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Intervista a: Luisa Morgantini

Publie le lunedì 2 gennaio 2006 par Open-Publishing

«La Striscia è ancora un ghetto isolato dal mondo»

Intervista a cura di Umberto De Giovannangeli

«Alex mi stava aspettando in strada al termine di una visita al gruppo politico di "Terza Via", quando è arrivata una jeep dalla quale sono scesi alcuni giovani armati che hanno cominciato a urlare e sparare in aria. Hanno preso il primo che è capitato loro e lo hanno caricato sulla jeep. Alex sarebbe stato costretto a cambiare auto più volte fino a quando non è stato portato in aperta campagna. Qui i rapitori gli hanno offerto del tè. Ora Alex è libero. Ce l’abbiamo fatta...».

Luisa Morgantini, europarlamentare di Rifondazione comunista, tira un sospiro di sollievo per la liberazione del giovane freelance romano. «Abbiamo vissuto dei brutti momenti - ci dice al telefono da Khan Yunes - ma sapevamo che la popolazione civile e i leader di tutti i gruppi palestinesi erano dalla nostra parte e si stavano adoperando per ottenere la liberazione di Alex. Per la gente di Gaza l’opera delle Ong, del volontariato e della cooperazione internazionale rappresentano davvero un punto di riferimento insostituibile, per molti l’unica fonte di speranza». «Secondo molti palestinesi - afferma l’europarlamentare, profonda conoscitrice della realtà dei Territori - dietro la strategia dei sequestri ci sarebbe anche la volontà, maturata all’interno di Al-Fatah, di impedire lo svolgimento delle elezioni legislative».

Alex è stato appena liberato. La paura è passata...

«Certo, questa brutta vicenda si è conclusa nel migliore dei modi, ma per chi opera nella Striscia di Gaza il sequestro di Alex, ultimo di una lunga serie è un preoccupante campanello d’allarme».

Cosa c’è dietro questa strategia dei sequestri-lampo?

«C’è innanzitutto una realtà segnata dalla disperazione. Nonostante il ritiro israeliano, Gaza resta un enorme ghetto isolato dal mondo. Il ritiro non ha portato alcun miglioramento sostanziale delle condizioni di vita della gente, che restano disumane: le merci non possono uscire dalla Striscia, gli agricoltori devono svendere i loro prodotti, la libertà di movimento delle persone è ridotta ai minimi termini. Il ritiro israeliano non ha portato più sicurezza, non ha aperto una nuova stagione di libertà a Gaza. L’occupazione israeliana ha peraltro alimentato tra i giovani palestinesi una cultura del prendersi le cose con la forza, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti».

E in questa situazione di degrado come agisce la Comunità internazionale?

«Semplice: non agisce. Attende gli eventi, aspetta di vedere chi uscirà vincitore dalle elezioni legislative del 25 gennaio prossimo. È una condotta sbagliata, irresponsabile. Perché l’attendismo non fa che accrescere l’insicurezza e alimentare la disperazione».

http://www.unita.it/index.asp?SEZIO...