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Indagine su 50mila voti in mano alla ’ndrangheta
Publie le lunedì 14 aprile 2008 par Open-PublishingIndagine su 50mila voti in mano alla ’ndrangheta
Enrico Fierro
«Ho ricevuto la segnalazione di possibili tentativi di brogli per il voto all’estero. Il Viminale sta approfondendo e provvedendo». Così Giuliano Amato nella conferenza stampa di sabato scorso. Una dichiarazione la cui gravità è sfuggita sia ai giornalisti che ai politici, ma che il ministro dell’Interno ha fatto dopo essere venuto a conoscenza di una inchiesta della procura antimafia di Reggio Calabria. Il materiale raccolto dai magistrati reggini è ovviamente top-secret, il contenuto esplosivo.
La sintesi è brutale: la ‘ndrangheta ha ricevuto da un partito la richiesta di «mettere mano» al voto degli italiani all’estero. Quei voti, per capirci, che alle scorse elezioni politiche fecero pendere la bilancia del risultato a favore dell’Unione di Prodi. Si parla anche di soldi investiti, una cifra ragguardevole, 200mila euro. L’inchiesta della Dda reggina era partita per approfondire gli affari a livello internazionale della cosca Piromalli, egemone nella Piana di Gioia Tauro ed una delle più potenti dell’intera Calabria. Il Gotha della mafia calabrese.
I Piromalli hanno consistenti interessi all’estero, soprattutto in America Latina nel redditizio settore del traffico della droga. Nel corso di una lunga attività di intercettazione telefonica, che aveva lo scopo di individuare i canali del riciclaggio delle «famiglie» mafiose, investigatori e magistrati si sono imbattuti in alcune conversazioni nelle quali si parla di elezioni. Un uomo d’affari siciliano da tempo stabilitosi in Venezuela parla con un parlamentare anch’egli siciliano nuovamente candidato alla Camera per il suo partito. Si tratta di un «pezzo da novanta», un uomo importante del suo schieramento politico. Oggetto del colloquio la mobilitazione dei consoli onorari. Il loro compito quello di aiutare il partito a controllare il voto.
Da alcune conversazioni si delinea anche il meccanismo del broglio messo in piedi dall’affarista e dall’uomo politico. Pagare una serie di persone - probabilmente addetti ai lavori - per chiudere un occhio e non vedere che «abili manine» sbarravano con una croce le schede non votate. Il simbolo, ovviamente, era quello dell carissimo amico, l’uomo politico siciliano. Si tratta di quelle schede che in gergo si chiamano le schede di ritorno, non recapitate all’elettore e da rimandare (bianche e intonse, ovviamente) al mittente. Il lettore addentro ai complicati meccanismi elettorali ricorderà che alle scorse elezioni le polemiche si incentrarono proprio su questo tipo di schede. Tantissime nelle varie circoscrizioni estere, oltre 10mila - segnalò un servizio del Tg della Tv svizzera italiana - erano in circolazione e destinate al «miglior offerente». Costo dell’operazione, secondo le indiscrezioni trapelate, 200mila euro: 400 milioni delle vecchie lire per truccare il voto degli italiani all’estero.
Notizie allarmanti, al punto da indurre il procuratore reggente della Procura di Reggio Calabria, Francesco Scuderi e il sostituto Roberto Di Palma, a volare a Roma pochi giorni fa per informare il governo. La procura antimafia della Città dello Stretto non sottovaluta questi fatti appresi quasi per caso. «La caratura dei personaggi in campo - commentano ambienti investigativi - è tale da destare serie preoccupazioni sulla limpidezza del voto». I Piromalli rappresentano uno dei più antichi «casati» di ‘ndrangheta, una cosca ancora potente in Calabria nonostante gli arresti di alcuni capi. E sarebbero proprio le condizioni di detenzione di alcuni affiliati, e soprattutto i processi ancora in corso, uno degli argomenti messi sul piatto per convincere i Piromalli a trasformarsi in galoppini elettorali. Un film già visto quando alla mafia si prometteva di «ammorbidire» il 41 bis (il regime di carcere duro per i boss) e di «aggiustare» i processi.
Le notizie trapelate parlano di una massa di voti che la ‘ndrnangheta è in grado di mettere a disposizione: almeno 50mila, all’estero e nelle zone d’Italia che controlla. Un vero e proprio attacco alla libertà dei cittadini, un condizionamento del voto tanto forte da far tremare la democrazia. Chi è l’uomo politico che ha trattato con quell’affarista ritenuto punto di riferimento dei clan calabresi e non solo? A quale schieramento appartiene? A che punto è la trattativa? Sono domande alle quali è vitale dare una risposta prima del voto. Quello che è certo è che, ancora una volta, il voto degli italiani all’estero è segnato dal caos più totale. «Ci sono schede per votare al Senato inviate ai giovani al di sotto dei 25 anni, schede con annessi fac-simile per votare questo o quello schieramento, ci sono veri raccoglitori di schede e quindi votanti per conto terzi», denuncia Angelo Sollazzo, Presidente della Confederazione degli italiani nel mondo.