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Indymedia oscurato, è polemica "Richieste da Svizzera e Italia"
Publie le domenica 10 ottobre 2004 par Open-PublishingL’Fbi conferma: "E’ stata Roma a chiedere il nostro intervento"
An esulta e la sinistra protesta: "Pisanu riferisca al Parlamento"
La procura di Bologna chiese agli Usa l’identificazione
di alcune persone dopo commenti su Nassiriya apparsi sul sito
ROMA - La chiusura da parte dell’Fbi del sito italiano e inglese di Indymedia scatena una polemica politica tra la sinistra e la maggioranza, soprattutto An. Polemica che ha assunto toni ancora più accesi dopo che il portavoce dell’Fbi, Joe Parris, ieri sera, ha chiarito che la chiusura di Indymedia "non è una operazione Fbi" ma è stata l’Italia, assieme alla Svizzera, a chiedere loro di intervenire.
L’operazione che ha condotto alla chiusura di oltre venti siti Indymedia nel mondo potrebbe avere un legame con un’inchiesta aperta a Ginevra dopo la denuncia sporta da due ispettori della polizia locale.
"Ho aperto un’inchiesta ma non aggiungerò altro", ha affermato oggi il procuratore del cantone di Ginevra Daniel Zappelli citato dall’agenzia di stampa elvetica ’Ats’ senza confermare se l’azione dell’Fbi si è svolta su sua richiesta.
Il coinvolgimento dell’Italia partirebbe invece da un’inchiesta emiliana, perché la Procura di Bologna chiese alle autorità americane l’identificazione di alcune persone nell’ambito di un’indagine sul sito Indymedia, dopo alcune scritte offensive sulla strage di Nassiriya. La Procura di Bologna avviò un’inchiesta contro ignoti con le accuse, fra l’altro, di istigazione e apologia di reato, e di vilipendio delle Forze armate. "In questi casi - ha spiegato il procuratore capo Enrico Di Nicola - non lasciamo nulla di intentato, cercando di identificare gli autori delle scritte per sviluppare poi altre indagini".
Verdi, Pdci, Prc e Ds, chiedono che il ministro Pisanu venga urgentemente a riferire in Parlamento per chiarire il ruolo del nostro paese. Sul fronte opposto, il portavoce del partito di Fini, Mario Landolfi, canta vittoria definendo la chiusura del sito tra i più frequentati dai no global una cosa "buona e giusta". "Aver oscurato il sito di Indymedia - osserva - è stata una cosa buona e giusta: non si trattava di controinformazione, ma di un sito che sputava fango e veleno, pieno di oscenità".
Affermazioni che fanno infuriare l’opposizione tra cui il Verde Paolo Cento: "Si conferma la vocazione autoritaria della destra italiana" . "Se corrisponde al vero quello che hanno dichiarato i funzionari dell’Fbi - attacca Alfio Nicotra portavoce del Prc nel Forum Sociale Europeo - il ministro dell’Interno Pisanu deve delle spiegazioni esaurienti all’opinione pubblica italiana. In particolare - sottolinea l’esponente Prc - deve dirci come questo atto di censura globale sia compatibile con i principi costituzionali di libertà di espressione e d’informazione".
Anche il Pdci chiede che il governo faccia luce al più presto sul suo ruolo nella vicenda: "Il fatto è gravissimo in sè, ma acquisisce un aspetto ancora più sinistro - afferma l’europarlamentare Marco Rizzo - a seguito delle dichiarazioni rilasciate oggi dal portavoce di Alleanza nazionale Landolfi".
Ironico il commento dell’ex direttore di "Liberazione", Sandro Curzi: "Se Indymedia fosse ancora attiva, forse, potremmo sapere qualcosa di più di Tarek Aziz".
Contro la chiusura si sono schierati Giuseppe Giulietti (Ds) e Paolo Serventi Longhi, segretario della Fnsi, oltre alla Federazione giornalistica internazionale (Ifj, organizzazione che rappresenta più di 500 mila giornalisti in oltre cento Paesi) secondo cui siamo di fronte a "un’intollerabile e invasiva operazione internazionale di polizia contro una rete specializzata nel giornalismo indipendente".
Mario Landolfi (An), esulta anche perché fu lui, pochi giorni dopo l’eccidio di Nassiriya nel novembre 2003, a chiedere per primo al governo di chiudere questo sito, in segno di protesta per i commenti pubblicati da Indymedia in quei giorni sui militari italiani. Allora fu il sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Valentino, a riferire che la Procura di Bologna aveva già avviato un procedimento penale a carico d’ignoti accusati di diversi reati tra cui quello di vilipendio alla Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze armate. E sempre Valentino disse che, essendo molti server all’estero, il governo avrebbe "valutato l’ipotesi di attivare la procedura di rogatoria internazionale al fine di acquisire elementi di prova". Procedura che molto probabilmente ha portato all’azione dell’Fbi.
Per Francesco Giro di Forza Italia, la sinistra oggi versa "lacrime di coccodrillo". "L’oscuramento di Indymedia era scontato, visto che a carico di questo sito internet erano in corso inchieste da Brescia, Bologna, Bari, Napoli, Salerno. La sinistra - osserva Giro - invece di versare lacrime di coccodrillo, avrebbe forse fatto meglio a sollecitare Indymedia a moderare i toni talvolta gravemente diffamatori verso l’Italia e le sue istituzioni".
Protestano i parlamentari diessini Walter Vitali e Katia Zanotti: tra i dati contenuti nei server sequestrati dalle autorità statunitensi, affermano, "ve ne sono di riservati e certamente totalmente estranei alle motivazioni del provvedimento, tra cui la banca dati dei legali contenente gli atti attualmente depositati dal pubblico ministero nel processo genovese sull’irruzione alla scuola Diaz che vede imputati numerosi appartenenti alla Polizia di Stato".
http://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/esteri/indysequestro/indyreazioni/indyreazioni.html
Rimosse le macchine che ospitano il network di controinformazione
Operazione negli Usa e a Londra, ignoti i motivi del provvedimento
Sequestrati i server di Indymedia
L’Fbi colpisce anche il sito italiano
ROMA - Alcuni server che ospitano i contenuti di un popolare network di controinformazione sono stati sequestrati dall’Fbi. In seguito al provvedimento una ventina di siti dell’Independent Media Center, noto anche come Indymedia, hanno smesso di funzionare nella tarda serata di ieri. Anche il sito di Indymedia Italia risulta coinvolto nel provvedimento. Ora le macchine rimosse sono state rimpiazzate con quelle di backup e l’attività del network sembra ripresa regolarmente.
Secondo le informazioni fornite da Indymedia, gli agenti federali hanno notificato al provider statunitense Rackspace l’ordine di consegnare i server che ospitano i contenuti del network. Rackspace è un’azienda statunitense, ma le macchine sequestrate si trovano anche a Londra.
Né il provider né Indymedia sono in grado di fornire spiegazioni sull’accaduto. L’Independent Media Center ricorda di essere stato informato di un’indagine dei servizi segreti e dell’Fbi riguardante un articolo nel quale si fornivano nomi, indirizzi e recapiti dei delegati alla recente convention del Partito repubblicano a New York.
La scorsa settimana, inoltre, Rackspace era stato visitato da agenti federali che avevano chiesto la rimozione di alcune fotografie che ritraevano poliziotti svizzeri in borghese durante il G8 di Nantes, nel 2003. In quel caso, riferisce Indymedia, l’Fbi aveva spiegato che nessuna legge era stata violata, ma che "si trattava di fare una gentilezza al governo svizzero". L’articolo in questione, al momento, risulta non più raggiungibile.
L’Independent Media Center è un network di controinformazione nato alla fine del 1999 per documentare le prime proteste no global durante il vertice del Wto a Seattle. La filosofia di fondo è quella di abbattere le barriere tra i media e il pubblico, trasformando ogni lettore in fonte di informazione. Da allora, Indymedia è stato spesso al centro di controversie per la scelta di pubblicare, senza alcun filtro preventivo, qualunque tipo di comunicato inviato dagli utenti. Questa estate, qualcuno aveva usato il sito italiano di Indymedia per minacciare la donna che aveva segnalato il killer Luciano Liboni, ucciso in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine.
(8 ottobre 2004)
http://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/esteri/indysequestro/indysequestro/indysequestro.html




