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Non è possibile avanzare in civiltà con un popolo che in maggioranza non è in grado di capire un testo scritto o valutare i messaggi della tv. E, in questo senso, la tv è ormai un enorme livellatore di incultura. L’Italia è un paese di quasi analfabeti. E il livello della scuola e della ricerca italiana, sotto Ministri come Moratti o Gelmini, i tagli dissennati di Tremonti e la pratica consolidata della corruzione universitaria, non ha fatto che peggiorare.
Secondo l’OCSE, ci sono in Italia 2 milioni di analfabeti e l’analfabetismo di ritorno è ormai una emergenza nazionale. Non solo il livello di incultura è diffusissimo nella popolazione ma si è insediato solidamente al governo dove imperversa inserendosi nelle leggi e nelle pratiche di governo e, col nepotismo e il familismo, rischia di peggiorare tutti i quadri dirigenziali. Ormai al potere ci sono i somari.
Scrive Giampaolo Silvestri: “La crisi culturale italiana è un dato di massa, ignorato da una politica innamorata di campanili e dialetti, di strapaese e banalità, assuefatta a un anti intellettualismo demagogico e populista, pericoloso. La produzione e fruizione culturale, la formazione e la scuola - come tutti i beni comuni come l’acqua - sono state ridotte a merce, senza curarsi dell’immensa ricchezza anche economica che rappresentano. In Italia l’analfabetismo cresce e interessa tutte le età, coinvolgendo la capacità di comprendere le parole, i numeri, i concetti scientifici.”
In Italia non solo il lavoro è merce, come ha svalutato il liberista Brunetta, ma anche la cultura è merce, nello svilimento progressivo di tutti quei valori che fecero grande questa Nazione e la innalzarono come un faro nella cultura del mondo. Oggi i somari che comandano sanno solo ragliare e l’Italia è una macchia del mondo.
Dice Silvestri: “Già nel 2000 l’Ocse ha sancito che siamo un popolo di ignoranti che non conosce neppure l’italiano, nel 2003 che siamo messi male in matematica e nel 2006 che stiamo anche peggio nelle scienze. L’Italia al 36° posto su 57 Paesi. Se si applicassero agli italiani le norme richieste dalla Lega agli extracomunitari per accedere alla cittadinanza (piena conoscenza della lingua, della Costituzione, della storia, valori e leggi nostrane), pochi sarebbero i cittadini. Non è un caso che oggi tutti i programmi di quiz non pongano più domande dirette ma varie opzioni di risposte, in modo che l’ignoranza sia supplita dalla logica o da buon senso o dalla fortuna.
I test d’ingresso universitari 2009 dicono che molti studenti non conoscono il significato di parole d’uso comune, si perdono nella punteggiatura e non sanno rispondere a domande semplici tipo «Cos’è la Cgil?». I giovani che arrivano dalle scuole superiori sono semi analfabeti.
E i laureati non se la passano meglio: l’8% non sa scrivere, 21% capisce a mala pena un testo e si perde se ci sono ambiguità. Per questo molti atenei hanno deciso di organizzare corsi di recupero di italiano per le matricole: grammatica e sintassi, argomenti da prima media. L’italiano sta regredendo quasi a dialetto. Il 20% dei laureati italiani rischia l’analfabetismo funzionale, cioè la perdita degli strumenti minimi per interpretare e scrivere un testo anche semplice, e sono il 30% nei diplomati. Solo 9 persone su cento comprano un giornale.”
Cosa può capire questa massa di incolti dei fatti politici? Tenere un popolo nell’incultura attraverso una scuola via via peggiorata e decurtata, una ricerca impedita e tv e giornali di livello sempre più basso è un mezzo per esercitare un potere.
Il problema della cultura non consiste solo nel sapere che ‘un’ al maschile non vuole l’apostrofo o dove si trovi Haiti o cosa sia la Corte Costituzionale o l’equilibrio dei poteri. La cultura non è fatta solo di nozioni. E’ fatta di contenuti ideali, di valori sociali e di principi universali.
Quello che ignora lo spaventoso ministro Brunetta è che anche il lavoro è un valore sociale e un principio universale. Quello che sembrano avere dimenticato ormai tutti questi politici italiani è che il mercato è il peggiore catino di incultura, dentro il quale lo stesso concetto di democrazia si vanifica orrendamente e dove il senso spirituale dell’uomo non può che perire. L’incultura più clamorosa e praticata nell’universo mondo politico è quella del travisamente dei grandi concetti di civiltà, a cominciare dallo stesso concetto di democrazia, di sovranità popolare e di libertà. Noi usiamo ormai vocaboli, non più parole; usiamo suoni, non significati. In bocca al ministro Brunetta la parola lavoro è diventata un vocabolo, un segno semantico, un suono vuoto, non è più un concetto e un valore. Dispiace per lui, ma questo non può diventare cultura di governo o sarebbe solo l’imposizione di un livello umano degradato.
Questa sconnessione tremenda, orwelliana, dei segni verbali dal loro significato segna la più pericolosa crisi di incultura del nostro paese, la sconnessione dei componenti della mente dal valore delle parole in quanto idee, l’uccisione del pensiero che comprende, dà senso, libera e dà alla vita uno scopo superiore. E se la mente si svuota di significati e di valori, si svuota l’intero uomo.
Discorso del rettore dell’università di Bologna all’apertura dell’anno accademico 2009/2010:
“Il recupero della parola sia il primo passo affinché l’Università resti un antidoto all’analfabetismo che la cultura dell’immagine sta diffondendo
Oltre alla parola c’è bisogno di restare in contatto con la realtà e di recuperare le connessioni con la memoria. Se l’Università italiana ambisce ancora a formare la futura classe dirigente, dovrà riformulare un’etica condivisa. Dobbiamo spiegare ai più giovani la bellezza e la durezza della realtà, dello studio, del lavoro, della vita: il discrimine tra la vacanza e il lavoro, tra la ricreazione e l’impegno, tra stare al mondo e vivere”.
masadaweb.org
Messaggi
1. Incultura, 31 gennaio 2010, 17:48
Il termine Industria Culturale viene utilizzato per la prima volta da Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, due filosofi appartenenti alla Scuola di Francoforte, in Dialettica dell’Illuminismo (1947) per indicare il processo di riduzione della cultura a merce.
Con la nozione di Industria culturale i due filosofi francofortesi volevano mettere a fuoco l’ambigua complessità dell’ideologia capitalista che sembrava sopprimere la dialettica tra cultura e società. Così l’industria culturale arriva a designare, innanzitutto, una fabbrica del consenso che ha liquidato la funzione critica della cultura, soffocandone la capacità di elevare la protesta contro le condizioni dell’esistente. Essa fonda la sua funzione sociale sull’obbedienza, lasciando che le catene del consenso s’intreccino con i desideri e le aspettative dei consumatori.
Questo sistema, legato a processi di standardizzazione e razionalizzazione distributiva per rispondere alle esigenze di un mercato di massa, è definito industriale perché assimilato alle forme organizzative dell’industria piuttosto che ad una produzione logico-razionale. Infatti, sostengono i due filosofi, gli unici residui individualistici che permangono all’interno di una cultura così prodotta vengono utilizzati strumentalmente per rafforzare l’illusione che di opere d’arte si tratti e non di merci. L’industria culturale non è, per Horkheimer e Adorno un prodotto della tecnologia o dei mezzi di comunicazione di massa, bensì degli interessi economici del capitalismo. Infatti per loro il potere della tecnica era il potere degli economicamente più forti e quindi la tecnologia era vista come legittimazione del potere costituito.
Parlare di "incultura" in opposizione al termine "cultura" in senso antropologico ha quindi poco senso, in quanto anche l’incultura fa parte della cultura, ovviamente deteriore e degradata, ma pur sempre frutto di un determinato assetto sociale : quello dominato dal sistema capitalista !!!
MaxVinella
1. Incultura, 1 febbraio 2010, 08:10, di viviana
Ero partita da una critica alla grammatica, tu passi a una valutazione del merito con un giusto commento. Ma ormai le accezioni di una singola parola sono così tante che si dovrebbe specificare ogni volta da quale punto di vista la consideriamo.
Ricordo la critica all’antiglobalizzazione di un articolo di Sole24ore secondo cui i no global non potevano attribuirsi questo nome in quanto la parola globalizzazione comprendeva anche internet, la coca cola, i Beattles o i blue jeans. Chiaramente in questa definizione mancava volutamente lo scempio neoliberista. Si vuole per opportunismo l’opposto di una visione economicista.
Non si parli poi del sistema orwelliano ora in vigore di usare il linguaggio, del ”partito delle libertà o dell’amore” e di altre corbellerie simili o del modo con cui il Pd ha affossato ogni concetto di sinistra.
Poiché il mio punto di vista è etico e sociale, senza scomodare Horkheimer e Adorno, intendo per cultura un insieme organico di conoscenze che un individuo possiede, per tradizione,e esperienza o acquisizione, che contribuisce in modo sostanziale alla formazione della sua personalità in crescita, alla sua capacità di valutare, scegliere e volere, “secondo una buona visione sociale” (la definizione di uomo come “essere sociale” è di Aristotele, e prima di lui Platone aveva detto che la conoscenza si identifica col Bene e col Bello e deve portare al governo della città gli uomini migliori, secondo il concetto ateniese di kalòs agathòs) . Ho conosciuto persone di basso livello scolastico, ma profonde a livello di tradizione, esperienze di vita, intelligenza e sensibilità, belle dentro.
Incultura al potere oggi non è l’ignoranza di chi non ha studiato, è peggio. E’ la supponenza di chi non vuole aprirsi allo sviluppo della persona o al riconoscimento dei doveri collettivi, è chiuso in un egoismo caratteriale o corporativo, rifiuta il rispetto del suo prossimo, poggia le sue scelte su accaparramenti privatistici letali per l’organismo sociale, è chiuso in vuoti slogan e in nome di quelli rifiuta di considerare i fatti reali o le persone nella loro essenza.
Non il “so di non sapere” di Socrate, ma ”non voglio sapere più di ciò che mi serve” dell’allergico mentale. E’ un atteggiamento ostile alla conoscenza o alla socialità, che rifiuta altre visioni, che assolutezza il proprio ego e intende eliminare anche fisicamente chiunque abbia visioni diverse dalle sue. Non troviamo questo atteggiamento solo nell’incultura della Lega, ma in ogni fanatico ovunque sia, a dx come a sx, nel militarismo americano come nel bigottismo cristiano, nell’integralismo religioso come nell’intolleranza di certa sx, o in tutti coloro che si aggiogano a un potere.
Riconosco cultura in Luiz Inácio da Silva, ex operaio metalmeccanico, nato da analfabeti e che lascia la scuola dopo la quarta elementare. Non riconosco cultura a Silvio Berlusconi, nato da famiglia borghese, e laureato in Giurisprudenza che fa a pezzi la Costituzione e calpesta la parte più povera del paese. Non è incultura solo quella dei leghisti che dicono di discendere dai Celti o brindano a Odino, ma ancora di più quella di Brunetta che chiede di cancellare dall’art. 1 della Costituzione la parola lavoro relegandola a merce.
viviana
2. Incultura, 1 febbraio 2010, 09:06, di viviana
Incultura è oggi quella del Pd che ha snaturato se stesso.
Finiremo come l’Argentina se si continua a rinnegare le nostre tradizioni, gli ideali democratici e civili, i bisogni della gente, il sostrato sociale che dovrebbe essere linfa vera di ogni partito. Non sono io che ho inventato il termine ‘casta’. E non sono io che ho criticato da 16 anni questa sx sempre più debosciata al punto di diventare insussistente e che, invece di frenare le pretese di una dx dissoluta, si è messa al suo servizio (il conflitto di interessi mai regolato, le privatizzazioni, la bicamerale e la distruzione della Costituzione sono 4 macchie indelebili nella storia di questo paese).
Berlusconi non sarebbe andato al potere e non avrebbe fatto gli scempi che ha fatto se non ci fosse stata una sx priva di nerbo e distratta dalle sue funzioni storiche che gli ha dato corda. Se non ci fosse stato un D’Alema che lo ha preceduto in ogni scempio. E delle 4 correnti del Pd non c’è dubbio alcuno che il peggio sia stato fatto i dalla linea dalemiana, ormai irriconoscibile come sx, e diventata “una diversamente dx”. Scalate bancarie, privatizzazioni, scempio del territorio, guerra, precarizzazioni, inciuci, patti con la Confindustria peggiore, private corruzioni... abbiamo dovuto vedere il peggio del peggio, mentre l’insulso strapotere di pochi ha continuato ad essere confermato da una base vecchia e ignara, ormai incapace di autocritica.
Oggi l’incultura di chi ha tradito le proprie radici storiche ci stronca tutti e non è luogo di fare sciocche rivalse di fronte a una crisi immane del paese che non è solo economica ma etica.
Se la dissolutezza di Berlusconi e della triade P2-mafia-Opuds dei ha potuto trionfare è chiara colpa di qualcuno. E negarlo è vivere fuori dalla storia e dall’intelligenza, Ed è incultura anche questo.
viviana
3. Incultura, 1 febbraio 2010, 09:43
Cara Viviana, quando dici è "incultura anche questo" sei certamente generosa : è molto peggio !!
E’ puro ed ignobile disprezzo di ogni valore che non sia quello del denaro e del potere !!
E’ un "cupio dissolvi" in cui si finirà per perdere definitivamente ogni speranza in un futuro migliore in cui tutto non sia più regolato dal dominio dell’uomo sull’uomo e dalla cieca violenza che distrugge ogni forma di civile convivenza !!
E’ probabilmente la fine di una civiltà , che seppur regolata come sosteneva Marcuse da norme repressive e formata da uomini ad "una dimensione", aveva ancora in nuce ancora i germi per pervenire ad superamento dei propri limiti e delle proprie contraddizioni !!
E’ la fine del sogno illuministico per il quale la "Ragione" , oltre al progresso scientifico e tecnologico, avrebbe sicuramente portato anche ad una rivoluzione nel campo dei rapporti umani e del progresso sociale !!
Oggi il mondo è dominato a senso unico dagli interessi dei grandi gruppi finanziari, che hanno come unico obiettivo concentrare sempre più le risorse e le riccchezze in pochissime mani e con esse il potere !!
Il risultato finale sarà un ordinamento sociale dominato da una ristretta oligarchia plutocratica, totalitaria e neoschiavista!!
MaxVinella