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Il pasticciaccio del no Tav scompiglia le anime dell’Unione.

Publie le mercoledì 15 febbraio 2006 par Open-Publishing

Il leader dell’Unione: «Le grandi infrastrutture europee vanno portate avanti. Tra queste c’è la Torino-Lione». Il Prc: «Nel testo non è una priorità»

di Laura Eduati

Nel programma presentato sabato manca un riferimento esplicito al treno ad alta velocità, un vuoto che ieri Prodi ha deciso di colmare placando così le proteste dei Ds, Fassino in testa: «La Tav si fa, punto e basta».

Fulmine a ciel sereno. Non è certo una novità, visto che i Ds e la Margherita hanno sempre appoggiato la costruzione della Torino-Lione, ma la secca precisazione del leader del centrosinistra elettrizza la scena. Perché quella vaghezza nel programma poteva stare bene (a Rifondazione, Verdi Pdci) o male (a Ds e Margherita), ma vaghezza comunque era. No news good news: il movimento no Tav l’aveva presa così, con la cautela di chi sa che non può fidarsi finché non tocca con mano, e conservando il presidio nella valle. Con l’animo magari più lieto.

Poi la doccia fredda: Mercedes Bresso (Ds) e Sergio Chiamparino (pure) si imbufaliscono. «Devono scriverlo nero su bianco», ordina la presidente della Regione Piemonte dalle colonne de La Stampa. «Chiedo a Prodi una affermazione che elimini ogni dubbio sul fatto che per l’Unione la Torino-Lione è una priorità», detta il sindaco di Torino a Repubblica. Anche Fassino punta i piedi: «Penso che si debbano dire cose chiare». E le cose chiare, spiega, sono queste: a pagina 138 del programma non si nomina la Tav (né il Mose, ndr) ma un giro di parole che la indica senza dubbio, e cioè «priorità (...) è l’integrazione con le grandi reti europee del sistema di mobilità e dei trasporti». Il riferimento al corridoio 5 Lisbona-Kiev, al quale l’Italia si connetterebbe con la Torino-Lione, pare inequivocabile. Bertinotti aveva subito reagito: «Il programma è chiuso, varato e firmato. Né io né la Bresso possiamo riaprire unilateralmente problemi che non sono stati affrontati». E invece ecco Prodi che da Madrid specifica: «Le grandi infrastrutture europee vanno portate avanti. Tra queste c’è il Corridoio numero 5 e quindi la Torino-Lione». Tutt’al più, si affaccia D’Alema, il problema sta nel metodo: i problemi si risolvono dialogando con la popolazione e non con le ruspe e la polizia.

Il segretario di Rifondazione non ci sta: «Noi siamo per rispettare quello che c’è scritto nel programma» e la Tav, «è un tema che è rimasto fuori perchè non c’è ancora la maturità per una scelta in questa direzione». Insomma: atteniamoci al testo. Antonio Ferrentino, presidente della comunità della bassa Val Susa, è d’accordo al cento per cento: «Il programma vero è quello controfirmato dai vari leader della coalizione, e in quel testo la Tav non è una priorità. Poi ognuno in campagna elettorale può dire quello che vuole». Il portavoce dei comitati popolari della Val di Susa, Lele Rizzo, è meno sereno: «Ci dispiace questa ambiguità di Bertinotti, speravamo in una presa di posizione esplicita». Che farete ora? «Noi non faremo sconti a nessuno, né a destra né a sinistra. La Tav non la vogliamo e siamo sempre pronti a tornare nelle strade a dimostrarlo».

E poi c’è la questione del Mose. Ufficialmente il sindaco Massimo Cacciari (Margherita) è contro l’opera e appoggia la protesta dell’Assemblea Permanente cittadina. Ieri sul Corriere della Sera il compagno di partito, Enrico Letta, avverte che invece il Mose si farà, esattamente come la Tav. Schizofrenia? «No, semplicemente vertici nazionali e amministratori locali usano due linguaggi diversi per dire la stessa cosa: che la diga faraonica non si può fermare. Tanto è vero che Cacciari ha condotto tutta la campagna elettorale contro il Mose, ma a tutt’oggi manca un “no” contundente della giunta comunale al progetto», dice Paolo Cacciari, candidato del Prc alle prossime elezioni politiche del 9 aprile.

Cacciari fa parte del movimento no-Mose, ma non si fa illusioni: a Venezia non è come in Val di Susa, dove sindaci e amministratori lottano insieme contro la grande opera di Lunardi. «La Margherita veneziana è paralizzata al suo interno da chi appoggia e chi è contro il Mose. In questo scenario solo Rifondazione, Verdi e una parte dei Ds, Lega e An lotta per la cancellazione del progetto. Una cosa dico ai vertici nazionali della Quercia e dei Dl: se sbugiardano così i loro amministratori locali, che hanno il polso della situazione, poi non si stupiscano se i consensi calano».

Paolo Cacciari sottolinea un altro, gravissimo neo: «Nel programma dell’Unione Venezia non è neppure nominata. Eppure dalla prima legge speciale del 1973 la città è considerata "di interesse nazionale” e ha ricevuto da tutti i governi i fondi che le spettavano. Oggi i finanziamenti sono a zero, e l’Unione nemmeno cita Venezia. Si tratta di una drammatica sottovalutazione». Intanto il resto del centrosinistra si affretta a glorificare la Tav. Per il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani si tratta di «una priorità importante" e per Clemente Mastella (Udeur) il tunnel si deve fare. Il verde Alfonso Pecoraro Scanio cancella le parole di Prodi: ci ha assicurato che il megatunnel non si farà, assicura. E da allora niente è cambiato.

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