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In Francia privilegio solo del presidente Sarkozy lo difende
Publie le venerdì 11 luglio 2008 par Open-PublishingIn Francia privilegio solo del presidente Sarkozy lo difende
di Anna Maria Merlo PARIGI
Nell’autunno scorso, quando era già presidente da alcuni mesi, Nicolas Sarkozy si è presentato di fronte a un giudice (a dire il vero è il giudice che è andato all’Eliseo) per divorziare dalla moglie Cécilia. Allora, i giuristi avevano discusso sulla possibilità per un presidente, che gode dell’immunità, di essere oggetto di una sentenza giudiziaria. Il divorzio ha avuto comunque luogo, malgrado i dubbi di alcuni esperti. In effetti, è da anni che in Francia la questione dell’immunità presidenziale fa discutere.
A causa dei guai giudiziari di Jacques Chirac, implicato in nove inchieste giudiziarie, tutte legate ai finanziamenti occulti dell’Rpr, partito neo-gollista di cui è stato a lungo leader, e dei fondi neri utilizzati al comune di Parigi, città di cui è stato sindaco per 18 anni (dal ’77 al ’95).
Jacques Chirac, che ha perso l’immunità un mese dopo la fine del suo mandato di presidente, è stato interrogato dai giudici (nel suo ufficio) già nel giugno 2007 e di nuovo il 3 luglio. Il 21 novembre è stato incriminato per sottrazione di fondi pubblici (per gli stessi reati erano già stati condannati numerosi suoi collaboratori, tra cui anche l’ex primo ministro Alain Juppé).
Gli articoli 67 e 68 della Costituzione stabiliscono che il presidente «può essere processato nell’esercizio delle sue funzioni solo in caso di alto tradimento», dopo un voto delle due camere a maggioranza assoluta. Mentre il presidente della repubblica «non è responsabile degli atti compiuti in questa qualità» e «non può, durante il mandato e di fronte a nessuna giurisdizione o autorità amministrativa francese, venir richiesto di testimoniare né essere oggetto di nessuna azione, atto di informazione, di istruzione o processuale». Durante il mandato, i tempi di prescrizione vengono sospesi.
C’è stata una forte polemica sull’uso un po’ troppo esteso che ha fatto Chirac di queste garanzie, per proteggersi dalle inchieste sui fondi neri. Nel ’98, l’allora ministra della giustizia, la socialista Elisabeth Guigou, aveva promesso di delimitare l’estensione dell’immunità: «Come tutti i francesi, il presidente della repubblica può essere tradotto di fronte a un tribunale se ha commesso un reato». Ma i socialisti non sono riusciti a trasformare in legge questa promessa.
Nel 2001, il Ps avrebbe voluto aggiungere una precisione all’articolo 68 della Costituzione: «Per atti suscettibili di essere qualificati come crimini o reati, commessi sia prima che durante il mandato e che sono senza legami con l’esercizio delle sue funzioni, il presidente della repubblica è penalmente responsabile». Ma i socialisti non sono andati fino in fondo e poi la destra è tornata al potere.
Entro fine mese Sarkozy vuole far approvare una nuova riforma della Costituzione, la 23esima nella V Repubblica. L’esito è incerto, perché c’è bisogno di un maggioranza dei tre quinti del Congresso, cioè di Assemblea e Senato riuniti a Versailles. Non solo l’opposizione non è d’accordo, ma nella maggioranza ci sono molti malumori. Sarkozy ha già dovuto procrastinare la data del voto.
Ma in questa riforma, che è la più importante in cinquant’anni perché riguarda 33 articoli su 89, Sarkozy ha deciso di non toccare l’immunità. Questa prerogativa resterà fumosa come oggi, adattabile alle circostanze politiche (per Chirac, era stato tirato in ballo che l’immagine della Francia sarebbe stata degradata in caso di incriminazione e che il presidente, molto attivo sulla scena internazionale dopo l’11 settembre, sarebbe stato in difficoltà se i giudici erano troppo insistenti).