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L’ARITMETICA CRIMINALE DI AMATO, MINISTRO DEGLI INTERNI
Publie le martedì 15 agosto 2006 par Open-Publishingdi Carmelo R. Viola
L’on.le Amato è contento perché alcuni dati statistici relativi alla criminalità comune sono in ribasso, come se non si trattasse di un fenomeno normale nel normale altalenare di crimini, prodotti dal sistema stesso che vorrebbero eliminarli! Di quelli della cosiddetta “mafia”, per esempio, pilastro portante del capitalismo internazionale. C’è da ridere o no? Ritengo l’uomo di Stato - ma no, “uomo di potere” - in questione una persona seria ma io, in quanto sociologo, ritengo di avere non pochi punti di appoggio per affermare che siamo ancora alla preistoria della vera civiltà.
Per millenni si è valutato lo stato di salute di una collettività sulla base dell’obbedienza dei componenti-sudditi alle leggi o norme vigenti quali che fossero. Nella Russia degli Zar, erano buoni sudditi i servi della gleba che rispettassero tutte le condizioni di mortificazione e di fame. I trasgressori-ribelli rischiavano perfino l’impiccagione a un albero. Non diversa psicologicamente sarà la situazione nel mondo feudale di casa nostra.
Con lo Stato - come pubblico potere centrale - si è cominciato a parlare di diritto in senso moderno (di diritto parlavano perfino i romani!) e quindi di “Stato di diritto” ma continuando a far discendere questo dalla legge (mentre la realtà è inversa) e quindi la situazione non è cambiata sostanzialmente perché si è continuato a valutare lo stato di salute di un contesto sociale dall’obbedienza dei cittadini (sudditi) alle leggi, chiamando “di diritto” lo Stato solo perché basato su leggi scritte. Non si è compreso che il salto di qualità può dipendere solo dal rispetto effettivo dei diritti naturali dei cittadini in quanto uomini e non più sudditi, rispetto che è il compito-dovere istituzionale del vero Stato di diritto, che ancora esiste solo sulla carta.
L’aritmetica in questione ce lo dice in maniera inequivoca e un Amato, che, pur uomo di cultura, se ne compiace, mostra di non conoscere il vero diritto, lo Stato di diritto, la criminologia e la scienza sociale tout court. Il diritto è la conoscenza scientifica delle spettanze biologiche (alias diritti naturali), di cui è portatore ogni nato, e la valutazione scientifica della legittimità bioetica delle leggi, la criminologia è la conoscenza scientifica della motivazione dei crimini anche da repressione dei diritti naturali, e lo Stato di diritto è il potere pubblico preposto al rispetto effettivo dei diritti naturali.
Nell’aritmetica di Amato, basata su parametri atavici, si calcolano solo i crimini da non obbedienza alle leggi e non si fa alcun cenno a quelli del non rispetto dei diritti naturali da parte dello Stato. Non si annoverano - come si dovrebbe fare all’interno di uno Stato di diritto - i dieci milioni di sottopoveri e i milioni di poveri come altrettanti crimini di Stato; come crimini di Stato sono tutti i disoccupati involontari e tutti i privilegi di potere e di ricchezza. Ovvero, semplicemente non si considerano crimini le omissioni del rispetto dei diritti naturali da parte di uno Stato che tuttavia pretende di essere “di diritto”.
La parimenti atavica teoria del diritto di proprietà non regge semplicemente perché volutamente ignora le origini della proprietà stessa. Vero è che ogni individuo si identifica anche con ciò che possiede e che quindi ha bisogno di possedere qualcosa. Ma se questo qualcosa è la quota parte capitaria di un bene comune o il prodotto del proprio lavoro, non va oltre un’abitazione, sufficiente per la propria attività vitale (ricreativa, creativa, culturale, ecc) con annesso un pezzo di terra. Il di più, oltre un certo livello, è di fatto un vero furto sociale (e non perché l’avrebbe detto Marx).
Intanto si equivoca fra possesso e proprietà e, prescindendo dalle origini, le leggi prescrivono il rispetto non del possesso bioeticamente legittimo di spettanze biologiche, ma di vere e proprie “predazioni”, cioè di “predamoni” (vedi “patrimoni”), le cui origini sono lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e una serie di operazioni (anche legali!) mirate all’espropriazione sociale e all’appropriazione personale indebita.
I poveri che osservano le ville dei “predatori”, che non hanno biologicamente niente più di loro, osservano delle “prede” (possessi bioeticamente illegittimi) e sono tentati d’infrangere le leggi che ne sanciscono il rispetto. Questo è un caso paradigmatico del crimine comune.
La verità è che lo “Stato di diritto” è una locuzione eufemistica e niente di più (come quell’altra che “la legge è uguale per tutti” - tale non potendo essere perché costa e i poveri non hanno soldi a sufficienza) e che il sistema, dentro cui viviamo - detto capitalismo (ora neoliberismo globale) - è basato sulla predazione legale ed è essenzialmente criminale e quindi praticamente criminogeno.
Quando, per effetto di un vero Stato di diritto, ogni nato sarà dotato di una casa, e mantenuto dallo stesso in cambio, se abile, di prestazioni lavorative, non ci saranno più poveri e sottopoveri, poveri cristi e “padreterni”, magari con una grande villa per ogni occasione! La disoccupazione sarà un ricordo storico e il crimine per fame o per emulazione sarà praticamente immotivato. Allora l’aritmetica statistica dello stato di salute dell’habitat sociale sarà ben diverso: si parla di civiltà adulta, il diritto cesserà di essere una menzogna e la legge una copertura burocratica priva di alcun valore morale.