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Il viaggio di Sandro nella libertà e nella speranza

Publie le martedì 25 novembre 2008 par Open-Publishing

Il viaggio di Sandro nella libertà e nella speranza

di Alessandro Cardulli

La tensione si allenta, la commozione lascia il posto ad un sorriso quando Citto Maselli, l’amico del cuore di Sandro, il compagno di tante battaglie politiche, parla di lui come se fosse ancora vivo, raccontando le sue “gesta”. Prima era stato Pietro Ingrao con il saluto letto da Candida, la figlia, a raccontare il percorso della vita politica di Sandro, a partire da quando, ancora imberbe, prende parte alla lotta partigiana. Citto parla per ricordi, lontani e vicini. “Non ho ancora capito – dice – perché piaceva a tutte le ragazze. Cosa aveva più di me?” Ci vuol far conoscere la persona: l’ironia, il sorriso, la passione, ma anche il rigore, il suo essere di parte, sempre curioso degli altri, degli avversari, mai nemici. Studenti, comunisti, la lotta clandestina, partigiani giovanissimi, Citto aveva 11 anni e Sandro 13 quando gli fece il nome di Marx, gli disse del Manifesto dei comunisti.

Maselli, come si fa tra vecchi amici, rivive il passato davanti a centinaia e centinaia di persone che affollano la sala della Protomoteca dove è stata allestita la camera ardente. Il corpo senza vita di Curzi è vicino a Citto: Ogni tanto, mentre parla, volge uno sguardo verso la bara. Via via la commozione prende anche lui, il dolore è forte, non ce la fa a salutare Sandro come se fosse vivo e potessero di nuovo parlare insieme. Ricorda le lunghe telefonate, lo scambio di opinioni quasi giornaliero, a volte la pensavano diversamente. Ma ricorda anche le ultime ore vissute da Sandro che non ha mai mollato. Nella stanza di ospedale, solo poco più di una settimana fa, insieme discutevano del film che Citto sta girando. Sandro gli suggeriva il finale, non pessimistico, che lasciasse aperta una speranza.

La speranza che serve per continuare a combattere, come lui faceva contro il male che lo aveva colpito. Non si è dato per vinto fino all’ultimo. Ha continuato a lavorare. Maselli conclude, alza il pugno, china la testa, verso la bara coperta dalla bandiera rossa di Rifondazione comunista e dal rosso dei fiori. La commozione si coglie sul volto di tanti che, lentamente, cominciano a lasciare il grande e splendido salone del Campidoglio. Walter Veltroni non ha il coraggio di guardarlo morto. “ Preferisco ricordarlo così – ha detto – sorridente e battagliero”. E il Campidoglio, ha ricordato, è il luogo che rappresenta Roma, l’omaggio della città, l’ultimo saluto ad un suo cittadino, un romano del popolo”. Un cervello e una persona a cui “era difficile non voler bene”. Uno che amava profondamente la vita e che ha speso la sua di vita da comunista italiano, da uomo libero, impegnato in tante battaglie di libertà. Veltroni è uno dei pochi che ricorda il ruolo svolto da Curzi, sia come giornalista che come politico e sindacalista, per affermare il pluralismo e l’autonomia dell’informazione.

A Sandro “uomo del popolo” si è richiamato anche Fausto Bertinotti che ha preso la parola dopo Veltroni. “Un protagonista della sinistra romana, un protagonista popolare mai plebeo, un uomo innamorato delle politica che accanto alla capacità di stare con la gente e di farsi amare, aveva la forza della pedagogia”. Capace di trascinare il cambiamento, nel partito come al Tg3, sempre sorretto da una chiara matrice politica e culturale, quella del comunismo italiano, “uno capace di essere Sandro Curzi sempre, uno di parte.- dice, commosso, Betinotti – eppure rispettoso alla Rai come a Liberazione, giornalista curioso fino agli ultimi istanti, con la capacità di pochi, di scoprire e far crescere giovani talenti”. Anche l’ex segretario di Rifondazione, richiamando alcune belle canzoni popolari, parla della voglia di lottare, della speranza nel futuro, nella passione per la libertà che hanno caratterizzato il lungo viaggio di Sandro. Gli ex giovani cresciuti con lui sono in prima fila: giornalisti de L’Unità, di Paese sera, del Tg3, di Telemontecarlo, di Liberazione, a partire da Piero Sansonetti, che si ritrovano insieme.

Con loro molti dirigenti della “sua” Federazione nazionale della stampa, il sindacato dei giornalisti cui fece entrare un’aria di concreto rinnovamento. Un rinnovamento che portò, come ricorda Claudio Petruccioli che lo saluta a nome della Rai, ad un telegiornale come il Tg3, una informazione che guardava ai fatti reali, ai protagonisti e non al teatrino della politica. Mischiati fra la gente, dirigenti di partito come Paolo Ferrero, Franco Giordano, Niche Vendola, Gennaro Migliore, Vincenzo Vita, Cesare Damiano, Fassino, Rutelli, il sindaco di Roma, il presidente della Camera, Fini, Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, registi come Scola e Gregoretti e molti altri.

Tanti dirigenti, vecchi e nuovi della Rai. Da Biagio Agnes a Sergio Zavoli, oggi indicato a presiedere la commissione di Vigilanza se Villari si decide a lasciare il posto che non avrebbe dovuto occupare. Finiscono così i funerali laici. Un lento deflusso. Candida, la figlia, ha un sorriso: “Lui avrebbe voluto così”. Bruna, la moglie, compagna di una vita, stringe tante mani, tanti la abbracciano. Sandro aveva chiesto di essere cremato e, se possibile, le sue ceneri voleva fossero disperse all’Argentario, nel mare che amava. Il mare come una libertà infinita.