Home > Intervista a Gianni Rinaldini leader metalmeccanici Fiom-Cgil

Intervista a Gianni Rinaldini leader metalmeccanici Fiom-Cgil

Publie le giovedì 18 settembre 2008 par Open-Publishing

«Vogliono un sindacato subordinato a imprese e politica»

di Davide Varì

Intervista a Gianni Rinaldini leader metalmeccanici Fiom-Cgil

Il nodo Alitalia, la riforma del modello contrattuale ed uno scontro sindacale - anzi, uno scontro anti-sindacale - che assume sempre più i contorni di un pretesto per scagliarsi contro chi, secondo Silvio Berlusconi, sta facendo saltare la trattativa sul futuro della compagnia di bandiera. Il sindacato ovviamente. Ed è proprio all’interno di questo quadro drammatico, con in più l’aggravante di una crisi economica che sta assumendo i tratti inconfondibili della recessione, che Gianni Rinaldini, segretario della Fiom Cgil, è netto e deciso: «Siamo in una situazione di ritardo rispetto all’attacco che il sindacato sta subendo. Nessuno, dunque, pensi di tirarsi fuori o di fare il grillo parlante basandosi su i soliti quattro slogan. Bisogna tornare tra i lavoratori e offrire un’alternativa credibile all’operazione antisindacale che stanno portando avanti governo e Confindustria».

Partiamo dall’argomento del giorno, partiamo da Alitalia dunque: il presidente del Consiglio minaccia esuberi e addossa le colpe al sindacato. Che cosa ha in mente secondo te? La polemica sembra essere scivolata su un piano esclusivamente politico...

E’ evidente che l’operazione Alitalia è stata trasformata in un’operazione che nulla ha a che vedere con il piano industriale. Un’operazione, è bene ricordare, che è stata costruita sull’asse di un rapporto diretto, e che in questi mesi si è consolidato, tra governo e Confindustria. E’ difficile pensare ad altre ipotesi di fronte ad una cordata capeggiata da Colaninno e composta da soggetti industriali che presentano evidenti problemi di conflitto di interesse. Basti pensare alla presenza di Emma Marcegaglia. Una presenza che mette il timbro, in termini simbolici, della Confindustria.

E in tutto questo la Cgil sembra essere l’obiettivo principale del premier. Vuol tirarla per la giacchetta e costringerla a firmare oppure è l’ennesimo tentativo di addossarle le responsabilità di un eventuale fallimento della trattativa?

E’ evidente che l’attacco di Berlusconi è diretto contro la Cgil. E tutto questo rivela il segno evidente di una qualche difficoltà nel portare a termine la sua ipotesi. Ma nello stesso tempo questo attacco rappresenta un segnale più generale rispetto alla situazione dei rapporti con il sindacato. Una situazione aperta su diversi fronti.

Dunque Alitalia potrebbe rappresentare una prima forzatura che prende le mosse da quella riforma del modello contrattuale così cara a governo e Confindustria?

Per quanto mi riguarda, il documento presentato da Confindustria sulla riforma del contratto ha un’unica lettura possibile: la volontà di ridurre il sindacato a soggetto subordinato. Quel documento, presentato addirittura come ipotesi di accordo per quanto riguarda i nuovi contratti, è un documento dall’impianto autoritario, fondato sull’annullamento del ruolo autonomo del sindacato e prefigura la cancellazione di un ruolo reale della contrattazione a tutti i livelli. Tutto viene subordinato all’interesse dell’impresa ed il sindacato, come soggetto autonomo, non esiste più. Sempre in quel documento, e non è un caso, si fa esplicito riferimento alle possibili misure di accompagnamento da parte del governo di questo processo. Si fa inoltre riferimento alla detassazione degli straordinari e ai premi di risultato. Insomma, la traduzione del Libro verde presentato da Sacconi. Mi sembra evidente che siamo di fronte ad un consolidarsi di un legame tra un blocco sociale ed una parte politica; un consolidarsi del rapporto tra industriali e governo. E’ questa, mi pare, la ragione vera delle incredibili accuse che il presidente del Consiglio ha mosso nei confronti della Cgil, individuata come principale ostacolo a questo processo.

L’impressione è proprio quella di una Cgil isolata e stretta tra le rivendicazioni sindacali e l’accusa di "disfattismo" da parte del Governo...

In Cgil la discussione è aperta e la Fiom ha votato un documento comune che dice cose precise e chiare: il documento presentato da Confindustria è sostanzialmente inaccettabile. Di qui la consapevolezza che vada considerato concluso il confronto con Confindustria e che si debba ripartire dalle piattaforme sindacali. La piattaforma della struttura sindacale sui contratti non è scindibile da quella presentata su fisco e welfare, per esempio. Mi permetto di ricordare che su questa questione, a suo tempo, fu dichiarata una giornata di mobilitazione. Sulle piattaforme sindacali va aperto il confronto con tutti i soggetti e con il governo perchè le due piattaforme non sono scindibili. Ma "temo" che questo voglia significare che il governo debba cambiare finanziaria.

Nel frattempo i sondaggi danno un altissimo "indice di gradimento" di questo governo. Ce la farà il sindacato a rendersi comprensibile ai cittadini?

A parte il fatto che non credo nei sondaggi - sono infatti convinto che rappresentino una protesi della politica - credo che sia sufficiente guardarsi attorno, parlare con la gente, e non intendo solo con gli operai, per capire che c’è un clima di certo non favorevole. Ma a mio avviso questa è una ragione in più per darsi una "mossa". Di fronte a questo disagio sociale - aggravato da una fase economica che ormai possiamo definire recessiva - è evidente che vi è la necessità di ricostruire con la gente un’ipotesi credibile e alternativa a quella di Berlusconi. Sul piano fiscale, tanto per fare un esempio, non c’è alcun accenno di una ricostruzione di iniziativa sindacale. E di fronte a questo vuoto l’atteggiamento dei cittadini nei confronti delle misure proposte dal governo Belusconi, misure che vanno in una direzione precisa, è di rassegnazione. Come dire: se non c’è altro prendiamo questo qui.

Pensi dunque che il sindacato sia in ritardo rispetto alle manovre di questo governo?

La situazione è esattamente quella di un ritardo. E nessuno può tirarsi fuori o sentirsi escluso. E nessuno può inoltre permettersi di fare il grillo parlante o pensare che con quattro slogan si recupera il rapporto con la gente. Del resto, storicamente non è mai stato così. Quando i cittadini stanno peggio lo spostamento a sinistra non è un fatto automatico. Anzi, spesso accade il contrario. Oggi il sindacato e la Cgil si trovano di fronte ad un bivio perchè quello che propongono governo e Confindustria si traduce in un ruolo di totale subalternità del sindacato rispetto ai processi sociali in atto, processi sia nazionali che internazionali. Costruire un’ipotesi diversa significa rifiutare quel terreno e rimettere al centro gli obiettivi che siano in grado di parlare alla gente e che siano unificanti tra la gente. Perchè le operazioni in atto sono tutte tese a dividere i lavoratori sia a livello di singola realtà, sia a livello di divisione tra lavoratori pubblici e lavoratori privati.