tra pochi giorni. Ma il condizionale è d’obbligo, la prospettiva a breve è davvero incerta e sull’operazione Colaninno-Berlusconi (con sostegno esterno di Veltroni e Epifani) gravano una serie di nuvole nere in gran parte figlie della matrice ideologica dell’operazione.
Il dato concreto che fa preoccupare sindacati e lavoratori - con i quali abbiamo parlato - è innanzitutto la sensazione di rallentamento che si vive. «Sembrava una corsa contro il tempo» ci dice un sindacalista «e invece il tempo si è fermato». La discussione sui contratti, che deve rendere concreto l’accordo generale sottoscritto a fine settembre, va a rilento e non è solo a causa della palese impreparazione dimostrata dalla Cai - che non sa nulla di trasporto aereo e che sta irritando non poco i sindacati nella gestione della trattativa - ma da un contesto generale che rende tutto più opaco.
In cassa non c’è liquidità
«Sembra che stiano prendendo tempo» ci dicono sempre alcuni lavoratori,«e da parte nostra è più che legittimo chiederci perché». Già perché? Non era, l’Alitalia, un’azienda che senza più soldi per pagare il carburante o garantire gli stipendi? Non ripeteva Fantozzi che le casse erano semivuote e che a stretto giro anche l’Enac avrebbe ritirato la licenza vista l’instabilità aziendale? E allora perché i tempi si allungano?
Una prima causa va forse cercata nella mancanza di liquidità che inizia ad affiorare e che la crisi finanziaria mondiale ha reso più evidente (ma di cui non costituisce la causa scatenante). I conti li ha fatti con estrema precisione Report: di fronte a un miliardo di capitale sociale che Colaninno vanta di possedere, 400 milioni andranno pagati al Commissario per rilevare l’attività buona di Alitalia, 300 milioni per assorbire Airone, cioè per sanare i debiti del gruppo, e quindi restano 300 milioni per le spese di avviamento. Di questi, inoltre, circa 150 milioni andranno spesi per l’anticipo di carburante. Il punto è che per rispondere agli stessi requisiti che l’Enac richiede per rilasciare la licenza di volo - licenza che a Cai deve ancora essere concessa - la solidità patrimoniale e la garanzia di un margine di sopravvivenza di almeno un anno è importante. Ma per garantire l’attività di un anno il miliardo di capitale sociale non basta, ne servono di più, secondo le stime dei sindacati. Dove li prende Colaninno questi soldi?
Dai passeggeri, nonostante il previsto aumento del prezzo dei biglietti ( 3 euro in più per i diritti d’imbarco) rischia di venire una brutta sorpresa perché le notizie e il clamore sviluppato attorno alla vertenza e, soprattutto, gli allarmismi organizzati artificialmente dal governo, hanno depresso le prenotazioni per i voli a lungo raggio, quelli più redditizi ma anche quelli che vengono programmati con largo anticipo. A soffrire saranno proprio i mesi che stanno per venire oggetto di molte disdette operate nel corso di settembre.
Capitali freschi, poi, da nuovi soci non dovrebbero arrivarne visto che alcuni nomi "eccellenti" come Claudio Sposito, gestore del fondo Clessidra (e vicinissimo a Berlusconi), Salvatore Mancuso (Equinox), l’armatore Gianluigi Aponte e Marco Fossati vogliono uscire dalla compagine azionaria (mentre la stessa Marcegaglia sembra sia stata pressata da Berlusconi in persona per rimanere dentro). L’andamento delle borse, del resto, non può far dichiarare superata la crisi finanziaria e l’esposizione di Banca Intesa diviene ogni giorno più faticosa (dovrebbe venire da lì il miliardo di capitale iniziale che i soci di Cai dovranno deliberare a fine mese). E proprio a fine mese dovrebbe essere più chiaro quanto costa davvero Alitalia visto che Banca Leonardo dovrebbe consegnare la sua perizia sugli asset.
Anche per questo non dovrebbe essere sottovalutata quella risposta che Colaninno ha dato a Milena Gabanelli a proposito dei 400 milioni da sborsare per l’acquisto delle attività Alitalia (aerei, slots e tutto ciò che serve per volare): «non è detto che sia tutta cassa». Che vuol dire? Che Cai si appresta a pagare magari solo 100 milioni in pronta cassa? E il resto quando? E come? E che razza di scandalo è la vendita di una compagnia come Alitalia per una somma così ridicola? Forse qualcuno in parlamento dovrebbe chiederne conto, alzare un po’ la voce, fare qualche domanda in più.
Anche perché se la vendita diventasse una svendita (come sta diventando), magari qualche azionista di Alitalia potrebbe fare un ricorso, chiedere una verifica.
Lufthansa chiede il comando
Ma la mancanza di liquidità non è l’unico problema e si lega all’altra questione dirimente, forse la contraddizione insanabile di tutta l’operazione. Parliamo del partner straniero. Colaninno dice che quale esso sia (e fa i nomi di Airfrance, Lufthansa ma aggiunge sempre anche British Airways) non dovrebbe superare il 15-20% del capitale sociale. Lo dice, ovviamente, per rispettare la consegna politica ricevuta, cioè l’italianità dell’azienda e quindi l’equilibrio costruito dal governo (con il supporto, ricordiamolo, decisivo di Pd e Cgil). Si tratterebbe di 150-200 milioni (forse meno) che non sembra garantiscano una soluzione stabile al problema della liquidità di cassa di cui abbiamo parlato sopra. Ma il problema con il socio straniero non è tanto questo, quanto il fatto che un intervento azionario da parte di una compagnia potente come quella francese o quella tedesca chiederebbe in cambio un sostanziale ruolo di direzione all’interno di Cai.
Insomma, Lufthansa, il partner più probabile, vuole contare, vuole le redini. Anche perché ha le competenze adeguate e fa già volare gli aerei, cosa che gli uomini di Colaninno non si sono mai sognati di fare (e Rocco Sabelli, l’ad di Cai ha già fatto danni proprio in Alitalia). Ma se, ad esempio Lufthansa, dirigesse la nuova compagnia il mito dell’italianità verrebbe meno. Ecco quindi la contraddizione principale: Cai ha un disperato bisogno del socio straniero ma questo, ragionando in base a principi aziendali e di profitto, romperebbe l’equilibrio politico disegnato in seno al governo. Il piano industriale viene prima, insomma, del piano politico. Il quale, ad esempio, imporrebbe di trovare una soluzione di compromesso tra Malpensa e Fiumicino (ma anche con Linate) - e quindi tra Lega, An e Formigoni-Moratti - imposta dagli equilibri di governo, mentre un piano industriale targato Lufthansa disegnerebbe una soluzione che scontenterebbe certamente il sindaco di Roma, Alemanno.
E’ chiaro che un problema internazionale, per quanto di natura economica-aziendale, si può sempre risolvere con le armi della diplomazia di governo. Ed è risaputo che nei suoi frenetici colloqui degli ultimi giorni avuti con Sarkozy e Merkel sulla crisi finanziaria, Berlusconi ha sempre avuto il tempo di trattare del caso Alitalia. Ma le convenienza nazionali non sembrano oggi deporre a favore di una soluzione "politica"; la recessione che si annuncia, la stretta creditizia - che comunque ci sarà nonostante i recuperi in borsa - fanno pensare a una dinamica che si svolgerà secondo le leggi dell’economia aziendale. Non va, inoltre, dimenticato che Lufthansa possiede già un accordo con l’aeroporto di Malpensa per l’utilizzo degli slots lasciati liberi da Alitalia lo scorso anno e che quindi si muove da una posizione di forza.
Operativi dal 1°novembre?
Le incertezze e le incognite sono quindi molte, come si vede, le preoccupazioni più che giustificate. E stavolta nessuno potrà dire che dipendono dai sindacati o dai lavoratori. Così come non è chiaro se la nuova Alitalia prenderà il volo, quello vero, già dal 1° novembre come promesso. A oggi non esistono le condizioni per questa prospettiva - e non è un caso che Augusto Fantozzi si rechi praticamente ogni sera a palazzo Chigi o incontri Gianni Letta nei vari convegni o nelle cerimonie romane per riferire dei problemi e decidere cosa fare: non è nemmeno così casuale che la Pdl abbia cercato di inserire nel Dl Alitalia una clausola "salva manager" che avrebbe salvato Geronzi dai processi che lo vedono imputato ma che è stata pensata per salvare, a posteriori, proprio il Commissario straordinario. A meno che si utilizzi da subito l’incorporazione di Airone per partire con i suoi mezzi.
Ma questa soluzione, che è tecnicamente possibile, genererebbe una vera e propria sollevazione tra i dipendenti Alitalia che si vedrebbero scaricati addosso tutti gli esuberi -ricordiamolo, almeno 9mila ma più probabilmente 10mila - previsti dall’accordo quadro. Un’altra beffa per una categoria che è stata attaccata da tutto il circo mediatico e padronale con una violenza che non si vedeva da anni. Una categoria, certamente privilegiata rispetto ad altre, ma che ha condotto una vertenza dalla valenza generale e che non andava abbandonata come hanno fatto Pd e Cgil. Ma questa è un’altra storia.
Messaggi
1. Il modello Alitalia fa scuola: demolire Cgil e contratto, 17 ottobre 2008, 19:13, di boccadirosa
Splendida sintesi..sembra scritta da uno dei nostri sindacalisti! L’unica imprecisione è che l’accordo quadro non prevede così tanti esuberi, ovvero continuano ad ignorare elementari operazioni di matematica e così i 10.000 esuberi rimangono un nostro problema che a 15 giorni dal presunto decollo ancora non è stato chiarito.
2. Il modello Alitalia fa scuola: demolire Cgil e contratto, 18 ottobre 2008, 12:37
Innanzitutto i miei complimenti per il coraggio di aver detto finalmente ciò su cui troppi ultimamente stanno tacendo.
Sto seguendo la vicenda Alitalia tramite Google Alert, ed è partendo da lì che ho trovato il vostro articolo.
Onestamente sono molto deluso da questa vicenda. Sulla regolarità a dir poco dubbia delle azioni portate avanti per salvare la compagnia credo si sia già parlato, anche se con molta timidezza.
Mi ha deluso vedere festeggiare sindacati, governo e sinistra per l’accordo raggiunto. Cosa c’è da festeggiare nell’aver approvato un piano che sì, salva molti lavoratori, ma in fondo è un insulto alla legalità? Anche la sinistra si è resa "complice" di un precedente pericoloso, perchè adesso dovrà dare garanzie anche alle altre imprese che sono sull’orlo del baratro e vorranno essere salvate in barba a qualsiasi regola comunitaria o del buon senso comune.
Adesso si cominicia a dire che le cose non sono semplici come è stato fatto credere. Vediamo quanta informazione "mainstream" di destra e sinistra avrà il coraggio di ammettere che ha appoggiato (sbagliando) un piano che fa acqua da tutte le parti. Per il momento l’informazione preferisce tacere.
Grazie.