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Intervista a Bersani: "Treni privati,sfida per tutti"
Publie le domenica 14 gennaio 2007 par Open-Publishingdi Giorgio Santilli
«Una buona notizia per il Paese e per i consumatori, una sfida per noi». Così Pierluigi Bersani, 55 anni, padre della liberalizzazione ferroviaria lanciata nel 2000, commenta la novità (anticipata ieri dal «Sole-24 Ore») dell’ingresso di Luca di Montezemolo e Diego Della Valle nel settore dei treni ad Alta velocità con la Nuovo trasporto viaggiatori. «Questo - dice Bersani - è l’esempio più chiaro di come i processi di liberalizzazione possono e debbono orientarsi a uno sviluppo di quelle che una volta si chiamavano le forze della produzione, potenzialmente a beneficio del consumatore. Questo è un caso in cui ci si deve aspettare una prospettiva non di concorrenza a somma zero, ma di massima utilizzazione in regime di concorrenza di un potenziamento infrastrutturale».
Sta accadendo quel che aveva in mente, ministro Bersani, quando nel 2000 lanciò la liberalizzazione ferroviaria?
La costituzione di questa nuova società per ora è un annuncio e dovremo vedere le condizioni in cui via via si realizzerà concretamente. Ci vorranno 3-4 anni perché diventi realtà. Però risponde a quel che auspicavo, che con la nuova infrastruttura arrivassero nuovi attori pronti a investire. E conferma che, se determiniamo le condizioni normative e di quadro, la sollecitazione può trovare risposte. Al tempo stesso, dico che è uno stimolo e una sfida anche per noi.
Cosa dovete ancora fare?
Dopo il 2001 ci sono stati anni di assoluto disinteresse al processo di liberalizzazione. Ora abbiamo davanti qualche anno per rimontare questi ritardi, aggiornare il quadro di norme, regolazione, assetti contrattuali.
Cosa bisogna ancora fare?
Tre cose. Anzitutto, l’impegno dei capitali privati mette in luce in modo eclatante ciò che era già visibile in questi anni: la necessità di un presidio regolativo specifico.
A Caserta ci si aspettava un’Autorità delle reti ed è arrivata solo un’Autorità per i trasporti.
Il settore dei trasporti ha bisogno di un regolatore che tenga dentro tutto: treni, aerei, trasporto locale. Deve assegnare le tracce, per esempio, ma anche la regolazione della sicurezza è un’esigenza che va autonomizzata per pretendere parità e puntualità di prestazioni da tutti gli operatori. Per le reti vedremo se sia il caso di trasferire all’Autorità per l’energia le competenze su acqua e rifiuti, come io credo. Certamente abbiamo un problema di aggiustamento delle competenze, ma anche di maggiore convergenza nei meccanismi di nomina e nei rapporti con il Parlamento.
La seconda cosa per un mercato ferroviario concorrenziale?
Una riflessione sugli assetti contrattuali, distinguendo al meglio il contratto Fs dal contratto del settore ferroviario. Occorre garantire omogeneità di condizioni.
Il terzo elemento?
Uscire da situazioni di monopolio comporta ristrutturare totalmente il rapporto psicologico, oltre che pratico e normativo, tra lo Stato e le Fs. La confusione fra il ruolo dello Stato-azionista e il ruolo dello Stato-cliente deve finire. Le Fs devono essere messe in condizioni di poter competere nelle fasce di servizio nelle quali c’è un equilibrio economico e la possibilità di competizione sul mercato. Per le fasce di servizio universale, lo Stato-cliente decide quali servizi vuole e può acquistare e si attrezza per pagarli, magari mettendo a gara il contributo. Bisogna evitare una situazione in cui le Fs non possono agire come azienda ma devono agire come cassa di compensazione fra servizi remunerativi e servizi in deficit. Dobbiamo risolvere queste situazioni perché lo Stato pensa di risparmiare non pagando i servizi, ma in realtà, poi deve accollarsi buchi di bilancio di Fs che ricadono sempre nella stessa cassa. Le regole europee, inoltre, non consentono più di aggiustare i rapporti fra Stato e Fs con trasferimenti poco chiari.
Possiamo giocare in anticipo rispetto all’apertura del mercato europeo del 2012?
Certamente abbiamo questa potenzialità, ma lavoreremo con meccanismi di reciprocità.
Ci vuole una separazione di funzioni nello Stato?
Siamo già attrezzati per questo. Abbiamo il Tesoro che fa l’azionista e il ministero dei Trasporti che può fare il cliente. All’autorità la regolazione.
L’azienda deve attrezzarsi con separazioni societarie?
Vedrà con l’azionista.
Torniamo alle liberalizzazioni. Com’è andata a Caserta?
Ho letto sui giornali che ci sarebbe stata una volontà di rallentare le mie proposte. Non c’è stata alcuna discussione di questo tipo e nessuno ha mostrato la volontà di rallentare. Mi pare invece che ci sia una coralità su una linea che cerca di tenere insieme aperture del mercato e liberalizzazioni, diritti del consumatore, semplificazione amministrativa. E aggiungerei la lotta all’evasione che garantisce, a sua volta, un diritto del cittadino onesto.
E come lavorerete in concreto su tutto questo?
Sull’insieme di questi concetti si lavora con un coordinamento che sarà garantito dal presidente del Consiglio nelle forme che riterrà opportune. Il problema, semmai, è un altro.
Quale?
Riterrei molto importante che il Parlamento si attrezzasse con una commissione bicamerale sui temi della concorrenza, per chiudere il cerchio. Mentre il governo comincia a organizzarsi con un punto di vista non dico unico, ma certamente coordinato, mentre le Autorithy hanno le loro specializzazioni, in Parlamento questi temi sono ancora svolti per singole materie nei luoghi più disparati.
E le divergenze sui servizi pubblici locali sono superate?
Sono in via di discussione, affinamento e superamento. Penso che troveremo una soluzione. Ma ora il problema è trovare lo strumento per una discussione in Parlamento che si svolga in tempi adeguati anche perché se si lancia un tema, per esempio le ricariche dei telefonini, si crea un’aspettativa e il tema diventa subito urgente. Il disegno di legge sull’energia è il primo provvedimento che questo Governo ha varato ma è ancora in commissione al Senato.
Qual è la soluzione?
Come i gruppi parlamentari hanno la possibilità di chiedere che determinate loro proposte vengano messe in discussione prioritariamente, forse anche al governo bisognerebbe dare questa possibilità, magari in cambio di un’assoluta parsimonia nella decretazione d’urgenza e nella presentazione della Finanziaria.
Che cosa si aspetta dal piano industriale delle Fs?
So bene che il nuovo gruppo dirigente delle Fs è di fronte a scelte difficili perché la situazione si è aggravata su problemi finanziari, organizzativi, di investimento, di rapporti fra stato e ferrovie, di adeguamenti tariffari che sono rimasti inevasi per molto tempo. Ma mi lasci fare un sogno.
Un sogno?
Sì. Quando con l’Alta capacità avremo il 250% in più di potenzialità di tracce sull’asse fondamentale del paese, potremo risolvere il problema dell’intasamento stradale su questo asse fondamentale e nei nodi metropolitani. Ma ci vuole una mole di investimenti colossale, regole precise e aziende sane che siano in condizioni di fare i loro conti per i prossimi anni. Se non facciamo così avremo buttato via i soldi dell’Alta capacità che già è costata troppo per il livello di antropizzazione italiano e perché è stata fatta la più grande opera pubblica d’Europa senza fare una gara. Abbiamo 4-5 anni per predisporre questa cosa, lavoriamoci con grande intensità.
A Caserta vi siete dati una linea anche sulle nomine nelle società pubbliche.
Sì. Cercheremo di tenere dei profili sobri e credibili, privilegiando le competenze di tipo tecnico e professionale. Ma soprattutto occorre che le nomine corrispondano a nuove missioni. Bisogna avere chiaro in testa che cosa si vuole da questi nominati. Le prossime nomine dovremo accompagnarle mettendo in chiaro direzioni di marcia, missioni, cambiamenti.
Il Sole 24 Ore