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Il «riformismo» dei fondi pensione
Publie le mercoledì 24 gennaio 2007 par Open-Publishing1 commento
Una tempistica da far rizzare i capelli in testa. Mentre parte la «campagna informativa» sul lancio della «previdenza integrativa», che si scolerà buona parte del tfr di ciascuno di noi, i parenti più stretti dei fondi pensione - i fondi comuni di investimento - "crollano". Quelli italiani, perlomeno. L’allarme non arriva da qualche riottoso veteromarxista, ma dall’organo semiufficioso di Confindustria, il Corriere della sera.
Nel 2006 la «raccolta» tra i clienti è calata di 42,5 miliardi di euro, ma soprattutto - guardando alla media degli ultimi 5 anni - sono stati un investimento mediamente demenziale: per guadagnare l’1,5% è stato speso l’1,3. Tanto valeva mettersi ai semafori a lavare vetri. Risultato inquietante, poi, se si tiene conto che questi cinque anni - non a caso scelti escludendo il 2000 dello scoppio della "bolla della new economy" e il 2001 delle twin towers - sono stati anni di forte ripresa di borsa. E proprio in borsa, elettivamente, i fondi comuni investono i loro soldi.
Cosa succede? Il giro dei pareri è sconfortante. C’è chi accusa come sempre "fisco e burocrazia", chiedendo un’unica authority di controllo ridotta però a «un funzionario che svolge un ruolo di consulenza» (un "basista", insomma). C’è chi se la prende con quei deficienti di clienti che «comprano tutto quello che lo sportello (della banca, ndr) propone» o che «invece di investire sull’azionario vogliono linee garantite e monetarie» (cioè: preferiscono non rischiare troppo, specie in prospettiva pensione). C’è infine l’illuminato corrierista che raccomanda il "divorzio" tra banche e fondi comuni (al 90% di proprietà delle prime), fonte di «giganteschi conflitti di interesse» che si traducono (letterale) nella «domestica spremitura del limone» (il cliente). Ma «senza arrivare a soluzioni estreme» come la separazione obbligatoria; siamo moderati, che diamine.
E’ il quadro di un’"industria" in via di smobilitazione, per incapacità manageriale e/o orizzonti miserabili (la "spremitura" prendi e scappa). Con i risparmi delle famiglie (ben 3.000 miliardi di euro) ormai nel mirino dei fondi esteri. In questo quadro si è avuta la "grande idea" di imporre (in anticipo, per di più) il trasferimento del tfr ai fondi pensione. Per quale ragione i gestori di questi fondi dovrebbero essere più "bravi" delle banche? Dove andranno a finire quei soldi? Ci dicono: ma i «fondi chiusi», quelli negoziali, «non possono fallire», perché sono garantiti dallo stato (al contrario di quelli "aperti", veri e propri fondi comuni "di mercato"). Appunto: se fanno profitti se li tengono, se ci perdono ci rimettiamo noi. Una vera prova di "riformismo".
da "il manifesto" del 23.1.2007
Messaggi
1. Il «riformismo» dei fondi pensione, 28 gennaio 2007, 18:24
da www.triburibelli.org vari interventi sulla questione
Cometa
inviato da: robyberto · il 28/1/2007 · alle: 17:43
Se siete iscritti al Fondo Cometa, controllate le operazioni di gennaio e aprile 2005...
Per molti di noi, tali operazioni sono slittate di un mese (con conseguente minor acquisto di quote) a causa di problemi software del service amministrativo che, nonostante per il 2004 abbia avuto un compenso di oltre tremilionitrecentomila euro, non rimborsa i suoi errori!
Gli amministratori del fondo, nonostante la "promessa" di rimborso, a distanza di oltre un anno, non hanno fatto niente e non rispondono alle richieste.
La COVIP che dovrebbe vigilare, non ha nessun potere sanzionatorio e l’onere di controllo sulla regolarità dei versamenti è ad esclusivo carico degli iscritti.
Se per assurdo l’azienda non versasse i contributi al fondo, il fondo non farebbe assolutamente niente... neanche un sollecito! La previdenza complementare è un’esigenza seria ma come si fa a fidarsi a queste condizioni?
N.B.
Tutto quanto scritto è documentabile.
Fiducia e....ritardi.
inviato da: grillo parlante · il 28/1/2007 ·
La fiducia è una cosa seria, diceva una pubblicità, anni addietro, e c’è del vero in tale affermazione ancorchè associata - allora - alla reclame di un prodotto e, quindi, di per sé opinabile.
Sembra, ripeto sembra - mi è stato riferito -, che altri Fondi Pensione, già operanti e chiusi (vedi Fondo Pensione BNL) non sollecitino i versamenti di quote (lavoratori ed Aziende) alle Aziende madri le quali non provvedono a saldare i loro debiti in merito con regolarità mensile o annuale a seconda delle regole insiste nei Regolamenti vigenti, caso per caso. Quindi, le rate versate con ritardi, talvolta notevoli, non possono confluire negli investimenti per far fruttare interessi, quando rilevabili dalle singole gestioni.
La CO.VI.P. cosa può dire e fare al riguardo?
Le perdite - i mancati guadagni - sono a carico dei lavoratori ?
La fiducia è una cosa seria che bisogna meritare.