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Indulto ed ipocrisia,sacco e vanzetti e la pietas rivoluzionaria
Publie le mercoledì 4 novembre 2009 par Open-Publishingpropongo questo interessante post di Lucio Garofalo
Ricordate le polemiche sollevate dall’indulto concesso dal Parlamento italiano nel 2006? Ebbene, alla luce dei recenti episodi di cronaca, credo che non ci siano dubbi sul suo fallimento. Le tragiche vicende di questi giorni hanno riportato alla ribalta dell’attualità politica nazionale il tema, sempre rovente, della giustizia e della sicurezza carceraria in Italia, ossia la questione della giustizia borghese, dei diritti e della giustizia in una società ancora classista come la nostra, forse più che nel passato. A tale proposito credo valga la pena di spendere qualche parola, riflettendo a partire da alcuni dati di fatto.
Anzitutto, il provvedimento d’indulto approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento italiano il 29 luglio 2006, venne spacciato come un legittimo e doveroso atto di clemenza e giustizia compiuto dallo stato italiano per sanare la gravissima emergenza in cui tuttora versano le strutture penitenziarie del nostro paese. Non è un caso che gli unici voti nettamente contrari siano venuti da Antonio Di Pietro e dai suoi fedelissimi iper-giustizialisti, dai codini della Lega e dai post-fascisti, ossia dai settori più apertamente reazionari e forcaioli ad oltranza presenti nel panorama politico italiano.
Il provvedimento emesso all’epoca era appunto una misura tampone, destinata a sospendere il problema in maniera temporanea, quasi a rimuovere i pesanti sensi di colpa che turbavano la coscienza sporca della classe politica dirigente, sensi di colpa derivanti dalle inaccettabili e vergognose condizioni di vita in cui è costretta la popolazione carceraria. Insomma, prima che esplodesse qualche rivolta sanguinosa si è ritenuto opportuno prevenire i danni, anziché affrontarli in seguito, quando è più difficile rimediarvi. Di primo acchito si potrebbe convenire con lo spirito di saggezza e di indulgenza che pare avesse ispirato e dettato la suddetta disposizione legislativa.
Si trattava di una misura puramente emergenziale, che tuttavia non ha risolto nulla, dato che gran parte dei detenuti rimessi in libertà nei mesi successivi all’indulto, sono progressivamente rientrati in galera, avendo ripreso a delinquere, come d’altronde era prevedibile che facessero. Arrestati e condannati una prima volta, se non più volte, molti detenuti sono stati scarcerati grazie all’indulto, per essere nuovamente arrestati, condannati e reclusi, in attesa di un nuovo sconto di pena. E’ chiaro allora che il vero scopo del condono da parte dello Stato era un altro, molto più subdolo ed ingannevole.
Alla base di un simile gesto di “clemenza” risiedeva la volontà politica di occultare la natura reale, autoritaria e repressiva dello Stato quale detentore del monopolio della forza pubblica. In quanto tale, esso impone con la violenza e con la minaccia di ritorsione, le sue leggi, le sue strutture e le sue istituzioni, le sue ingiustizie e le sue contraddizioni, facendole accettare come “diritto”, cioè come “giustizia”, “ordine costituito”, ecc. Ma il delitto non può essere trasfigurato come “regola”, l’ingiustizia non può essere spacciata come “legge”, la violenza dell’oppressione, dello sfruttamento, della miseria, dell’emarginazione, non può essere camuffata sotto la veste ipocrita del “diritto” e di un “ordine costituito”, che pertanto non possono essere messi in discussione né essere sottoposti a critica, e tanto meno essere modificati.
La logica e l’ideologia imperanti nella nostra società pretendono che si consideri la violenza, l’ingiustizia, lo sfruttamento materiale, la guerra, quali forme e fenomeni di un “ordine naturale” del mondo, che è dunque inevitabile e permanente, ossia uno stato di cose assolutamente immutabile. Eppure la società borghese in cui viviamo è totalmente sorretta ed incentrata sulla violenza e sul delitto, tutti i suoi rapporti economici e sociali sono imperniati sull’ingiustizia, sull’ipocrisia, sulla mistificazione.
Pertanto, il senso recondito di un provvedimento di indulto come quello adottato dal Parlamento nel 2006, è senza dubbio un obiettivo ideologico e strumentale. Si è trattato di un’operazione di propaganda e di mistificazione politica, tesa ad esibire il volto “buonista” e “garantista” dietro cui si ripara il vero volto del potere, l’anima brutale della violenza poliziesca e della repressione carceraria, dell’ingiustizia e della ritorsione di classe, la natura lugubre ed oscena, cinica e perversa degli aguzzini in divisa, una realtà turpe e criminale che è venuta fuori in questi giorni, per cui non si può ostentare con eccessiva disinvoltura, ma al contrario deve essere opportunamente nascosta.
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