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In difesa del governo democratico di Evo Morales
Publie le lunedì 15 settembre 2008 par Open-PublishingOtto ore di colloqui notturni tra Morales e i prefetti ribelli
di Geraldina Colotti
Michelle Bachelet convoca un vertice dell’Unasur per difendere il «governo democratico» di Evo
Un tavolo di negoziato per garantire «la stabilità e la pace in Bolivia». Questo l’obiettivo del vertice straordinario dei paesi dell’Unasur (L’Unione delle nazioni sudamericane) che si terrà lunedì a Santiago del Cile.
Lo ha annunciato ieri la presidente cilena Michelle Bachelet, di turno alla presidenza dell’Unasur, venendo incontro a una richiesta del suo omologo venezuelano Hugo Chavez che, da Caracas, aveva detto di aver già avvertito i capi di stato che compongono l’Unasur: oltre a Evo Morales e a Bachelet, Luiz Inacio Lula da Silva, per il Brasile, Cristina Fernandez per l’Argentina, Fernando Lugo del Paraguay, Rafael Correa dell’Ecuador; e persino il presidente della Colombia Alvaro Uribe, stretto alleato di Washington, che Hugo Chavez ha accusato di essere all’origine di un «golpe per toglierci Evo da sotto il naso». «Abbiamo tenuto consultazioni incrociate - ha affermato ancora Chavez - e abbiamo deciso di vederci a Santiago lunedì pomeriggio per agire prima che in Bolivia vi siano migliaia di morti».
Un «golpe» che preoccupa anche Honduras e Nicaragua, che hanno espresso solidarietà alla Bolivia nella crisi diplomatica con gli Usa. Un golpe organizzato dai dipartimenti di Santa Cruz, Tarija, Beni, Pando e Chuquisaca: cinque regioni (su nove che ne conta il paese)che vogliono l’autonomia e i cui governatori si oppongono al governo Morales, riconfermato in agosto da un referendum con oltre il 70 per cento dei voti. Da mesi i dipartimenti autonomistici della cosiddetta Mezzaluna orientale (zona di terre fertili e giacimenti di idrocarburi) si oppongono al nuovo progetto di costituzione, che giudicano troppo statalista e centralizzato e troppo sbilanciato nella difesa dei contadini poveri e delle popolazioni indigene.
Chiedono la separazione dal governo centrale in base a un referendum separatista organizzato nei mesi scorsi e giudicato «incostituzionale» da Morales. Soprattutto, combattono la riforma agraria e la tassa sul gas imposta ai dipartimenti e utilizzata per finanziare il sistema pensionistico e altre misure di welfare sociale. Dopo un massacro di contadini e una nuova giornata di scontri (la quarta) che ha portato a 15 il numero delle vittime nelle ultime ventiquattro ore, il governo boliviano ha decretato lo stato d’assedio nella provincia di Pando (70.000 abitanti), dove si è contato il maggior numero di morti. Una decisione eccezionale - ha dichiarato il governo - limitata a quella regione, adottata a causa dell’estrema gravità e per «proteggere la vita e gli interessi della collettività».
Ha detto il presidente Morales: «Se i governatori la smettono di attaccare le proprietà dello Stato e della popolazione, e in particolare le raffinerie e gli oleodotti, non vedo perché estendere la legge marziale alle altre regioni». E ieri, dopo una nottata di trattative su tutti i punti di contrasto, il governo della Bolivia e il rappresentante dei suoi principali oppositori, Mario Cosso, hanno lanciato appelli per la «pacificazione» del paese.
Il Manifesto