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Il parlamento europeo s’appresta a discutere, di equiparare la falce e il martello alla svastica

Publie le martedì 15 febbraio 2005 par Open-Publishing

di Fausto Concer, della segreteria bolzanina del PRC

La norma che il parlamento europeo s’appresta a discutere, che si propone di equiparare la falce e il martello alla svastica, se passasse sarebbe non solo una sciagura (sia detto senza enfasi e retorica) dal punto di vista politico, delle libertà personali e collettive; lo sarebbe pure da un punto di vista storico-culturale, vorrebbe dire, infatti cancellare la storia del ’900, prescindere dalla tragedia della seconda guerra mondiale e dei lager, del nazifascismo - che seminò morte dalla Etiopia alla Polonia, dalla Grecia alla Francia - e da chi lo sconfisse; sarebbe pure, e non da ultimo, una sciagura sul piano etico-culturale; significherebbe infatti negare l’oggettiva ed incontrovertibile diversità e contrapposizione di valori, obiettivi e scelte politiche: sarebbe un intollerabile accostamento tra chi si batte per la giustizia e contro la guerra, per una società libera ed uguale. con chi ha teorizzato (e teorizza tuttora) la superiorità d’una "razza" e l’inferiorità genetica di altre ed ha praticato lo sterminio sistematico e scientifico degli "inferiori", dei "malati", dei "devianti", dei "diversi", degli oppositori. Si tratterebbe, è fuor di dubbio, d’una operazione devastante per l’Europa, proprio ai danni di quelle radici che ideologicamente si continuano ad invocare, devastante per le nuove

generazioni, che vedrebbero cancellate per decreto delle verità storiche fondative d’una identità, d’un senso comune, di una morale minima condivisa.

Equiparare nazismo e fascismo al comunismo, perché di questo si tratta, ha certo come obiettivo quello di demonizzare una storia e una cultura colme (come moltissime altre) pure di drammi, ma anche di successi, primo fra

tutti quello sul nazifascismo, e che nasce e vive anche oggi per combattere un assetto mondiale fondato sull’ingiustizia e sulla diseguaglianza; questa equiparazione ha pure però, e non sottovalutiamolo, l’obiettivo implicito di relativizzare, e in qualche modo riabilitare, la barbarie, "male assoluto" per dirla col pontefice, nazifascista.

Davanti a questa offensiva i comunisti, ma in realtà ogni democratica e democratico, sono chiamati a reagire prontamente, mobilitandosi, denunciando questa operazione ideologica, cercando di ribadire e diffondere capillarmente, sempre e in ogni luogo, quelle elementari informazioni storiche, quelle minime acquisizioni ed elaborazioni politiche ed etiche che dovrebbero essere patrimonio comune e che si cerca di annullare. Per noi

uomini e donne comuniste, tuttavia, l’obiettivo è anche più faticoso e stimolante, ambizioso e complesso. Si tratta di restituire un senso ed una attrattiva al comunismo, di rifondarlo, come reclama anche il nome del nostro partito. Se la nostra si limita ad essere una pura lotta testimoniale e difensiva, basata magari sul culto della bandiera e degli antenati, siamo destinati a perdere, a scomparire, ad essere non dei costruttori di futuro e di emancipazione, di conoscenza e di coscienza, ma dei reperti mussali (magari maledetti...), ben che vada dei patetici nostalgici. Il comunismo o è vivificato alla prova della realtà, della quotidianità, o non è; il marxismo, come ci insegnò Gramsci, non è una "dottrinetta", un catechismo; è un metodo che ha bisogno di continua innovazione e arricchimento, una

filosofia feconda, che a sua volta ha bisogno d’essere fecondata. L’opzione nonviolenta è stata lungimirante e salutare, in grado di rimettere nel circuito virtuoso dei movimenti e della coscienza collettiva le nostre idee

e pratiche più importanti, dalla aspirazione all’uguaglianza e all’emancipazione universali sino alle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori, dei vecchi e dei nuovi proletari, in grado di rimettere in discussione, in maniera laica e non ideologica, passaggi importanti della nostra storia, la relazione tra i mezzi ed i fini, la necessità o meno di essere sussunti ai metodi e alle logiche degli avversari. Questo, credo, è solo un esempio del percorso che abbiamo davanti, che deve portare al costante confronto con altre culture radicali e alternative importanti, al reciproco arricchimento, ad un concreto "lavoro per l’egemonia" politica e culturale all’interno della società e del paese, a livello sia locale sia

globale. Il comunismo non può essere un obiettivo astratto e irraggiungibile, un’ "idea limite"; non può nemmeno essere un sacro feticcio, che bisogna stare attenti a non profanare. Il comunismo, che è sempre lotta per il comunismo, movimento verso il comunismo, non può che essere una prassi costante di liberazione ed una teoria critica e dialettica per la comprensione e il mutamento dell’esistente. Una "teoria della prassi" che deve essere al contempo realistica ed attraente, carica d’utopia, ma in grado di realizzarla. Il compito del Partito della Rifondazione Comunista, della Sinistra Europea, delle comuniste e dei comunisti in tutto il mondo è più esaltante e urgente che mai. Non solo un altro mondo è possibile (e necessario), ma un altro comunismo è possibile. E necessario.