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Intervento di Bruno Steri al VII congresso del Prc
Publie le martedì 29 luglio 2008 par Open-PublishingIntervento di Bruno Steri al VII congresso del Prc
di Bruno Steri
Trascrizione dell’intervento
Care compagne e cari compagni
un attimo fa Graziella diceva del nostro congresso che è stato aspro. Questa asprezza non deriva ovviamente da una nostra mancanza di buona educazione. Il punto è che questo congresso è nato sotto il segno di due questioni che hanno toccao i fondamenti del nostro stare insieme.
Come sappiamo bene la prima di queste questioni coincide con una sconfitta elettorale che a buona ragione è stata definita storica. Comunisti e socialisti (in una parola la sinistra) fuori dal parlamento. Un esito di cui sinceramente sento tutto il peso anche e seppure in una ripartizione non omogenea delle responsabilità.
L’altra questione che pesa su qs congresso viene da una discussione che in questa fase ha riguardato nientemeno che lo stesso destino del nostro partito, il suo profilo politico e identitario.
Considero beninteso questi temi ormai agli atti del congresso. Ora noi abbiamo il dovere di ragionare insieme sull’immediato futuro, che per me ma non solo per me significa il rilancio di Rifondazione Comunista.
Diceva bene Walter De Cesaris: il punto è come si rilancia Rifondazione Comunista. Questo io dico è ora il cuore del congresso. Il cuore del congresso è come si recupera il consenso perduto.
Ho sentito parlare il compagno Vendola di intemperanze improduttive da parte della sinistra. È una sollecitazione, che vuole alludere a un deficit nella politica della sinistra
Io però sarei per un’altra e diversa sollecitazione. Sulla scia di un nostro caro compagno di strada, di un economista come Emiliano Brancaccio, tenderei piuttosto a richiamare l’attenzione sull’assenza di coraggio, dimostrata non semplicemente dalla sinistra, ma in generale da quanti avrebbero dovuto e a tutt’oggi devono provare a sbarrare il passo alle destre. Mi chiederei cioè come mai le destre trovano il coraggio e direi la sfrontatezza anticostituzionale di porre quell’odioso vincolo alla libera circolazione delle persone traducendo tale vincolo nella proposta di fissare per legge il reato di immigrazione clandestina passibile fino a 4 anni di carcere.
Questo le destre. Dall’altra parte della barricata – tanto per rimanere in tema di libere circolazioni – non si riesce, ad esempio, a trovare il coraggio politico per imporre uno straccio di vincolo, di controllo alla libera circolazione dei capitali.
Badate, che questo è un nodo che ha effetti pesanti, statisticamente accertati, sulla stessa consistenza del monte salari del nostro paese.
Si deve pensare, quando si parla alla libera circolazione del capitale, alle delocalizzazioni, all’interruzione di intere filiere produttive per trasferirne pezzi ad alta intensità di lavoro in paesi con basso costo del lavoro...
Si tratta di un nodo decisivo, eppure ad esempio su questo fronte non si muove foglia.
Dunque io non direi intemperanze ma colpevole assenza di coraggio politico, di forza ideale da parte del fronte che si oppone alle destre.
È finito, compagni e compagne, il tempo delle estenuanti discussioni sui contenitori. È ora di concentrarsi senza equivoci sui contenuti.
Tocco solo un tema, ma essenziale dal mio punto di vista. Perché riguarda le tante volte annunciata ma mai concretizzata inversione di tendenza nelle politiche sociali e nella distribuzione del reddito.
Su questo ci giochiamo una parte importante del consenso, su come organizziamo su queste materie l’opposizione.
Allora il problema è dare sollievo ai salari, pensioni. Sono state proposte alcune ricette.
Ne cito due: in primo luogo utilizzo della leva fiscale, per dare sollievo ai salari. Detassare le retribuzioni. A questo proposito bisogna sapere che se si riducono le imposte sui salari si ha come controaltare i tagli della spesa sociale
E io dico attenzione a non fare come Berlusconi, che toglie l’ICI e tuttavia poi i cittadini devono pagarsi i servizi sociali, perché da qualche parte le risorse che vengono a mancare ai comuni vengono recuperate, tagliando appunto i servizi sociali. Attenzione, perché la detassazione dei salari è un meccanismo di questo tipo.
Secondo strumento, se possibile ancora più scivoloso di questo primo. Si dice “Aumenti salariali ma legati alla produttività”. Lo dice la Marcegaglia, lo dice Draghi, e il Partito democratico su questo segue. Aumenti legati alla produttività, e anche l’opzione di demandare questa questione alla contrattazione di secondo livello, alla contrattazione decentrata. Ma anche su questo, compagne e compagni. Il progresso tecnologico non procede in modo uniforme tra i settori produttivi. Il progresso tecnologico, ovviamente, è la base per l’aumento della produttività. Ma ad esempio nei servizi, dove prevale l’impegno diretto della gente, le capacità umane, la produttività cresce relativamente poco e anche qui c’è un basso tasso di innovazione tecnologica. Ma allora cosa facciamo? Le dinamiche salariali le agganciamo a un parametroc he è difforme nei diversi settori, che un risultato che è quello di aprire il ventaglio delle retribuzioni?
Ma questo sarebbe drammatico come denunciano un giorno sì e uno sì, sui nostri giornali, economisti di area vicina a noi o comunque nostra.
Noi diciamo decentramento contrattuale per inseguire la produttività settore per settore. In questo modo si allarga il ventaglio salariale, aumentano i differenziali retributivi e soprattutto, compagni, questa scelta spinge verso il basso le retribuzioni e il risultato è che i differenziali di produttività nei diversi settori, anziché scaricarsi come sarebbe giusto sui tassi di profitto penalizzando i capitali meno efficienti, si scaricano sui salari.
Queste sono le ricette che vengono avanti.
Allora compagni, poiché qua ci stiamo giocando molto della nostra credibilità, ma anche la nostra esistenza in quanto forza politica organizzata... Queste sono questioni decisive per quanto attiene al recupero di consenso, di quel consenso che abbiamo perduto.
Vendola, su questo, su questa tipologia di questioni non si può certamente inseguire il Partito Democratico. Su questo servono tagli netti, e occorre precisare con grande efficacia e chiarezza la posizione di Rifondazione Comunista. È questa la via per recuperare consenso.
E mi si dice “Allora tu non vuoi fare politica? Non vuoi costruire le posizioni, le indicazioni, le parole d’ordine?”.
Io appartengo, compagne e compagni, ad una cultura politica che non è avvezza alle frasi scarlatte. È una cultura politica che sa bene che le indicazioni politiche, la prospettiva, va costruita, passo dopo passo, cercando di dare gambe a quelle proposte.
Però so anche che nella costruzione per fare politica, ora, in questa fase, io ho bisogno di ritrovare il consenso della mia gente sennò non ho i rapporti di forza necessari per costruire le proposte politiche, e temi come questo sono esemplificativi di quello che si aspettano da noi i lavoratori.
Chiudo rapidamente. Questo mi induce ad una riflessione, compagni.
Molto spesso ho ascoltato nei congressi il riferimento alla caduta verticale del Partito Comunista Francese, che ha avuto effettivamente un tracollo analogo al nostro.
Ma riflettiamo su questo: in due paesi importanti dell’Unione Europea, la Francia e l’Italia, i comunisti rischiano di essere spazzati via dopo esperienze di governo: in Francia con il partito socialista e in Italia con il centrosinistra. Sarà pur questo un punto di riflessione o no? Io dico che noi su questo dobbiamo focalizzare l’attenzione, aggiornare l’analisi, per non ripetere errori che ci hanno fatto perdere consensi.
io penso – non so quale sia – l’esito del nostro congressso, ma bisogna uscirne con parole chiare su questa faccenda. Perché i comunisti, Rifondazione comunista e, su questa base, la sinistra nella sua unità possano riprendere cammino nel nostro paese.