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Il ruolo di Liberazione e il suo rapporto con il Prc, un tema molto sentito nel

Publie le martedì 26 agosto 2008 par Open-Publishing
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Il ruolo di Liberazione e il suo rapporto con il Prc, un tema molto sentito nel partito

di Loredana Fraleone

Con la riflessione di mezz’agosto sul ruolo di Liberazione ed il suo rapporto con il Prc, Sansonetti dà un contributo significativo ad una questione tanto delicata quanto importante. Un tema molto sentito nel partito, che non possiamo più eludere e varrebbe la pena di affrontare, non solo per la questione della libertà di chi confeziona il giornale e della linea politica che esprime, ma anche per quella, appena sfiorata dal direttore, riguardante la drastica riduzione di vendite degli ultimi anni. Per un quotidiano dai costi tanto pesanti nel dimagrito bilancio del nostro partito e con l’aria che tira, non è affare di poco conto.

Certo le questioni, poste da Sansonetti, sono connesse tra loro, ma nella vendita di un quotidiano il suo appeal conta e risiede molto nella sua fisionomia, nella sua identità, che può essere condivisa o meno e risultare comunque attraente, come accade anche ad un partito, in fondo. Non vorrei affrontare il problema di Liberazione però a partire dal numero delle copie che vende.

Non credo si possa trascurare il fatto che un quotidiano "di" partito costituisca uno dei suoi strumenti fondamentali, la possibilità di farsi riconoscere, un supporto alla sua indipendenza.

In relazione a questo si pone il tema della libertà, che Sansonetti nel suo fondo mette in campo in un modo, secondo me, astratto e come tale privo di categorie di riferimento, di contesto, come si dice. Libertà da e di che cosa? E soprattutto libertà di chi? Del giornale rispetto al corpo del partito, vissuto come altro da sé? Di giornalisti che hanno un potere sull’informazione che altri non hanno? Sulla libertà non si deve scherzare, ma neanche sull’uguaglianza, per quello che mi riguarda.

Come non è pensabile che giornalisti di un quotidiano di partito non debbano mantenere un’autonomia di giudizio, persino personale rispetto al gruppo redazionale, è altrettanto impensabile che non sia rappresentata "come tale" la linea politica del partito. Non può essere che diventi indistinguibile da opinioni di questo e di quello, tutte legittime, ma prive della dimensione collettiva che fa la differenza tra mettere i pensieri in comune e l’espressione che nasce da quella puramente individuale.

Garantire la giusta visibilità alla linea politica che si dà il corpo del partito è persino un obbligo morale, anche per i sacrifici che tante/i militanti fanno per sostenere il proprio giornale. Proprio in questo periodo sono ben visibili, con la rinuncia delle ferie di tante e tanti per dare vita alle feste di Liberazione .

Autonomia non può voler dire indipendenza, come può essere invece per un "quotidiano partito". Lo stesso Sansonetti sembra ammettere questa distinzione. Sono state realizzate anche esperienze importanti, su quel terreno, come quella de il manifesto , un presidio democratico e di sinistra da difendere e sostenere. Esperienze che hanno e praticano finalità diverse da quelle di un quotidiano, che per dare voce ad un partito ne dipende economicamente, non a caso gli altri si sostengono per proprio conto.

Vi è poi il problema della linea politica seguita da Liberazione nel periodo del governo Prodi. Sansonetti, nell’ottica "dell’indipendenza" del giornale, rivendica posizioni molto critiche nei confronti di quella esperienza e dunque una consonanza con l’attuale linea del Prc, scaturita dal congresso di Chianciano. Questa rivendicazione mi sembra un po’ azzardata, poiché più che una linea critica nei confronti della nostra esperienza di governo, la posizione del giornale ha spesso oscillato tra il rendere invisibili, se non addirittura criticandole, anche cose buone che riuscivamo a fare e sottacere o non vedere questioni negative importanti.

Se il partito è stato assente in questi due anni dai luoghi di lavoro, il giornale non ha dato la centralità che sarebbe loro spettata, si è limitato a prendere come riferimento le polemiche interne al governo o le posizioni sempre più subalterne delle organizzazioni sindacali. Niente inchiesta, niente campagne costanti, niente rapporto diretto con le realtà che nonostante tutto cercavano di rimanere in campo. Una linea politica moderata non è solo quella che accetta compromessi inaccettabili, ma è anche quella che non si rapporta direttamente ai soggetti a cui dovrebbe fare riferimento. Più voci che vengono dal mondo del lavoro, meno politici, anche della sinistra, che ne parlano a volte a sproposito, fanno la differenza.

Bene o male una discussione sul delicatissimo ruolo del quotidiano del Prc si è aperta, ma solo sulle sue pagine. Il rischio è che, se non si coinvolge l’insieme del partito, rimanga una discussione ristretta ed autoreferenziale, che non renderebbe possibile un suo rilancio, finanze permettendo.

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