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Il sogno ad occhi aperti del 19 marzo scorso: la manifestazione organizzata dalla CES

Publie le venerdì 25 marzo 2005 par Open-Publishing

Il sogno ad occhi aperti del 19 marzo scorso: la manifestazione organizzata dalla Confederazione tra i sindacati europei (CES).

di Maurizio Benazzi

Siamo stati fra i primi ad arrivare a Bruxelles: viaggiavo col pullman organizzato da Emergency. Fin dall’inizio c’è parso evidente un gran clima di festa. File interminabili di pullman provenienti da est, nord, sud e ovest, che prendevano pacificamente d’assalto la capitale belga. Sembravano non finire mai. Perfino i poliziotti ci hanno sorpreso con la loro gentilezza fuori dall’ordinario, all’area di sosta autostradale di Drogenbos prima dell’entrata in città: c’invitavano a rimanere lì per fare pic nic sull’erba, prima di compiere il tratto finale per raggiungere il luogo di ritrovo delle ONG e dei movimenti contro la guerra.

Da quel momento in poi mai un poliziotto si è visto, nemmeno a distanza, nel corso della manifestazione: le loro stime d’afflusso al corteo parlano di oltre 60.000 persone e di nessun incidente. Un comunicato scarno che testimonia comunque un numero di presenze ben superiori rispetto a quelle annunciate e concordate con le organizzazioni sindacali di ben oltre 10.000 persone. Non interessa a nessuno in ogni caso fare i ragionieri delle cifre.

Arrivati nei pressi della nostra area di concentramento apparivano comunque già chiare le forze in campo: la presenza sindacale della CGT era massiccia, così come Attac Francia era sicuramente il movimento col maggior numero di presenze fra le altre associazioni. A parte la presenza dei gruppi di Mutualité chrétienne e di Solidarnosh, le forze cattoliche risultano praticamente irrilevanti nel contesto generale. Personalmente non ho visto nemmeno una bandiera della CISL e solo qualcuna della UIL.

Man mano che il tempo passava una folla di gente si è radunata alla Porte d’Anderlecht: aspettavano uno dei leader della contestazione al trattato costituzionale europeo: il suo nome è quello del contadino José Bové.

Abbigliamento in color nocciola chiaro in stile informale ha da subito infiammato i suoi uditori: “dopo il milione di persone mobilitate in Francia la settimana scorsa, c’è la manifestazione di oggi a Bruxelles. Beh noi faremo di tutto anche per metter in scacco il prossimo summit dell’Organizzazione Mondiale del commercio che si terrà a dicembre a Hong Kong”. La gente applaude sapendo anche che gli ultimi sondaggi che circolano a Parigi prevedono ora una vittoria a sinistra del fronte del NO al referendum sul trattato europeo. A tutti viene distribuito un adesivo che mettiamo sulle giacche invernali “No all’Europa liberale, votiamo No al trattato costituzionale” non lascia dubbi sul carattere che prenderà la manifestazione. Certo ci sarà anche un sindacato olandese contrassegnato dal colore arancio che farà mettere ai suoi “Pour moi c’est oui” ma immagino, data la lunghezza del corteo, che non sono nemmeno riusciti a sfilare lungo i grandi viali di Bruxelles causa l’affollamento generale.

Bovè termina il suo intervento spiegando che il fine della sua lotta e dei contadini è “l’Europa dei popoli contro la deregolamentazione e la delocalizzazione”. Rimane visibilmente soddisfatto di quell’incontro ed è a lungo applaudito.

Quel giorno il quotidiano “La libre Belgique” è nervoso (e l’edizione dopo la manifestazione lo sarà ancora di più): annuncia i tre cortei fra cui quello anche del Forum sociale europeo (le mouvement altermondialiste) e la marcia dei giovani per il lavoro. Parla di un malessere generale sul modello economico esistente ispirato dal sig. Bolkestein (soprannominato da taluni - secondo il giornale - anche come Frankestein, sfruttando le assonanze linguistiche germaniche del nome sebbene sia un olandese). Calcola in 20.000 le presenze belghe ma in realtà sarà un’intera città a salutare i manifestanti dalle strade, dalle finestre (anche con le bandiere di Fidel Castro) e con lenzuoli scritti a mano appesi sulle facciate dei palazzi: Tempi duri insomma per la pubblicità della Coca Cola che signoreggia su un grattacielo. Si parla anche di promesse di 37 miliardi d’euro come beneficio ai consumatori e ai produttori e di un ping pong di parole fra Chirac e Schroeder in cui si afferma testualmente “che non possono permettere che si arrivi in Europa al dumping sociale”. Ma nessuno ci crede durante la manifestazione. Lo slogan più diffuso nei cortei non rende in italiano ma in francese è molto efficace: Tutta le gente è nella strada sig. Bolkestein e tu sei “fregato” (sto usando ovviamente una forma eufemistica). La posizione neoliberale ha di fatto prodotto il suo effetto contrario. Il giornale a pagina 50 rimprovera infine a Paolo Conte, che ha fatto il tutto esaurito al Circo reale della città, di non aver cantato il “gelato al limone” e si distrae col festival internazionale del cinema fantastico.

Dopo Bové lascio quella postazione ed entro nello spazio delle ONG e soprattutto delle tante associazioni: gruppi e microgruppi di giovani e giovanissimi che organizzano il proprio stand di presentazione: vendono libri, riviste, bandiere e magliette, distribuiscono volantini sul consumo critico in tutte le lingue e diffondono musica. Il clima è di simpatia epidermica. Le sigle sono tante e non mancano nemmeno a Bruxelles gli umanisti, che mi fanno notare garbatamente che in sud america sono invece in tanti.

Un giovane tedesco mi vende una spilla con raffigurato il volto di Martin Luther King e la scritta “I have a dream” per 3,60 euro proprio di fronte ad una bravissima banda musicale che suona melodie classiche e popolari. Ben presto arrivano varie televisioni del nord Europa a filmare la folla che si è formata intorno. I musicisti gioiscono e mettono volentieri sui loro strumenti le fasce bianche della pace donate dai ragazzi e dalle ragazze di Emergency. Il loro impatto con gli altri, anche durante il corteo, è molto positivo. La gente gli va incontro per chiedere informazioni e la loro striscia simbolo. I bambini degli immigrati che vivono in quella zona non certo di lusso della capitale si spingono oltre e gli chiedono perfino la bandiera. Un giovane di Roma è “colpito” da quell’improvvisa euforia del gruppo di bimbi...

Subito dopo si incontrano gli “Utopia movement” http://ventsteppes.free.fr parlano di un vento della steppa e di resistenza in termini di creazione materiale e spirituale di una civilizzazione radicalmente nuova: sono anarchici. Poco più in là il la redazione del World Socialist web site che richiamano all’unità fra gli operai e gli studenti, nella lotta contro il militarismo e la distruzione delle conquiste sociali (http://www.wsws.org ) e poi una simpatica giovane francese che cammina con la “sua” bandiera americana. Al posto delle stelle appaiono i loghi delle multinazionali USA. Mi spiega che il suo amico è un inglese ma è contro la guerra. Un immigrato nord americano col cappello della CGT si avvicina e ci dice - indicando la mia spilla - che “quello è un signore e non Bolkestein”.

Il Partito del Lavoro belga (www.ptb.be) ha un volantino con poche parole “Le persone prima di tutto e non il profitto”; il Kairos Europa Vallone parla di Europa sociale e fiscale e invita a firmare una petizione popolare, Attac è presente non solo in lingua francese ma anche con volantini in lingua tedesca e parla della Costituzione europea come di “un’arma di distruzione delle politiche sociali”, ci sono poi i lavoratori tedeschi di Pferd Rueggeberg in sciopero da oltre 16 mesi e gli uomini in verde dell’Unione dei servizi pubblici del Belgio, che chiamano ad un’altra Europa possibile... Impossibile francamente ricordare e parlare di tutti.

Il corteo della CGT inizia a sfilare ed è interminabile: aspettiamo per tanto tempo di poterci inserire; il caso vuole che al loro termine ci collochiamo proprio all’inizio del Forum sociale europeo che precede una delegazione (molto scarsa di numero: non più di 15 persone) della Sinistra Europea mentre i manifestanti della CGIL, di Attac Italia e del PRC sono molto più indietro e alcuni un po’ sparsi. Immagino che i giovani amici europei abbiano pensato ai “soliti italiani” che tagliano il corteo per inserirsi dove non previsto, anziché rispettare la fila. Comunque è andata e non c’è stata nessun osservazione neanche formale da parte loro.

Per strada anche distinte signori e signore borghesi ci osservano: la circolazione delle auto è praticamente bloccata in quasi tutta la città e si avventurano a curiosare per capire qualcosa in più di quello che parlano i giornali (il giorno dopo i giornali daranno molto meno spazio all’evento temendo l’effetto francese sul Belgio). Un gigantesco pupazzo gonfiato e migliaia di palloncini di ogni dimensione e colore sono praticamente visibili ovunque.

Lungo il corteo ancora gente che suona, così come anche lungo i marciapiedi: vi sono musicisti e cantautori del nord Europa che stanno all’interno di casette di legno verdi che calamitano l’attenzione di tutti.

Ci avviamo verso la fine della manifestazione: ci attende un concerto di musica dance assolutamente disertato da tutt*, salvo che da un gruppetto di 10 persone che si autodefiniscono “ultraliberali”, che contestano la sporadica presenza di oratori sul palco.

Nessuno ci fa caso. Si mangia un panino e si beve una birra e c’è chi gioca nel grande piazzale antistante. Alle 19 si riparte. Alla prima sosta autostradale con delle compagne della CGT della Piccardia ci scambiamo info e autoadesivi.

Mi dicono di conservare il loro come un souvenir. Un bacio e poi di nuovo sul pullman. Impieghiamo al ritorno meno di 13 ore.

Rimango i tanti dubbi sulle assenze di troppe associazioni italiane che hanno aderito sulle pagine de Il Manifesto. Ma questo è un altro discorso...

La festa è stata innanzi tutto di coloro che c’erano e che ora possono raccontare e ricordare. E c’erano proprio tutti, giovanissimi, giovani, adulti, pensionati e una presenza femminile straordinaria.

Ho avuto un sogno ad occhi aperti.

Si prega di citare il sito http://ecumenici.altervista.org/html/ in caso di diffusione