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Il successo del Prc al Senato conferma la linea di Bertinotti.
Publie le lunedì 24 aprile 2006 par Open-Publishingdi rossodisera
Ora serve proseguire il percorso della Sinistra europea e convincere quelli che ci hanno votato solo su una scheda. Si conferma che il partito democratico non è un «bidone vuoto»
Come analizzare il dato elettorale delle liste di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea? Quel 7,4% del senato parla della capacità espansiva del Prc e della credibilità, non solo politica ma anche elettorale, del progetto di creare anche in Italia una soggettività unitaria della sinistra di alternativa.
Merito soprattutto della linea decisa da Bertinotti e da Rifondazione nell’ultimo congresso di Venezia. Unità e radicalità, capacità di essere un partito “fedele” agli impegni presi in sede di coalizione ma al contempo portatore di una dose di radicalità che può essere decisiva per evitare di deludere, una volta al governo, le aspettative dell’elettorato, non solo quello che ha votato il Prc-Sinistra europea ma anche tanti elettori diessini e ulivisti che comunque considerano la presenza di Rifondazione nell’Unione una sorta di “garanzia”.
C’è da chiedersi, allora, perché il risultato della Camera sia meno corposo di quello del Senato. Le previsioni dettate dalla logica della politica “di Palazzo” pronosticavano semmai un consenso maggiore alla Camera, dove Rifondazione poteva intercettare i voti diessini “in fuga” dal partito democratico. Un ragionamento sul quale si è basato molto della campagna della Rosa nel Pugno.
L’elettorato, però ragiona diversamente dal ceto politico. L’analisi dei flussi elettorali ci dirà da dove vengono i voti in più a Rifondazione. Sembra però ragionevole escludere che la differenza sia dovuta ad un flop nel voto giovanile (infatti la differenza non è solo percentuale, ma anche in termini assoluti: al Senato ci hanno votato quasi 300mila elettori in più che alla Camera). Così come non si spiega quel +1,6% con la presenza, solo alla Camera, di un simbolo molto simile, quello del Pdci.
Si può provare quindi ad azzardare un’ipotesi. Quella peraltro già intravista nel seminario della Sinistra europea tenuto poco prima delle elezioni. L’ipotesi è che il progetto del partito democratico, elettoralmente parlando, non è un «bidone vuoto» ma ha anzi una sua capacità attrattiva. In altri termini, una parte di elettori che nelle scorse tornate aveva votato soprattutto Ds, questa volta ha visto in Rifondazione un punto di riferimento. Ma, al contempo, ha deciso che occorreva rafforzare Romano Prodi e quindi votare Ulivo alla Camera. Un voto disgiunto che da un lato premia la radicalità di governo e dall’altra però intende affermare un bisogno di stabilità della leadership. Due cose che nel centrosinistra sono storicamente carenti. Per questo ieri Bertinotti ha avvertito il partito che la formazione del partito democratico non aprirà automaticamente spazi a sinistra per il Prc.
Ora si tratta di capire come consolidare questo 7,4% facendolo diventare da voto “in prestito” a voto stabile. Gli eventi possono giocare un ruolo, ma spetterà soprattutto a noi lavorare per convincere tutto quel 7,4% (e anche di più, auspicabilmente).