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(Sunto di un articolo di Peter Gomez. Viviana Vivarelli)
Nel suo libro "Il regalo di Berlusconi" Peter Gomez ci spiega il caso Mills, quello che B ha cercato di bloccare col Lodo Alfano.
Quanto ha regalato B a Mills? Ben più di 600.000 dollari.
I primi versamenti risalgono al 1995, quando, dopo averlo incontrato direttamente 3 volte, gli dà 10 miliardi di lire. Perché? B ha un problema, sta quotando le sue aziende e ha addosso la Guardia di finanza, i magistrati e il Garante per le televisioni. Deve nascondere che, attraverso una serie di società off shore, controlla occultamente (la legge lo vieta), l’intera proprietà di Telepiù, la mamma di Sky.
Dà a Mills 10 miliardi estero su estero per fargli dire al fisco inglese: “le società off shore utilizzate in quest’operazione sono mie, non sono di B”. Così B scansa le indagini anche della Consob .
Questo è un processo in cui tutto viene raccontato dalle carte: è dai documenti del fisco inglese che risultano quei famosi 10 miliardi iniziali. Ma quando i soldi arrivano in Inghilterra Mills dice al fisco inglese: “B mi ha dato questi soldi per evitare l’intervento del garante per le televisioni” e lo scopre.
Bisogna partire ancora da prima, dal novembre 1991, quando arrivano a Londra due fiduciari di Craxi, uno è Tradati, detto il "cuoco" di Craxi, che per anni gli ha aperto e gestito conti esteri su conti esteri. Tradati telefona a Craxi e lo avverte che, sul conto Northern Holding, sono arrivati non 10 miliardi di lire ma 15. Craxi ride: “ce ne sono 5 di troppo, mandali indietro”. Per 10 anni la magistratura milanese cerca di capire di chi sono quei soldi. Nel 1994, al processo Enimont, Tradati collabora coi magistrati, parla di tutti i versamenti avuti da Craxi, ma non di quei 10 miliardi. Solo nel 1996 si incomincia a capire di chi sono quei soldi di cui Tradati: “ha paura di parlare". Vengono da All Iberian, un grande conto estero gestito da una società delle isole del Canale di proprietà di B. Ma non se ne deve sapere niente.
Il conto All Iberian è alimentato con un ingegnoso sistema di cresta sui diritti televisivi: Finivest compra in USA film e i programmi tv a prezzo maggiorato, quello che costa 10 viene comprato a 20 o 30, in mezzo si mette una serie di società off shore, che fa capo o a B o a prestanome, si gonfia il prezzo, poi queste società vendono in Italia e così B deruba il fisco e la sua società. E mette i soldi rubati su due società off shore, Century One e Universal One, in mano a due trust. Con le indagini sul caso Mills, nel 2003, si scopre che i proprietari dei conti sono Marina e Piersilvio.
Ma, prima che ci metta le mani la magistratura, arriva a Londra nelle società di Mills il banchiere svizzero, Paolo Del Bue, vicino alla famiglia B; toglie i soldi, li mette in valigia e li fa sparire in un paradiso fiscale. E forse oggi B con lo scudo fiscale li ha fatti rientrare.
Abbiamo di tutto: evasione fiscale, corruzione, finanziamento illecito e violazione delle regole del mercato. Per questo viene pagato Mills.
Mills mente su tante cose, non dice di chi è la proprietà effettiva del gruppo di società estere della Fininvest non dichiarate al fisco. Nei suoi uffici viene sequestrato un elenco di società, il cosiddetto Fininvest Group B, un lungo elenco di società off shore utilizzate per le operazioni più varie.
B continua a ripeterci che nel 1994 ricevette un avviso di garanzia per le mazzette versate alla Guardia di finanza e sostiene, falsamente, che quell’avviso di garanzia lo mise fuori gioco (strano perché la Corte di Cassazione lo ha assolto). Nella sentenza Mills è scritto chiaramente che è stato assolto nel processo per corruzione alla GdF solo perché Mills non ha detto che il reale proprietario di quelle società era lui.
Se fosse stato condannato, come meritava secondo i giudici che hanno condannato Mills, oggi non sarebbe il Presidente del Consiglio.
Per questo ha fatto il Lodo Alfano.
Ma il Lodo Alfano non è passato. E ora B è molto preoccupato.
Se Mills verrà condannato in via definitiva, cosa certa, la sentenza contro di lui avrà valore di prova e B si troverà di fronte a un grosso problema: un processo che dirà che il corruttore è lui e lo farà in modo semplice e breve perché la sentenza è passata in giudicato. Occorre bloccare la sentenza.
Allora B prepara l’ennesima legge ad personam, una riforma del codice di procedura penale dove si dice che “le sentenze passate in giudicato non hanno più valore di prova”.