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Il più grande disastro strategico nella storia americana
Publie le lunedì 12 dicembre 2005 par Open-Publishing
Nella foto William Odom durante l’intervista
Il più grande disastro strategico nella storia americana - 12-12-05
Pochi mesi fa, il tenente generale in pensione William Odom ha definito la guerra in Iraq "Il più grande disastro strategico nella storia americana". Da allora, si è spinto oltre nel suo criticismo dicendo che "l’esercito è a pezzi" e "abbiamo bisogno di un cambio di direzione strategico di base" o "a lungo andare finiremo per pagare un prezzo più alto e sempre più alto". La sobria analisi di Odom a proposito dell’Iraq è in netto contrasto con il ragliare ottimistico dell’amministrazione Bush. Proprio in questa settimana, Bush ha detto che in Iraq l’America prevarrà e che noi [americani, ndr] persisteremo fino a quando la “vittoria” non sarà ottenuta. Il Vice Presidente Dick Cheney è altrettanto sicuro del successo, anche se ha smesso di sostenere che “l’insurrezione è alle sue ultime battute”.
La recente apparizione di Odom nel programma Jim Lehrer News Hour lo ha collocato al centro di un crescente dibattito tra fazioni rivali del partito della guerra. Odom fa parte di coloro che guardano con realismo alla politica estera ed è un leale oppositore dell’attuale occupazione. La sua opinione è appena diversa da quella di John Murtha, il falco del Congresso che che ha chiesto l’immediato ritiro delle truppe americane dall’Iraq. Odom appartiene alla “vecchia scuola” dei militaristi americani; assieme a Brent Scowcroft, Lawrence Eagleburger e Bush Senior, che credono che la guida di un impero sia affar serio e non dovrebbe essere lasciata in mano a ideologi e fanatici.
“La gente si sta sempre più accorgendo che non è nel nostro interesse essere in Iraq”, ha detto Odom, “C’è un rifiuto a guardarsi indietro per vedere di chi sono gli interessi che sono stati veramente serviti al meglio. È chiaro che gli interessi dell’Iran sono stati avvantaggiati dalla nostra invasione, e anche quelli di Al Qaeda perché essa non poteva fare irruzione in quel paese se non lo facevamo noi”.
Ma che dire dell’addestramento delle forze di sicurezza irachene prima del ritiro delle truppe americane?
Odom: “Se quella è una manovra per una più rapida fuoriuscita io la sostengo... il problema non è l’addestramento delle forze di sicurezza; è il consolidamento politico che non sta avvenendo... Adesso abbiamo una guerra civile. La sola cosa che il ritiro Usa cambierebbe è il cambiamento di qualche grado di quella guerra”.
“Ci sarà un grande spargimento di sangue, non importa quanto a lungo restiamo” a causa dei vecchi “rancori che saranno sedimentati tra Sciiti e Sunniti”.
La ricetta di Odom per il successo nel Medio Oriente richiede il ritiro delle truppe americane dall’Iraq: “Non possiamo veramente gestire una stabilizzazione strategica della regione se prima non ce ne andiamo. Stiamo cercando di stabilizzare la regione, più o meno da soli. Gli europei non ci aiuteranno finchè non ce ne andremo”.
Che dire della guerra civile?
Odom: “Questa È una guerra civile, proprio come... nel sud del Vietnam, e non si fermerà fino a che una delle due parti avrà prevalso. Più a lungo restiamo, più tempo passerà prima che che questo accada”.
“La sola urgenza è la salvezza delle nostre forze armate”
“Le conseguenze di questa guerra erano eminentemente prevedibili e più a lungo rimandiamo, più pagheremo e più tempo impiegheremo a ristabilire un minimo di sforzo congiunto per l’intera area”.
“Quelle persone che vogliono assistere la transizione stanno solo... alimentando le forze di Al Qaeda e altri movimenti radicali nella regione”.
E sulla ricostruzione dell’esercito iracheno?
Odom: “È un illusione pensare che puoi lasciare lì un esercito stabile. Quello che stai veramente lasciando è più un insieme di milizie, che si stanno addestrando con l’illusione di essere la forza di sicurezza irachena. La polizia è essenzialmente un fronte per le milizie...”
“Non c’è modo di lasciarci alle spalle un regime che sia in prospettiva pro-americano. Perciò questa storia per cui noi restiamo più a lungo per ottenere qualcosa che non si può ottenere a breve è semplicemente una mancanza di volontà nell’affrontare la realtà... Stare lì per altri tre anni non cambierà nulla”.
Odom sostiene ancora il ruolo imperiale dell’America nella regione, è semplicemente abbastanza scaltro per vedere che la guerra ha fallito i suoi obiettivi primari e che non promuoverà gli interessi Usa nell’area. La sua strategia fornisce l’unica soluzione per cui gli Stati Uniti saranno in grado di mantenere una presenza in Medio Oriente e supervisionare la distribuzione di vitali forniture di petrolio con l’evacuazione dell’Iraq.
Odom: “Non dovremmo lasciare la regione; dovremmo metterci insieme agli alleati dopo essere partiti e cominciare a discutere su come possiamo bilanciare questa regione dallo stato caotico in cui la stiamo lasciando. Questo potrebbe richiedere l’uso delle forze armate”.
“Ma non dobbiamo lasciare che le forze militari siano coinvolte prima che siano prese decisioni politiche strategiche”.
Mentre la situazione in Iraq continua a deteriorarsi, l’ostilità tra gli elementi in conflitto nel partito Repubblicano è destinata ad intensificarsi. Le opinioni di Odom sono tipiche di una generazione che ha capito le sottigliezze proprie della guida di un impero e dell’uso di tutti gli strumenti disponibili; inclusi la diplomazia, la negoziazione, l’autorità morale e, a volte, la forza militare. Preferirebbe vedere l’amministrazione impiegare i considerevoli poteri di persuasione dell’America. E, come i suoi contemporanei, afferra pienamente il valore della discrezione nell’esecuzione di politiche impopolari.
L’amministrazione Bush rifiuta testardamente di usare il “potere morbido” della diplomazia o del negoziato; preferendo governare da sola con la forza e l’inganno. Si sono fatti beffe della legge internazionale e hanno creato le icone moderne della barbarie umana di Guantanamo e Abu Ghraib. La loro distruzione impietosa di Falluja, che ha implicato l’uso di fosforo bianco e altre armi vietate, li ha collocati in una categoria di mostri che riporta alla mente i tiranni del ventesimo secolo. La loro strategia fallita di occupazione ha talmente alienato il pubblico iracheno che la sola possibilità di successo è il soggiogamento dell’intera popolazione. Questa non è una soluzione desiderabile né realistica.
Tutti questi fatti hanno contribuito ad una costante erosione del potere e del prestigio americani.
È possibile prevedere che le cose si mettano peggio, dato che il partito in carica diventa più frastagliato e acrimonioso. Eventualmente, Bush dovrà rassegnarsi a qualche variante del piano di Odom. La probabilità crescente di una sollevazione popolare in casa, dopo cinque anni di cattiva gestione economica, spingerà i fanatici e gli ideologi presenti nell’amministrazione nella direzione delle strategie machiavelliche di realisti come Odom. Da quel momento, l’impero sarà in serio declino; flagellato da una guerra esorbitante, da deficit che si gonfiano, da crescenti tassi d’interesse, e dalla minacciosa prospettiva di iperinflazione.
Bush ha spianato la strada al “più grande disastro strategico nella storia americana”; una gigantesca recessione economica accompagnata da un terremoto nella struttura globale di potere.
di Mike Whitney
traduzione per Megachip di Paolo Jormi Bianchi
da uruknet.info
26 novembre 2005
http://www.megachip.info/modules.ph...