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Karolina e Vanessa, pistole ed ombrelli ......
Publie le sabato 5 maggio 2007 par Open-Publishing3 commenti
Ieri notte Karolina, una bambina polacca di cinque anni, è stata uccisa da un trentaduenne italiano. Secondo la prima ricostruzione, il killer aveva litigato con due polacchi in un bar. Un testimone l’ha anche sentito pronunciare la frase: "Vengo a spararti fino a casa". Promessa mantenuta. Solo che i due polacchi, dopo la lite, non sono andati a casa loro, ma a casa di amici. L’italiano non lo sapeva. Quando li ha visti entrare, si è avvicinato alla porta e ha sparato. All’errore sulla casa si è aggiunto quello sul bersaglio. Colpita alla fronte, Karolina è morta all’istante. La notizia è stata data sia dall’Ansa, sia dai notiziari radiofonici, con l’avverbio "accidentalmente".
Abbiamo effettuato una ricerca incrociando le parole "ombrello" e "accidentalmente" per verificare se l’avverbio sia mai stato utilizzato nel riferire la notizia dell’omicidio del metrò di Roma. Vicenda orribile che, per la dinamica e per l’arma del delitto, può effettivamente suscitare qualche dubbio sulla ’accidentalità’ dell’evento. O, per usare un termine tecnico, sulla ’preterintenzionalità" dell’omicidio. Bene, l’avverbio in questione non compare mai.
Di certo è improprio il suo utilizzo nella vicenda della bambina polacca. I giuristi chiamano casi come questo "aberratio ictus". L’esempio di scuola coincide esattamente col fatto accaduto ieri notte: Tizio spara un colpo di pistola contro Caio ma, per errore di persona, colpisce Sempronio. Se ne occupa il codice penale, all’articolo 82: "Quando, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere".
In conclusione: l’omicidio, forse accidentale (lo stabiliranno i magistrati) commesso da una rumena su una ragazza italiana, è stato subito presentato come "volontario". Mentre l’omicidio certamente volontario commesso da un italiano su una bambina polacca è subito diventato "accidentale".
E’ uno spunto di riflessione in vista della elaborazione del codice etico su stampa e immigrazione.
(5 maggio 2007)
http://www.repubblica.it/2005/b/rubriche/glialtrinoi/karolina/karolina.html
Messaggi
1. Karolina e Vanessa, pistole ed ombrelli ......, 6 maggio 2007, 18:42
Questo naturalmente e’ quello che dici tu!,ma mentre per la storia della metropolitana abbiamo immaggini che parlano chiaro fin dall’inizio,inoltre qui c’e’ un confronto tra adulti,o comunque tra individui di struttura fisica simile,nel caso della bambina polacca sparare ad un adulto sarebbe piu’ facile che ad una bambina,sia "moralmente" che fisicamente. Pertanto fare queste inutili comparazioni grammaticali che non dimostrano proprio un bel niente e’ tempo perso.
1. Karolina e Vanessa, pistole ed ombrelli ......, 6 maggio 2007, 19:24
Veramente le immagini della metropolitana si limitano a mostrare le due tizie che si allontanano e niente di più ...
Comunque è evidente che non si compie un omicidio "premeditato" - perchè poi avrebbe dovuto essere tale, visto che le ragazze sicuramente non si conoscevano - armati di semplice ombrello ....
Mentre invece nel caso avvenuto nel napoletano l’arma è una pistola illegalmente detenuta.
Casomai qui il problema è che l’assassino ha sbagliato mira, colpendo non l’adulto che voleva colpire ma la di lui figlioletta .... ma la premeditazione c’è eccome, tenendo conto anche della lite precedente e del fatto che l’assassino si è recato successivamente armato a casa del polacco ....
Ma il problema non sono nemmeno gli esiti giudiziari dei due casi, sicuramente tutti e due gravissimi, al di là dell’ eventuale "premeditazione" ...
Il problema è il modo assolutamente opposto con cui i media hanno trattato, a distanza di pochissimi giorni, le due vicende ....
Ma vallo a far capire a chi parte da evidenti pregiudizi .......
K.
2. Karolina e Vanessa, pistole ed ombrelli ......, 7 maggio 2007, 18:35
Italiano uccide "per errore" bimba polacca. Da Jon Cazacu, a Karolina, l’informazione razzista
di Gennaro Carotenuto
Storia di ordinario razzismo informativo: un italiano spara e ammazza bambina polacca di cinque anni per futili motivi. Per la magistratura è "omicidio premeditato", ma La Repubblica è subito innocentista: "è stato un errore".
A voler credere alla Repubblica voleva ammazzare il padre e ha ammazzato la bambina. Siccome è italiano dobbiamo credergli, lo sanno tutti: "italiani brava gente". Anzi, lo sappiamo tutti, noi italiani, perché questa storia degli "italiani brava gente" ce la cantiamo e suoniamo tra di noi.
In memoria di Jon Cazacu e Jerry Esslan Masslo
Su La Repubblica -dove la notizia è già scesa al terzo o quarto livello- i toni sono immediatamente tranquillizzanti. Il caso non è grave, la bambina è stata uccisa per errore, strilla fin dal titolo. Fuoco amico? Come fa la Repubblica ad avere già un quadro così preciso a poche ore dal crimine? Hanno già letto la sentenza? L’hanno già assolto? E’ italiano, è dei nostri... La magistratura, smentendo la sentenza assolutoria di Repubblica ha incriminato per omicidio premeditato.
Del resto (si guardi l’aberrante testo nell’immagine tratta da Repubblica online) all’assassino italiano giravano le palle, era nervoso, aveva litigato con dei polacchi (gran rompipalle). E poi, grande esempio di civismo (individuato e braccato dalla polizia), nel corso della notte si è costituito. Del resto se muore una bimba straniera la notizia ha allarme sociale pari a zero, e chi è senza peccato scagli la prima pietra e chiunque osa fare commenti o speculare è un provocatore, sembra dire Repubblica (e tutti i giornali e telegiornali ben poco solidali con la piccola Karolina) che hanno già risolto il caso: uno sfortunato incidente.
Del resto, che l’assassinio della piccola Karolina sia stato un errore lo conferma il fatto che la bambina è stata uccisa con un colpo di pistola, un oggetto notoriamente atto a ripararsi dalla pioggia e senz’altro non atto ad offendere.
Niente a che vedere con il caso di Vanessa Russo a Roma. La ragazza italiana è stata uccisa da due puttane romene con un ombrello, arma da guerra che gli extracomunitari (e se vi dicono che la Romania è nell’Unione Europea non credetegli, basta guardare le facce!), notoriamente utilizzano per dare la morte agli italiani.
In questo caso la versione dell’assassina, una lite che avallerebbe la preterintenzionalità del gesto, viene respinta con sdegno. E’ rumena e fa la puttana e se è uscita con l’ombrello quella mattina è stato sicuramente per uccidere.
Ai funerali della povera Vanessa, il parroco parla di perdono e viene zittito sull’altare. L’Osservatore Romano, si sa, osservava altrove e non rileva. Iersera a Otto e mezzo il parroco ha anche lamentato di come dopo il funerale alcuni partecipanti si siano lasciati andare a vari danneggiamenti, marciapiedi divelti. Giuliano Ferrara l’ha di nuovo zittito: sono esuberanze normali di un popolo ferito, come fate a non capire, che vuoi che sia l’arredo urbano di fronte alla morte di una ragazza... In altri casi lo stesso Ferrara ha sostenuto che rompere una vetrina o fischiare un politico erano atti di terrorismo, ma forse ricordo male.
Ma non ricordo male, anzi ricordo benissimo il caso di Jon Cazacu e se voglio ricordo anche quello di Jerry Esslan Masslo, Villa Literno 1989. La memoria è un brutto vizio del mestiere.
Era rifugiato politico in Italia, Jerry, sfuggendo all’apartheid. Fu ammazzato perché era nero dopo essersi spezzato la schiena a 1.000 lire per una cassa di pomodori. Qualche giorno prima aveva denunciato al TG2: «il mio vero problema, quello che ho sperimentato in Sudafrica non voglio viverlo in Italia. Nessun nero, nessun africano dimentica cosa sia il razzismo e io lo sto sperimentando qui». In Italia.
Era il 2000, e Jon era un ingegnere rumeno che lavorava da piastrellista nella ricchissima Gallarate, dove la Lega ha il 40% e tra AN e FI raccolgono un altro 40%. A Gallarate Ion faceva il piastrellista, in nero. Chiese di essere regolarizzato. Il suo datore di lavoro andò a casa di Ion. Portò con sé una tanica di benzina, entrò, lo cosparse di benzina e gli diede fuoco. Prima che Jon potesse stupirsi di cosa sono capaci gli italiani brava gente, il 90% del suo corpo si coprì di ustioni. Morì dopo un mese di atroci sofferenze.
Sabatino Annecchiarico, giornalista e militante per i diritti dei migranti, seguì per Migranews il caso, seguito distrattamente e con insofferenza (come ti sbagli?) dai media tradizionali. L’assassino fu condannato a 30 anni (potenza del rito abbreviato) sia in primo che in secondo grado. Del resto i fatti erano andati in maniera così evidentemente criminale che a nessun giudice poteva venire in mente una sentenza diversa. Giustizia era fatta?
L’assassino di Jon era italiano e non fu mai abbandonato dalla solidarietà della Lega Nord. Questa, al governo, pressò tanto finché non trovò la maniera di fare annullare la sentenza dalla Cassazione nell’indifferenza dei nostri media. C’era "carenza di motivazione" (sic!), non era sufficientemente dimostrata la volontà di uccidere. Non lambiccatevi il cervello, è inutile capire.
L’ultima offesa alla memoria di Jon arrivò con la sentenza definitiva. Accolta la tesi difensiva la pena venne dimezzata: 16 anni. Cospargere di benzina e dare fuoco ad un lavoratore che ha diritto di essere messo in regola non fu più ritenuto un motivo abbietto, e quindi furono concesse ulteriori attenuanti all’assassino. Intanto, in quelle stesse settimane, si approvava la Bossi-Fini.
Con la buona condotta e la Lega che non smette di solidarizzare, tra un paio d’anni al massimo -calcola Annecchiarico- sarà fuori. La giustizia per Jon non arrivò mai più, piuttosto arrivò l’indifferenza. Nicoleta, la vedova, e Alina e Florina, le figlie, dissero ad Annecchiarico: «Una parte della gente lo sa e fa finta di non saperlo. Pensa: se non è capitato a me, va bene così -dice Nicoletta Cazacu- altre persone non lo sanno, ma tutte hanno qualcosa in comune: l’indifferenza. Quell’indifferenza che uccide e uccide soprattutto noi stessi». Anche gli italiani.