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Iraq: La guerriglia spara con pistole italiane
Publie le martedì 28 febbraio 2006 par Open-PublishingOLTRE 44 MILA BERETTA FINISCONO IN IRAQ, UNA NORMA DEL DECRETO DELLE OLIMPIADI «SALVA» L’AZIENDA
«La guerriglia spara con pistole italiane»
ROMA
Quarantamila pistole della polizia italiana, rivendute dal ministero dell’Interno alla Beretta, che ne avrebbe fatte arrivare «più della metà in Iraq con una triangolazione: armi che sono finite anche nelle mani della guerriglia.
Secondo la procura di Brescia questa operazione è stata realizzata violando la legge.
Ma ora una norma inserita dal governo nel decreto sulle Olimpiadi di Torino potrebbe cancellare l’inchiesta,
salvando così l’azienda guidata da Ugo Gussalli Beretta, amico personale del premier Berlusconi e della famiglia Bush».
E’ il settimanale l’Espresso a ricostruire la complessa vicenda di una partita di 44.926 pistole «Beretta 92S», che il Viminale avrebbe ritirato dal servizio tre anni fa per sostituirle con armi più moderne.
«Nel febbraio 2003 - scrive il settimanale - il ministero dell’Interno cede alla fabbrica bresciana 44.926 pistole Beretta 92S: sono quelle delle prime serie prodotte tra il 1978 e il 1980, ritirate dal servizio per essere sostituite con armi più moderne.
Nonostante siano definite "fuori uso" si tratta di pistole semiautomatiche ancora molto apprezzate sul mercato: armi di calibro nove parabellum, considerate da guerra».
Secondo quanto ricostruito dall’Espresso, «gran parte delle pistole era in buone condizioni ma venne svenduta dal ministero a prezzo di rottame. Poi la fabbrica bresciana le ha rimesse a posto, rivendendole. Secondo i magistrati di Brescia, posizione poi confermata dal Tribunale del Riesame, "la stessa cessione delle armi da parte del ministero dell’Interno appare illegale": non è stata rispettata la legge che impone il parere del ministero della Difesa sulla vendita di armi da guerra.
Inoltre la Beretta dal 2002 non ha più la licenza per riparare armi».
Nel 2004 l’azienda bresciana «chiede la licenza per vendere armi al governo provvisorio di Baghdad: la necessità di costruire l’arsenale per il nuovo esercito e la nuova polizia irachena rappresenta per la Beretta un’occasione unica di business. Ma - scrive il settimanale - , di fronte alle richieste di chiarimenti da parte del ministero, rinuncia.
Contemporaneamente però chiede alla prefettura di Brescia il permesso di vendere le Beretta della polizia italiana a una celebre ditta britannica, uno dei colossi del commercio bellico internazionale, ottenendo il via libera. In realtà tutte le 44.926 pistole sono già state pagate da un’altra ditta: la Super Vision International ltd, una sigla inglese sconosciuta».
«Il primo stock di 20.318 pezzi viene consegnato nel luglio 2004. Ma queste armi - sottolinea l’Espresso - finiscono in Iraq».
Nel febbraio dello scorso anno «i carabinieri del comando di stanza in Iraq comunicano che "alcune pistole Beretta 92s sono state rinvenute in possesso di forze ostili". E che le armi trovate nelle mani dei guerriglieri "risultano vendute tra il 1978 e il 1980 al ministero dell’Interno italiano". Le indagini - continua il settimanale - fanno scoprire l’incredibile triangolazione e la magistratura sequestra nei depositi della Beretta le restanti
15.478 pistole già acquistate dalla misteriosa società britannica».
E ancora: «L’azienda reagisce e si difende con ostinazione. Davanti al Tribunale del Riesame sostiene che avendo la licenza per fabbricare armi poteva anche ripararle e rivenderle; che quelle pistole non potevano essere considerate da guerra».
«I giudici - conclude l’Espresso - le danno torto su tutta la linea. Ma il decreto sulle Olimpiadi di Torino approvato lo scorso 8 febbraio apre uno spiraglio per il colosso bresciano, guidato da Ugo Gussalli Beretta». In due righe del decreto, infatti, i fabbricanti di armi sono autorizzati "alla riparazione delle armi prodotte" e "alle attività commerciali connesse".
Dopo le anticipazioni dell’Espresso, Paolo Cento, coordinatore dei Verdi, ha chiesto che Berlusconi e Pisanu riferiscano subito della vicenda in Parlamento: «Da una parte fanno la guerra - ha detto -, dall’altra vendono armi alla guerriglia. Ci sono molte zone d’ombra».
La Stampa, 24 Febbraio 2006