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In piazza a Mosca contro Putin

Publie le martedì 19 dicembre 2006 par Open-Publishing

Schiacciata da ottomila poliziotti la prima manifestazione unitaria contro la repressione.

Per protestare contro «la discesa negli abissi dell’autoritarismo», forze politiche e sociali di sinistra hanno manifestato nella capitale, tra mille vessazioni da parte del regime
Mosca.

Ottomilacinquecento poliziotti per tremila manifestanti. Uno scenario da Bielorussia sulla Tverskaya, il «miglio d’oro» dello shopping moscovita, addobbata con alberi di natale e nastri d’argento, ma ieri lastricata di poliziotti in tenuta anti-sommossa e cani al guinzaglio.
Questa l’accoglienza preparata per la prima imporante manifestazione del dissenso organizzata da Drugaya Rossija (un’altra Russia), il comitato che raccoglie gli oppositori di Putin mettendo insieme le forze liberali con l’estrema sinistra nostalgica.

A giugno il comitato aveva organizzato una conferenza in coincidenza con il G8, per dimostrare al mondo intero l’autoritarismo di Putin. Ma senza ottenere una vera reazione in patria, visto che Drugaya Rossija viene boicottata dalla stessa opposizione ufficiale - l’Unione delle forze di Destra e Yabloko, partiti rappresentati in parlamento che oggi hanno condannato la manifestazione.
Presenti invece sul palco Eduard Limonov, carismatico scrittore leader dei «Nazional-Bolscevichi», Viktor Anpilov, leader della «Russia del lavoro», l’ex premier Mikhail Kasyanov, alcuni deputati e l’ex campione mondiale di scacchi e leader «globale» del movimento, Garry Kasparov. Una manifestazione voluta per protestare contro la «discesa nell’abisso dell’autoritarismo», a un anno dalle elezioni parlamentari programmate per l’autunno prossimo.

Gli organizzatori avevano ottenuto regolare autorizzazione per l’incontro, ma non per la marcia che si sarebbe dovuta svolgere lungo la Tverskaya fino alla piazza del teatro Bolshoi.
A mezzogiorno di ieri più di tremila persone erano radunate ai piedi della statua del poeta Majakovskij in una giornata eccezionalmente tiepida. Dal palco si grida «Svoboda, svoboda» (libertà) ma l’urlo degli oratori è flebile nell’enorme piazza. Ci sono decine di bandiere dei limonovtzi, i ragazzi di Limonov, con la falce e martello su sfondo rosso (i più coraggiosi oppositori del regime, picchiati, trascinati in tribunale con le catene a mani e piedi, condannati a pesanti pene detentiva senza mai aver compiuto un solo atto violento).

E ancora, foto di Anna Politkovskaya, la giornalista uccisa mesi fa, e di Mikhail Khodorkovsky, ex proprietario della Yukos da due anni in un carcere siberiano.
La folla è circondata da transenne, tutt’intorno poliziotti e omon, le forze di sicurezza. La maggior parte dei dimostranti sono pensionati, molti i ragazzi sostenitori di Limonov e quelli del movimento «Avanguardia della gioventù rossa» e di «Smena» (cambiamento) con bandiere e bandane azzurre. «Oggi è il giorno che segna la nascita dell’opposizione, la dimostrazione che esistiamo e che siamo uniti» dicono Kasparov e Limonov, mentre Kasyanov denuncia il governo per aver ripetutamente infranto i diritti dei cittadini.
Sul tetto del palazzo di fronte compare un gruppo di ragazzi, sventolano bandiere bianche-rosso e blu e cartelloni ingiuriosi. Sono quelli di «Giovane Russia», i ragazzi filo-Putiniani. Domani è in programma una manifestazione di «Nashi» (i nostri), il più grande dei gruppi filo-putiniani.

Per un attimo la folla si ritrova in marcia, in direzione opposta alla Piazza Teatralnaya, dove originalmente si sarebbe dovuto tenere un secondo incontro. Ma dopo una decina di minuti viene ingiunto di non cercare lo scontro con la polizia: quindi la manifestazione si disperde, le bandiere spariscono nelle custodie e la gente nei sottopassaggi.
Non basta a evitare più di sessanta arresti, tra cui almeno due degli organizzatori della marcia. Il portavoce del municipio di Mosca definisce la marcia «un fiasco»; Limonov risponde che «è un atto irresponsabile per un ufficiale pubblico definire ’fiasco’ il rifiuto di uno scontro diretto».

L’opposizione russa rimane debole, e l’azione di oggi ha un’importanza circoscritta. Ma significativa, per il clima sempre piú aggressivo, e le pressioni sempre piú violente su chi osi criticare il Cremlino. E’ di tre giorni fa la perquisizione fatta negli uffici di Kasparov, con relativo sequestro di volantini e giornali accusati di contenere «linguaggio estremista». Accusa permessa da una vaga «legge contro l’estremismo» da poco approvata. In cui il titolo di estremista può applicarsi a terroristi islamici, giornalisti o moderatissimi oppositori del Cremlino.

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http://www.edoneo.org/mosca27-05-06.html