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Il paese che attacca i magistrati e aiuta i criminali

Publie le venerdì 12 ottobre 2007 par Open-Publishing

De Magistris: costanti ispezioni ministeriali provenienti dal Ministro della Giustizia, 5 procedimenti al Csm, 3 accuse alla Cassazione, decine di interpellanze parlamentari, interrogazioni, richiami al Governo, question time in Parlamento: 3 anni di "attenzioni"… il magistrato più seguito d’Italia!

Abbiamo sentito ad Annozero la telefonata agghiacciante dell’ex governatore della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti: «E’ un pagliaccio, ha dato fastidio a un sacco di gente... Se Dio vuole che le cose vadano come devono andare... lo dobbiamo ammazzare. No, gli facciamo una causa civile per risarcimento danni e ne affidiamo la gestione alla camorra napoletana».

Operazioni con cui in Italia si tratta un magistrato “di riguardo” che ha messo le mani su una materia che scotta: isolarlo, demonizzarlo sui media, tagliargli la strada e i mezzi, togliergli l’inchiesta, farlo passare per squilibrato, trasferirlo, silenziarlo, bloccarlo coi superiori, squalificarlo in tv, esaminare al microscopio ogni atto suo o di famigliari per alimentare qualche accusa infondata, deridere i testimoni, non nominare gli indagati, chiamarlo megalomane se si difende e ribadire fermamente che non deve in alcun modo parlare alla stampa. Poi, se la mafia lo colpisce… sfiga! Falcone e Borsellino docent. La stampa è pregata di essere unanime nella condanna. Sostenere la classe dirigente sempre e comunque! Eh poffarbacco! Se non sostieni chi ti paga, chi altri?

Se invece accade che un giornalista difenda l’operato del Pm di Catanzaro che ha scoperchiato la rapina del secolo, come Carlo Vulpio del Corriere della sera, scatta la rappresaglia, denunce e perquisizioni per “associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa”, un reato nuovo, anzi nuovissimo, nella nostra democrazia “work regression”.

Calabria, Basilicata e Lucania. 3 inchieste: “Poseidone", "Toghe Lucane" e "Whynot". Corruzione e spartizione di fondi pubblici per più di 10 miliardi di €, l’ammontare di una Finanziaria, fondi europei e italiani che avrebbero dovuto far risorgere 3 disgraziate regioni, le più povere d’Italia, ma che una loggia massonica di “onorevoli”, ha pensato bene di spartirsi. Così, al posto di depuratori funzionanti, ospedali e incentivi al turismo, si ha l’arricchimento personale di una cricca omertosa di corrotti di istituzioni, partiti, Magistratura e GdF, per un giro di truffe, frodi e clientele dentro le scatole cinesi di società amiche.

Iscritto nel registro degli indagati per abuso d’ufficio persino Prodi.

Intercettato in una telefonata a un indagato Mastella.

Le accuse sono gravissime e dovrebbe essere provate in Tribunale, come avviene in ogni paese civile. Ma si tenta di bloccare tutto col trasferimento del PM. L’incaprettamento massonico-mafioso della Magistratura funzionante.

L’inchiesta “Poseidone” venne tolta al PM dal suo superiore diretto, il procuratore capo Mariano Lombardi, quello che divenne una furia scoprendo che un indagato era il sen. Giancarlo Pittelli di FI e il proprio figlio, indagato col Pittelli.

“Poseidone” riguarda un fiume di denaro pubblico inviato da Bruxelles per sostenere le regioni italiane più povere, affrontare l’emergenza ambientale e costruire depuratori e impianti di smaltimento rifiuti.
Secondo i calcoli degli inquirenti, in 5 anni, 2000 e 2005 (Governo B), sarebbero spariti nel nulla 500 milioni di €. Mille miliardi di lire! Una truffa senza precedenti con un meccanismo agile. La Calabria è commissariata da 8 anni e ciò permette di saltare a piè pari le norme degli appalti delle grandi opere, come depuratori e impianti di smaltimento rifiuti. Partecipano al megaimbroglio amministratori e funzionari della Regione Calabria, come Giuseppe Chiaravallotti, ex presidente della Calabria (FI), imprenditori, portaborse, politici eccellenti, come il segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa.
La mente che ha ideato la truffa sarebbe Giovanbattista Papello, vicino a Gasparri, come l’ex assessore all’Ambiente Domenico Basile. Fabio Schettini, invece è stato uomo di fiducia di Franco Frattini.

“Toghe lucane”, un "comitato d’affari" con politici, magistrati, avvocati, imprenditori e funzionari che avrebbe gestito grosse operazioni economiche in Basilicata. Perquisizioni al sottosegr. allo Sviluppo economico (sigh!), Filippo Bubbico (Ds), ex presid. della Basilicata, considerato il capo politico; il procur. generale di Potenza, Vincenzo Tufano, é invece il capo giudiziario, ci sono poi l’avv. Giuseppe Labriola e la dirigente della squadra mobile di Potenza, Luisa Fasano. Le ipotesi di reato sono: abuso d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, associazione per delinquere e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli accusati avrebbero costituito un "vero e proprio centro di affari occulto", che tutelava "interessi personali e di gruppi".
(Notare che ci sono indagati già trasferiti al CSM, proprio quello che deve decidere su De Magistris).

“Whynot”, societa’ di lavoro interinale con sede a Lamezia Terme che presta lavoratori alla Regione per servizi di gestione banche dati e altri servizi informatici. Reati contestati: associazione a delinquere, corruzione, violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete, truffa, finanziamento illecito ai partiti. Indagate 20 persone, tra cui politici calabresi, funzionari regionali, il capocentro del Sismi di Padova e una funzionaria del Cesis (ufficio di coordin. dei servizi segreti), Giorgo Vittadini, ex presid. nazionale della Compagnia delle Opere, e attuale presid. della Fondazione per la Sussidiarietà che fa capo a CL. Indagato anche il generale della GdF Paolo Poletti, attuale capo di Stato Maggiore, per truffa aggravata ed associazione a delinquere.

Se ci si chiede come mai la stampa ha parlato così poco di questo scandalo che emerge da alcuni anni, pensiamo alle rigide misure che la Casta ha preso per salvaguardare i propri crimini: divieto di intercettazioni, carcerazione per la libera diffusione di notizie, omertà faraonica, censure su internet, controllo feroce dei media cartacei o televisivi, irrigidimento del diritto alla privacy per i parlamentari…E infine la reazione peggiore di tutte che e’ la querela milionaria.

Left, per aver pubblicato un’inchiesta su “Poseidone”, è stata citata da uno degli indagati, Giovanbattista Papello, per 4 milioni di €. In Calabria una sola testata si è vista recapitare in redazione cause per 10 milioni di €. Anche altri giornali hanno avuto richieste di risarcimento milionarie per avere pubblicato articoli sull’inchiesta di De Magistris. Per imbavagliare la stampa non c’è niente di meglio che citazioni per cifre milionarie. Lo ha insegnato B, che usò il sistema pesantemente, ma ne approfittò anche D’Alema che citò Forattini per una vignetta per 3 miliardi di lire (il solito megalomane!). Ovviamente, i giornali possono essere poveri di cassa, ma chi cita si è “diversamente” arricchito. Persino il precisissimo Travaglio, anche se una sola volta, fu beccato nel 2000, per colpa di un cattivo avvocato, e fu condannato al pignoramento dello stipendio per 80 milioni di lire a Cesare Previti come danno per diffamazione. Paolo Serventi Longhi, segretario della federazione nazion. della stampa, disse: «La vicenda ripropone la drammatica situazione di decine e decine di giornalisti denunciati in sede civile per diffamazione e spesso non tutelati dalle loro stesse aziende editoriali”. Nel caso di Travaglio il giornale l’’’Indipendente’’ cessò poco dopo le pubblicazioni.
Le intimidazioni finanziarie sono un terrorismo mediatico che funziona meglio di una denuncia penale.

Lo Stato, dal canto suo, è ormai così ammanicato con la criminalità organizzata, con cui spartisce ricchezza e controllo elettorale, che non possiamo sperare che stia dalla parte di chi il crimine lo pratica. Ne consegue che i gangster sono favoriti e trattati come buone persone, mentre i magistrati sono perseguitati come gangster.

Ecco la campagna di terrorismo mediatico e giudiziario contro De Magistris, l’ennesimo capro espiatorio di un sistema corrotto, che non ha nemmeno il pudore di mantenere la faccia.

Particolarmente attivi nella demonizzazione del PM i membri di AN, che in Parlamento hanno svolto il loro attacco a zero su tutti i membri della sua famiglia, mettendone ogni dato su internet, in pasto alla pubblica opinione. Ah, non ci sono più i missini di una volta, che difendevano la magistratura e l’onore della Patria!

Accanito in questo processo alla famiglia: Ettore Bucchero di An che ha prodotto un memoriale di 11 pagine in cui attaccava addirittura lo zio della moglie. Ma in buona posizione Sandro Bondi e Giancarlo Pitelli (di FI), Giuseppe Galati (Udc), Stefano Cusumano (Udeur) che definiscono “inquietante” l’operato di De Magistris (fa il magistrato!) e dicono che è “un pazzo, un esaltato, un fanatico”..

Da questi attacchi proditori si deduce che se in Calabria c’è la ‘ndrangheta, la colpa è del De Magistris (lo fa intendere Iannuzzi di AN).

Caterina Mirante, testimone chiave nell’inchiesta "Whynot", e ovviamente minacciata di morte, esce dalla protezione e scrive a Mastella: «Se deciderete di trasferire De Magistris, andrò a raccontare le cose che so a un’altra procura: dovrà pur essercene una che gli ispettori del Ministero considerino deontologicamente corretta».

Sono state raccolte 100.000 firme contro il trasferimento di De Magistris.

Sono state raccolte più di mille firme per chiedere le dimissioni di Mastella.

Beniamino Donnici dell’Idv: “Queste firme hanno forse ottenuto il risultato di salvare la vita a De Magistris: sappiamo bene che l’isolamento e la denigrazione per i magistrati sono spesso l’anticamera di una condanna a morte».