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Intervista al segretario di Rifondazione comunista : "La Fabbrica di Prodi? Non c’è democrazia"
Publie le sabato 30 aprile 2005 par Open-PublishingBertinotti: assemblea per il programma, non saremo portatori d’acqua. Sì al dialogo con Occhetto
di Maria Teresa Meli
ROMA - La sinistra radicale va allargata. E potenziata. Di questo Fausto Bertinotti è arciconvinto, ma il segretario del Prc ritiene
che questo obiettivo non vada raggiunto atttraverso le «alchimie organizzative» che piacciono tanto al Pdci, e che equivarrebbero a
un «suicidio». Piuttosto, ci vorrebbe un consiglio di fabbrica per il programma. Ossia, bisognerebbe «riempire di democrazia la
Fabbrica di Prodi, perché, diciamo la verità - osserva Bertinotti - adesso non c’è democrazia nell’Unione». Ed è su questo terreno
che il leader di Rifondazione comunista è pronto al dialogo con Achille Occhetto.
Occhetto pensa a una federazione della sinistra. Lei frena. Vuole coltivare l’orticello del Prc?
«Assolutamente no, semmai è vero il contrario ».
Quindi la sua idea è sempre la stessa: nessun agglomerato di partitini. Per ciò è così tiepido con la Camera di consultazione
proposta da Alberto As or Rosa?
«Se quella Camera è un laboratorio per la formazione di una cultura politica radicale per me va benissimo, ma se invece l’idea è
quella di battere strade organizzative e federative, allora non ci interessa».
Come pensa, allora, di incidere sul centrosinistra?
«L’ambito in cui noi ci muoviamo è l’Unione ».
Un ambito quanto mai vago.
«Adesso, perché nell’Unione è ancora aperta la questione della democrazia».
Scusi, Bertinotti, sta dicendo che l’Unione non è democratica?
«Sto dicendo che non vive ancora di democrazia perché non è un’entità politica strutturata».
E lei invece vorrebbe che lo fosse.
«Sì, perché su quel terreno la sinistra radicale può sfidare i riformisti. Con l’obiettivo che non venga affidato loro per sempre il
ruolo di timonieri e alla sinistra radicale, invece, quello dei portatori d’acqua. Nell’Unione dotata di democrazia giocheremo la
sfida per l’egemonia. Perciò la mia idea è quella di costituire un’assemblea per il programma dell’Unione, in cui siano presenti i
partiti, i rappresentanti dei governi locali, e anche i movimenti».
Tutto ciò con la sinistra divisa....
«La sinistra radicale commetterebbe un errore drammatico se pensasse solo a come organizzarsi. Si vuole imitare la Fed, facendone
una copia più piccola e scalcinata? Ma questa sarebbe una pulsione suicida. Piuttosto, guardiamo a quanto già accade nella società.
Guardiamo alle donne e agli uomini della Fiom e dell’Arci. A Mercedes Bresso che ha annunciato che in Piemonte eliminerà i ticket
quali che siano le difficoltà di bilancio. O a Niki Vendola il quale ha annunciato che il più grande acquedotto d’Europa resterà
pubblico. Dobbiamo relazionarci con tutto ciò invece di chiuderci in un bozzolo politicistico».
Il che significa, in parole povere, che alle prossime elezioni la sinistra radicale andrà in ordine sparso.
«Ma che senso ha chiedersi come andremo al voto? Andremo ognuno per conto suo. Non c’è problema».
Il suo partito è d’accordo con lei? La minoranza potrebbe contrastare il suo progetto.
«Il pesce di Rifondazione si può ingrossare solo in queste acque. Fuori deve competere su elementi identitari con Pdci, verdi... E
anche con i riformisti, tanto grandi quanto potenti. Ma noi con loro non vogliamo né possiamo competere da posizioni statiche. D’
altra parte non c’è mai stata una battuta d’arresto dovuta a ragioni interne a Rifondazione».
Ma Rifondazione ha anche un problema di elettorato. Le regionali non sono andate bene: non crede che la sua linea filogovernativa e
filoprodiana non abbia pagato?
«Basta con questa storia. A Rifondazione viene rimproverato tutto e il contrario di tutto. Ci accusano se non siamo abbastanza
polemici ma anche se parliamo della patrimoniale. La verità è che noi vogliamo legare la radicalità con l’unità. E in quanto a unità
non siamo secondi a nessuno».
Cos’è , il senso di colpa per aver fatto cadere Prodi?
«No, è che la gente della sinistra chiede unità e chi non glie la dà deve andare a casa perché non è in sintonia con il popolo. Poi
c’è la questione della radicalità. Noi ci poniamo obiettivi radicali, come la redistribuzione del reddito a favore dei salari e
delle pensioni, non perché è una nostra bandiera ma perché siamo convinti che possa diventare un patrimonio comune di tutta la
coalizione».
Quindi Rifondazione chiederà un’accelerazione sui programmi.
«Certamente perché l’Unione non può limitarsi a fare il becchino del governo Berlusconi».
Mentre lei parla così Occhetto ha paragonato la Bolognina alla svolta da lei operata dentro Rifondazione.
«Io so che Occhetto, quando ha fatto la svolta, pensava a una fuoriuscita da sinistra dal comunismo, ma poi quell’operazione andò in
tutt’altra direzione. Vi fu un esito moderato a prescindere dalla sua stessa volontà. Comunque, se il paragone riguarda il bisogno
di innovazione che abbiamo sentito entrambi, io l’accetto. Però tutte le mie svolte avevano come obiettivo quello di attualizzare il
comunismo per evitare che restasse nel freezer e che con un atto nostalgico si ritirasse fuori solo per le cerimonie. Ma con Achille
vorrei avere una discussione serena. In cui dargli atto di aver pensato la svolta in modo diverso da come poi si è attuata. Però l’
esito è stato differente e lui non se ne rese conto allora e sembra non rendersene conto ora».
Corrriere della Sera 28 aprile 2005




