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Joseph e Hassan continuano a vivere la guerra. Aspettano, sprofondati nell’impotenza

Publie le mercoledì 9 agosto 2006 par Open-Publishing

Diario libanese

Joseph e Hassan, come tutti gli altri ragazzi libanesi, continuano a vivere la guerra. Aspettano, sprofondati nell’impotenza e certi che questa guerra non finirà presto.

Joseph Nawfal. La guerra continua, tutto sembra fermo, come sospeso. Tutti i sogni, i progetti di un’estate piena di gioia e di divertimento sono spariti nella polvere dei bombardamenti. Siamo chiusi nelle nostre case a seguire le notizie, ad aspettare una tregua, un cessate il fuoco. Ma niente. Solo promesse e discorsi inutili. Elie, mio cugino, quest’anno doveva laurearsi dopo anni di studi, aveva deciso di lasciare Beirut e andare a lavorare all’estero. Adesso sta aspettando. E’ così brutto non avere più il potere di decidere del nostro futuro. La guerra ha preso il controllo su tutto. Rita, una mia amica, aveva appena iniziato lo stage in una banca. Adesso sta a casa. Il sentimento di debolezza e di impotenza è diventato molto diffuso tra noi giovani. La mia nipotina, Melissa, due giorni fa si è svegliata nella notte.

Dahye era sotto le bombe, e Melissa aveva paura e piangendo mi diceva, mentre io cercavo di rassicurarla, che i carri armati erano arrivati e che ci avrebbero ammazzati tutti così come era successo a Qana. Melissa ha solo 6 anni, ha festeggiato il suo compleanno il 14 luglio scorso, sotto i bombardamenti. E’ impossibile tenere i bambini all’oscuro di tutto. Non possono non sapere la verità. Gli aerei israeliani sono sulle loro e le nostre teste ogni giorno. Noi non possiamo far finta di niente nemmeno davanti a loro. Quasi tutti i libanesi oggi hanno i loro passaporti a portata di mano, non vogliono lasciare il paese però nello stesso tempo vogliono vivere, andare avanti e realizzare i loro sogni invece di essere parte di una guerra che non volevano. Beirut è deserta, particolarmente di sera. Di giorno qualcuno in strada ci va.

La gente lavora anche se ha paura, deve guadagnare per vivere e per pagare cibo e benzina che stanno per finire mentre i prezzi salgono alle stelle. Un giorno finirà tutto, mi dice mia nonna per tranquilizzarmi. Io ho perso la speranza, tanto tempo fa. Mi dispiace dirlo però è vero: non vedo un sole nell’orizzonte di questo inferno. Vedo solo che la gente è impotente. Non sono stati loro a voler la guerra e sicuramente non saranno loro a fermarla.


Hassan Fadel. Lunedì scorso ero a casa. All’improvviso l’esercito israeliano ha incominciato a bombardare Dahye, e le esplosioni sono arrivate vicino alla mia casa, a circa 500 metri. Ma io non ho paura. Io non sono migliore dei bambini che sono morti a Qana e a Srifa. La benzina a Beirut comincia a scarseggiare. Ringrazio mio padre che ogni giorno, anche sotto le bombe, continua ad andare a lavorare per poter comprare cibo e medicinali. Mia madre è malata, ha appena subito un’operazione al cuore e ha bisogno di medicine. Io ho sempre un terribile mal di testa.

A volte penso e mi chiedo. Perché il mio paese, il Libano non può vivere in pace? E’ a causa della sua politica interna o estera? Non capisco perché Israele bombardi il Libano. Uccide solo degli innocenti mentre dice di voler distruggere le basi di Hezbollah. A volte penso a un mese fa, al 9 luglio, quando c’erano i mondiali e, assieme ai miei amici, mi riunivo in una caffetteria per guardarli. E poi penso ai festeggiamenti nella Down Town e alle cene nei ristoranti di Beirut sud con mia sorella. Non avevo mai pensato che dopo pochi giorni tutto sarebbe finito, che non sarei più potuto andare al centro di Beirut nè nei buoni ristoranti della periferia Sud. Pensavo all’estate al mare e alle partite di pallone.

Avevo comprato dei vestiti nuovi. Poi sono arrivate le bombe selvagge, le bombe che hanno distrutto tutto, distrutto in un attimo quello che alcuni libanesi, anzi la maggior parte, avevano impiegato una vita a costruire. Cosa spera di ottenere il governo d’Israele? Distruggere il Libano? Perché? Per i due soldati rapiti? No, certo che no.

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